venerdì 9 novembre 2012
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«Meno male che c’è stato Napoleone che ha portato via un bel po’ di opere d’arte, sennò qui distruggevano pure quelle che stanno al Louvre…». È una delle celebri battute al vetriolo, purtroppo non molto distante dalla triste realtà, di quello straordinario uomo d’arte che è stato Federico Zeri. Sulla sua scia abbiamo intrapreso il cammino che va da Assisi, risalendo l’antica Flaminia per arrivare all’avamposto di Montesanto di Sellano, in Valnerina. Ultimo viaggio compiuto da Zeri, prima di congedarsi dalla vita terrena (è morto nel 1998), in perlustrazione dell’Umbria ferita dall’ultimo terremoto del settembre 1997. Un viaggio compiuto assieme a Nino Criscenti che ha firmato il mirabile docufilm (Rai), Non solo Assisi. E da qui, dalla Basilica di San Francesco e dalla città del poverello di Assisi, tornata al suo eterno splendore dopo la lunga opera di restauro, che inizia anche il nostro "itinerario zeriano". Lo spirito di <+corsivo>Non solo Assisi<+tondo> ci guida a ridiscendere alla piana di Santa Maria degli Angeli e sulle orme di Francesco siamo sulla piazza della Repubblica, a Foligno. Lì di fianco alla bella cattedrale di San Feliciano, il Santo di Assisi vendette "scandalosamente" le stoffe della bottega del padre Pietro di Bernardone e anche il cavallo, per poi offrire il denaro ricavato alla fabbrica di San Damiano. Foligno è da sempre città di mercanti per vocazione e tali erano anche gli appartenenti alla signoria dei Trinci. Il Palazzo omonimo fatto edificare a partire dai primi del ’400 era stato appena restaurato nei giorni terribili del sisma. «Una delle più belle regge signorili», aveva commentato lo stesso Zeri in tempi remoti e di completo oblio per questa magnifica corte rinascimentale, che al suo interno annovera anche affreschi attribuiti a Gentile da Fabriano. Avvolto nella sua mantella e lasciandosi alle spalle zaffate di sigaro Toscano, il professor Zeri dalla piazza passava a "salutare" il Battesimo di Gesù di Perugino custodito nell’Oratorio della Nunziatella. Da lì in via Pignattara (dove si trova la casa natale dell’architetto del Teatro alla Scala di Milano, Giuseppe Piermarini) facendo lo slalom tra i lavori in corso per la discussa opera di pavimentazione del centro storico, Zeri sostava alla sempre rigogliosa libreria di Giovanni Carnevali, in cui si recava periodicamente per rifornirsi di preziosi e rari cataloghi d’arte. Pochi passi ancora ed ecco la chiesa di San Francesco, meta di un silenzioso, e anche in questo caso poco noto, flusso di pellegrini provenienti da tutto il mondo per rendere omaggio al corpo e alle reliquie della Beata Angela da Foligno (morta nel 1309 e alla quale è dedicata una mostra a Palazzo Trinci, aperta fino al 6 gennaio). Profondo conoscitore del suo Liber (dettato dalla Beata Angela a frà Arnaldo), papa Giovanni Paolo II nel 1992 qui si raccolse in solitaria preghiera. Lasciando la città dell’equestre disfida barocca della Quintana, della prima copia della Divina Commedia (stampata nel 1472), del raffinatissimo Caffè Barbanera (dedicato al celebre lunario edito dal 1762, pubblicato dall’Editoriale Campi), si sale alla vicina Abbazia di Sassovivo. Altro luogo di preghiera e di meditazione, affidato alla cura dei piccoli Fratelli di Charles de Foucauld. Uno scenario da Nome della rosa, nel quale si fa vita monastica dal 1066. L’architettura medioevale è impreziosita da uno dei più bei chiostri italiani, opera di Pietro di Maria, come attesta la scritta datata 1229. L’affresco della Vergine da sempre assai venerata nel "santuario terapeutico" di Sassovivo ci riporta a un’altra Vergine, alla Madonna in trono col Bambino fra gli angeli di Matteo da Gualdo. «Un bislacco Modigliani della provincia quattrocentesca», così Zeri sentenziava divertito dinanzi al capolavoro del pittore-notaio, le cui opere sono conservate nella Pinacoteca comunale di Nocera Umbra. Ma il vero capolavoro della raccolta è il Polittico di Nocera del folignate Nicolò di Liberatore, meglio conosciuto come l’Alunno. Il meraviglioso centro storico di Nocera è ancora sottoposto a complesso restyling e quindi "svuotato". Un centro adornato da eleganti architetture che mostrano una stratificazione che rimanda a quella aurea di Spoleto, con la quale Nocera condivide un passato longobardo. Nocera è città termale e San Francesco stanco e malato qui si curò abbeverandosi alle portentose fonti delle quali scriverà ammirato nelle sue "Novelle" Luigi Pirandello. Ma la vera terapia dell’anima è nel paesaggio. Un "sipario appenninico" che cambia continuamente gradazione di verde e che si comprende meglio salendo al "Campanaccio", la torre, ultimo residuo della Rocca fatta costruire dai Trinci e che è legata a un delitto passionale (narrato con dovizia di dettagli da Matteo di Bandello): storia mista a leggenda popolare nella quale entra in scena la spada del capitano di ventura Braccio di Fortebraccio di Montone. Miserie umane e splendori d’arte che attendono di essere rivissuti in questo borgo, che è ancora in attesa di veder tornare alle sue case la popolazione locale e i tanti forestieri che nella bella stagione lo affollavano, alimentando un’economia che vuole puntare su progettualità turistiche alternative, come l’Albergo diffuso più grande che si conosca. Risalendo la strada sellanese, lo scenario fiabesco, ma purtroppo triste e solitario (ci abita una sola famiglia), di Montesanto si colora nuovamente, ma solo al ricordo della Natività del manierista Domenico Beccafumi, che con sorpresa Zeri scoprì in loco nel 1961. E qui il suo sigaro si spense, ma lasciando accesa la speranza, quella di un’Umbria ancora da scoprire.
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