lunedì 28 settembre 2015
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«Quello che abbiamo davanti è un immenso conto in banca di acqua dolce. Ma se il clima cambia, il ghiacciaio si adegua. E oggi spende più di quanto guadagna». Agli occhi di chi lo guarda per la prima volta, il ghiacciaio Belvedere, sulla parete Est del Monte Rosa, appare gigantesco. Una corazzata immutabile. Possibile che questo «patrimonio» indicato dal glaciologo Roberto Seppi, si stia sciogliendo proprio sotto i nostri piedi alla velocità di 7 centimetri al giorno? Una piccola spedizione di geologi, glaciologi e studiosi di questa porzione dei ghiacci del Rosa è salita a circa 2mila metri per un nuovo monitoraggio. La «palina» conficcata a giugno a oltre 10 metri di profondità non lascia dubbio: quest’estate si sono persi quasi 5 metri di ghiaccio, in media con i dati degli ultimi anni. Alla fine della caldissima estate del 2003 la palina giaceva in orizzontale: i metri persi furono 10.L’occasione per la dimostrazione è la Settimana del Pianeta Terra (www.settimanaterra.org), una serie di appuntamenti riconosciuta dal Miur e creata da Silvio Seno dell’Università di Pavia e Rodolfo Coccioni dell’Università di Urbino. Dal 18 al 25 ottobre 237 eventi, in 180 località e con più di 600 ricercatori, per raccontare la natura laddove ci sono segni del cambiamento climatico. Perché «una società più informata è una società più coinvolta». Ecco perché venire fin quassù. Non è difficile. Qui la domenica sui sentieri che risalgono da Macugnaga arrivano a piedi intere famiglie, con i bambini. Ma c’è anche la seggiovia, che lascia proprio ai piedi del cosiddetto «ghiacciaio nero», dove uno strato detritico di circa un metro di spessore ricopre un muro di ghiaccio alto circa 50 metri. È qui che Gianni Mortara, 78 anni, ricercatore per oltre 40 anni al Cnr, e ancora oggi per passione principale “sentinella” del Belvedere, mostra come nel giro di una decina d’anni il ghiacciaio sottostante potrebbe fondersi («Il ghiaccio si fonde, non si scioglie», puntualizza con bonarietà).

Andrea Tamburini, Lamberto Schranz e Gianni Mortara monitorano lo spessore del ghiacciaio. E la bianchissima parete di fronte? Quella che per il dislivello unico di 2.500 metri è chiamata «Himalayana» e suscita da sempre l’interesse e l’ammirazione degli esploratori? Vale per essa la previsione dei modelli svizzeri: tra il 2050 e la fine del secolo scompariranno i ghiacciai alpini. La vista dalla web cam sul ghiacciaio Belvedere, a Macugnaga C’è il surriscaldamento globale, certo. Ci sono le ere geologiche e i cambiamenti climatici indipendenti dall’uomo. Ma c’è anche la sentenza dell’Ipcc (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) che con tutta prudenza del mondo scientifico attesta come l’opera dell’uomo abbia contribuito ad accelerare l’innalzamento delle temperature: dalla metà dell’800 sono scomparsi 2/3 dei ghiacciai alpini. Le istituzioni locali non si interessano della situazione. I dati che questi ricercatori inviano di continuo agli organismi ministeriali non hanno finora smosso nulla. E così gli scienziati guardano con speranza all’enciclica di Papa Francesco, Laudato si. «Qualcosa ha iniziato a smuoversi, sul clima», commenta il glaciologo. Un’inversione di tendenza a breve, allo stato attuale, pare poco probabile. Anche perché, come sottolinea Seppi, «un ghiacciaio è vitale, è un’inerzia che non reagisce rapidamente ai cambiamenti. Per vedere un cambiamento di tendenza avremmo bisogno di almeno 8 anni positivi».

Escursionisti sul ghiacciaio: al centro è visibile una sezione di ghiaccio ricoperta dai detriti.Mortara scuote la testa, guarda la morena, la storica cresta che cinge il ghiacciaio nero. «La vedete? Le morene non fanno notizia, ma sono la spia della trasformazione: stanno crollando verso l’interno perché non hanno più la spinta del ghiaccio. Il ghiacciaio si sta sgonfiando come un soufflé». Per chi vive qui significa, oltre al pericolo di crolli, la riduzione delle risorse idriche (il ghiacciaio del Rosa alimenta indirettamente, attraverso gli affluenti, il Po) e la perdita di attrattività turistica. Fa fede il pittore britannico William Brockedon, che nel 1925 scriveva: «Il Monte Rosa apparve all’improvviso, così imponente e maestoso che non so descriverlo degnamente. Uno spettacolo indimenticabile. Vale da solo un viaggio dall’Inghilterra».

La parete himalayana del Rosa, vista dal ghiacciaio nero.

 

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