mercoledì 21 aprile 2021
A poco più di 48 ore dall'annuncio della sua nascita la Superlega si sfalda. Nella notte la marcia indietro dei 6 club inglesi e dell'Inter. Poi anche dell'Atletico Madrid e Milan
Proteste in Gran Bretagna per la Super Lega

Proteste in Gran Bretagna per la Super Lega - Ansa

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La SuperLega si ferma dopo appena 48 ore dall'annuncio della partenza. Poco prima delle due di notte arriva un breve comunicato che - di fatto - sospende, almeno per il momento, il progetto che ha spaccato il calcio europeo.

"La Super League europea è convinta che l'attuale status quo del calcio europeo debba cambiare - si legge nella nota - Proponiamo un nuovo progetto europeo perché il sistema esistente non funziona. La nostra proposta mira a consentire allo sport di evolversi generando risorse e stabilità per l'intera piramide del calcio, anche aiutando a superare le difficoltà finanziarie incontrate dall'intera comunità calcistica a causa della pandemia. Fornirebbe anche pagamenti di solidarietà a tutte le parti interessate del calcio". "Nonostante l'annunciata partenza dei club inglesi, costretti a prendere tali decisioni a causa delle pressioni esercitate su di loro, siamo convinti che la nostra proposta sia pienamente in linea con le leggi e le normative europee come è stato dimostrato da una decisione del tribunale per proteggere la Super League da azioni di terzi". "Date le circostanze attuali - concludono i vertici della Super League - riconsidereremo i passaggi più appropriati per rimodellare il progetto, avendo sempre in mente i nostri obiettivi di offrire ai tifosi la migliore esperienza possibile, migliorando i pagamenti di solidarietà per l'intera comunità calcistica".

Dopo l'addio delle sei squadre inglesi - Manchester City, Manchester United, Chelsea, Totttenham, Arsenal e Liverpool - anche un paio di spagnole avevano già fatto sapere che stavano meditando di sfilarsi. Restavano dunque solo il Real Madrid e le tre italiane. Pochi minuti prima che venisse diffuso il comunicato ufficiale, anche l'Inter aveva fatto un passo indietro. "Il progetto della Superlega allo stato attuale non è più ritenuto di nostro interesse" avevano spiegato fonti nerazzurre all'Ansa già alla fine della riunione d'urgenza dei 12 club fondatori del progetto.

Questa mattina il titolo in Borsa della Juventus segna, attualmente, una perdita del 12,44% attestandosi a 0,76 euro: il giorno dell'annuncio della nascita della SuperLega il titolo della società bianconera aveva chiuso a +17,85%, 0,911 euro per azione.

"La voce e le preoccupazioni dei tifosi in tutto il mondo rispetto al progetto di Super League sono state forti e chiare, e il nostro Club deve rimanere sensibile e attento all'opinione di chi ama questo meraviglioso sport": lo scrive il Milan in tarda mattinata in un comunicato in cui fa un passo indietro nella sua partecipazione alla Superlega. Il Milan spiega di aver "accettato l'invito con genuina intenzione" per creare migliore competizione possibile e "tutelare gli interessi del club". "Il cambiamento non è facile - si legge nella nota - ma l'evoluzione è necessaria per progredire".

Sia ben chiaro un concetto prima di partire con il secondo round del match all’ultimo fondo monetario tra Uefa e Fifa da una parte, e le 12 tribù del calcio europeo sotto l’egida della Superlega: nessuno, o quasi, dei protagonisti di questa “guerra” – fuori dal campo – è uno specchio di moralità o tanto meno portatore di valori sani della migliore tradizione sportiva. L’ultimo rito laico del pallone è stato profanato, e non negli ultimi due giorni, ma adesso siamo in pieno scisma.

Detto ciò, la giornata di ieri, quella dopo la tempesta secessionista vede ancora fermi sull’aventino torinese-madrileno, i due tribuni massimi della rivolta: il vecchio tiranno blanco Florentino Pereze e il superbo rampollo Andrea Agnelli. Loro, in primis, vogliono partire al più presto con la Superlega «al massimo tra un anno» e nel frattempo, mentre il braccio di ferro è in atto con l’ansiem regime, non ci stanno proprio ad ascoltare le reprimende moralistiche della «monopolistica e poco trasparente» Uefa, specie se arrivano dalla del suo presidente: il nemico giurato Alexander Ceferin. Ovviamente i due dioscuri non possono accettare l’ipotesi punitiva di sospensione dalla Champions e dai campionati nazionali in corso per tutte e 12 le compagini rivoluzionarie. E rimandano al mittente Fifa l’accusa di comportarsi al di fuori di quelli che sono i parametri del sistema europeo.


Agnelli ancora in fuorigioco. La Serie A lo squalifica
Andrea Agnelli non ce la fa a tendere la mano e a fare un passo indietro, nè nei confronti della casa matrigna europea, la Uefa, e neppure con la provincialissima madre, Lega di Serie A, che lo ha definitivamente squalificato. Passi il «giuda» in clima derby con cui lo ha apostrofato il presidente del Torino Urbano Cairo alla fine dell’assemblea di lunedì sera, ma ora sono tutti i presidenti dei 17 “club umani” a non tollerare più l’arroganza del n.1 della Juve ribelle. La scintilla? Alla costatazione pacifica che «con 350 milioni l’anno garantiti, lo scudetto lo vinceranno sempre Juve, Inter o Milan», Agnelli ha ribattuto severo: «Ma è così da ottant’anni, mi pare». Napoli e Roma sarebbero state invitate – da Perez – in tempi non sospetti ad entrare al gran ballo delle 12, ma al momento anche le loro proprietà hanno preso drasticamente le distanze rispetto alle tre dissidenti italiane. La Roma dell’americano Friedkin si ricorda anche di quella componente un tempo essenziale come la tifoseria e in un comunicato precisa che «è fortemente contraria a questo modello “chiuso”, perché totalmente in contrasto con lo spirito del gioco che tutti noi amiamo. Certe cose sono più importanti del denaro e noi restiamo assolutamente impegnati nel calcio italiano e nelle competizioni europee aperte a tutti».

L’anatema “Real”: «Moriremo tutti»
Siccome la Superlega è una competizione esclusiva e questo Ceferin non può comprenderlo allora si becca dell’«impresentabile» da Florentino Perez che ricorda le perdite milionarie dell’ultimo periodo pandemico («400 milioni nell’ultimo anno» e sindacaleggia: «Nel Real Madrid i dirigenti si sono tagliati lo stipendio, e anche nella mia impresa. Non penso che l’abbiano fatto alla Uefa, che storicamente non ha una buona immagine. Non possono minacciarci solo per aver pubblicato un documento che dice che vogliamo parlare con loro. Le minacce di Jesper Moller (membro dell’Esecutivo Uefa) di escluderci dalla Champions attuale? Uno che confonde il monopolio con la proprietà. Bisogna dialogare, parlare per salvare il calcio, come fece il nostro ex patron Santiago Bernabeu negli anni ’50”».

Questa è una sintesi dello show televisivo andato in onda ieri in Spagna e durato cento minuti, una partita più recupero di una volta: «Insostenibile per il pubblico giovane odierno che chiede partite più corte, sotto i 90 minuti», sottolinea Perez che offre momenti di comicità alla Massimo Troisi quando lancia l’anatema alla Uefa: «Non cerchiamo strappi ma dialogo: poi magari non si farà, ma nel caso moriremo tutti... Perchè la forma attuale della Champions non è attrattiva, la gente non vuole partite contro squadre modeste». Nostra domanda fuori onda al vispo Florentino: anche l’Atalanta che ha appena battuto la Juventus e vinto a Old Trafford contro il Liverpool rientra nella categoria “modeste”?

Ceferin: in Champions vorrei tante Atalanta
La risposta a questo quesito l’ha data Aleksander Ceferin: «Abbiamo bisogno di modelli come l’Atalanta». Il Presidente della Uefa ha deposto per un attimo l’ascia e invitato i 12 della Superlega a riflettere: «Siete ancora in tempo per cambiare idea». Ma i suoi messaggeri gli riportano nuovi strali, specie dalla Juventus e contrattacca: «Il calcio è dinamico e imprevedibile. È questo che lo rende così bello e così di successo... Dov’era il Manchester United prima della decade prima dell’arrivo di sir Alex? Lo ricordate? E dov’era la Juventus 15 anni fa? Credo che molti lo sapranno: in Serie B». Ne ha per tutti Ceferin che, forte del no all’unanimità espresso dalle 55 federazioni affiliate alla Uefa, chiede il massimo rispetto per un «calcio che è di tutti. Con la Super League stanno provando a privatizzare il calcio. Ma siamo pronti, li aspettavamo anche se non sapevamo quando sarebbero arrivati. I governi, i tifosi, i media sono con noi. Gli permetteremo di prendere il calcio? No, credetemi, è una partita che non possiamo perdere», ha concluso il presidente Uefa». Confida nel buon senso e al rispetto della tradizione, per questo invita i massimi difensori, gli inventori del football, gli inglesi a fare il primo passo indietro. «Vorrei rivolgermi ai presidenti di alcuni club della Premier League: signori, avete fatto un grande errore. Qualcuno potrebbe dire che sia avarizia, ignoranza o altro, ma non importa, siete ancora in tempo per cambiare idea. Tutti commettono errori».

Premier, capitani coraggiosi. Henderson: niente scherzi siamo inglesi
Dopo il grande rifiuto del Premier Boris Johnson, il calcio britannico ha avviato la controrivoluzione, con i comizi capeggiati dal saggio sir Alex Ferguson che chiede ai 12 magnati di «non cancellare 70 anni di storia della Champions», mentre uno dei suoi figliocci, l’ex bandiera del Manchester, Gary Neville bolla la Superlega come «un atto criminale». Il movimento «no-Superleague» è partito dagli striscioni e i cori della Kop, il covo dei tifosi del Liverpool (uno dei 12 club) che non vedono l’ora di rientrare a Old Traffort e intonare il grido di battagli dei Reds: «You’ll never walk alone».

E quel «non camminerete mai da soli», ieri il capitano del Liverpool Jordan Henderson, lo ha esteso a tutti i colleghi della Premier League. Il primo a rispondere all’appello è stato il tecnico del Manchester City, un catalano abituato alle lotte, Pep Guardiola. «Ho saputo della nascita di questa Superlega da un comunicato. Io e gli altri allenatori dei sei club inglesi fondatori Solskjaer (United), Klopp (Liverpool), Arteta (Arsenal), Tuchel (Chelsea) Masa (Tottenham, al posto di Mourinho), siamo tutti nella stessa posizione, parliamo sei volte a settimana di tutto. Mi piacerebbe che il presidente di questo comitato facesse il giro del mondo e ci dicesse perché l’Ajax non è presente o se mai lo sarà. La prossima settimana giocheremo la Champions League e cercheremo di raggiungere la finale e l’anno prossimo saremo ancora in Europa perché ce lo meritiamo, ce la siamo conquistata in campo».

Francia e Germania l’asse della “resistenza”
Il calcio divide l’Europa, ma in questo momento ha il potere di unire Francia e Germania che hanno formato l’assse della resistenza decisa e a oltranza alla nascita della Superlega. Bayern Monaco, Borussia Dortmund e e Paris Saint Germain, hanno rinunciato al posto che gli spettava di diritto e infranto il sogno iniziale dei 15 club firmatari. Lo schieramento franco-tedesco ha un suo peso specifico: rappresenta la nazionale campione in carica del mondo, la Francia, e l’ultima vincitrice della Champions, il Bayern Monaco. E se la Merkel, a differenza di Macron non si è ancora pronunciata, si può stare certi che è coperta allineata con tutti i i massimi dirigenti della Bundesliga ai quali anche ieri il ceo del Bayern, Karl-Heinz Rumenigge, ha ribadito «la vicinanza», ribadendo che «l’Fc Bayern non prenderà mai parte alla Superlega. Per noi, è sempre stato ed è un grande piacere poter giocare e rappresentare la Germania in Champions League».

Gravina nell’Esecutivo. Uefa, Boniek vicepresidente
Quasi fosse un premio per la fedeltà alla Uefa, ieri è arrivata la nomina del presidente della Figc Gabriele Gravina ad entrare a far parte dell’Esecutivo Uefa. «Ora, importanti sfide attendono il calcio continentale» ha detto Gravina ringraziando Ceferine l’Esecutivo che lo ha ammesso con votazione unanime. La sfida principale è quella alla Superlega. Sfida che raccoglie il nuovo vicepresidente della Uefa Zbigniew Boniek. Il combattivo Zibì, il «bello di notte» come lo aveva ribattezzato l’Avvocato (Agnelli) negli juventini, entra subito a gamba tesa contro i “12”. «Chi vuol giocare la Superlega non potrà giocare le competizioni nazionali – avverte Boniek – . C’è un sistema di licenze per partecipare al campionato nazionale di una federazione e devi rispettare le regole, quindi puoi giocare solo competizioni organizzate dalla Uefa. Io poi mi chiedo: ma quanto si divertirà la gente a vedere Real-Liverpool quattro volte all’anno?». Ce lo chiediamo anche noi. L’ultimo affondo di Bonierk è per Andrea Agnelli. «Non riesco a capire il suo comportamento. Abbiamo fatto almeno venti riunioni, la riforma con la Champions a 36 squadre era frutto di uno schema proposto anche da Agnelli. Per un anno intero l’ho sentito parlare di questo... Io credo ne esca devastata la sua immagine». Parole che al popolo juventino faranno dire: Boniek parla così perché Andrea Agnelli gli ha negato la stella celebrativa allo Juventus Stadium. Per pareggiare i conti di questo scontro totale e senza sconti chiudiamo con la vignetta che circola sui social che vede un Andrea Agnelli preoccupato chiedere al fido Pavel Nedved: «Ma non è che per via della Superlega ci cacciano dalla Champions?» e il ceco gli risponde: «Capirai, sai che novità».

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