giovedì 21 luglio 2016
Star Trek, favola infinita
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Data stellare 2263.2. Sono da oltre 900 giorni nello spazio profondo. Cercano nuove civiltà da affiliare alla Federazione, di cui sono le vedette. Il capitano James T. Kirk riflette, guardando le stelle: «L’universo è davvero infinito?». Ha tutto il tempo di filosofare, la navigazione è tranquilla. Per ora. In tutti quei pianeti misteriosi c’è sempre chi vuole la distruzione dell’equilibrio pacifico creatosi tra le specie della galassia, per vendetta, potere, ribellione. Star Trek Beyond, da oggi nei cinema, affidato questa volta a Justin Lin – che proviene dalla serie dei Fast and Furious –, mantiene e anzi migliora di parecchio questo schema drammatico, perché, ovviamente, non gli manca il ritmo e, specularmente, si attiene a tutti i dettami dell’avventura e della fantascienza, fedele ai principi della lunga, amatissima saga. Dall’8 settembre del 1966, infatti, l’Enterprise è una caravella di pace: cinque serie televisive e una animata, dodici film alle spalle – il primo nel 1979 con il cast della serie classica, una icona nelle sue divise beige, rosse e azzurre, tra questi lo Spock dalle orecchie appuntite di Leonard Nimoy, scomparso nel 2015 –, Star Trek festeggia così i 50 anni, gioia per migliaia di “trekkier” sparsi per il mondo. Il fascino della navigazione, dello scambio di conoscenze, dello scontro tra chi mantiene alti i vessilli della convivenza e chi li vorrebbe deturpare per turpi principi: Star Trek è attuale più che mai, la presa sul pubblico non è scalfita. Questa volta l’alieno ostile – non del tutto alieno, però – si chiama Krall e attira in una feroce trappola la gloriosa nave stellare, che precipita sul roccioso pianeta Altamid. L’equipaggio è diviso, molti i caduti, i sopravvissuti in grave pericolo. «Dovevamo creare un personaggio – racconta il regista – con un valido punto di vista e una plausibile filosofia e Krall incarna davvero molti aspetti. Dovevamo trovare un cattivo con nuove motivazioni, contro le quali l’equipaggio dell’Enterprise combatte per riaffermare quei principi che in fondo hanno sostenuto la saga per cinquant’anni e speriamo lo facciano per altrettanti». Gli omaggi non mancano, nel film: ai vecchi interpreti, alla colonna sonora, nei titoli di coda, nello humor che allenta le tensioni nei momenti più critici. E cinquanta sono le razze aliene immaginate questa volta, cinque ore di trucco per gli attori. Lin si è preso parecchi rischi. «Vedo Star Trek da quando avevo otto anni. Per me era il tempo della famiglia. Questo è stato anche un grande franchise per mezzo secolo ed è in realtà ancora vivo in diversi modi. Insieme agli sceneggiatori ho capito che non potevamo riposare su ciò che ha avuto successo e ha funzionato. Dovevamo “decostruire”. Abbiamo usato il Dna di ciò che amiamo. Eppure, alla fine della giornata di riprese, Star Trek mi faceva capire ogni volta che cosa non andava assolutamente alterato, l’essenza di questo grande spettacolo: l’epica dell’esplorazione, il coraggio di spingersi oltre, “ beyond” appunto. Allo stesso tempo, però, ci chiede di capire chi siamo, esaminandoci come una società di esseri umani che avanza pacifica verso il futuro». Nel film lo simboleggia una enorme, magnifica città tra le stelle. «Per molti versi Yorktown – spiega Lin – è l’incarnazione della visione del futuro di Gene Roddenberry, il creatore della saga: una vastissima società in cui convivono pacificamente tutti i tipi di terrestri e di alieni». Un equilibrio che la Federazione protegge. Il suo eroe è Kirk, per la terza volta affidato a Chris Pine. Bravo, atletico, simpatico. «Lavorare a Star Trek è come entrare nella mitologia – confessa l’attore –. Anche questa volta il film cerca di rispondere alle domande che hanno reso famosa la saga: una Federazione di pianeti e sistemi stellari, composta da popoli diversi, può funzionare? Che significato ha? Che cosa vogliamo costruire insieme? Riusciamo a evitare le derive imperialiste, la tentazione dell’egemonia? Sono in fondo questi i motivi, e non solo il divertimento, che ci hanno convinto a riprendere in mano Star Trek e ha celebrarlo».  Anche con una nota di tristezza: nel giugno scorso la famiglia dell’Enterprise ha perso l’ufficiale Pavel Chekov, interpretato da Anton Yelchin. L’attore russo, vittima di un assurdo incidente, aveva 27 anni. Rimane il ricordo che ha lasciato del suo personaggio: «Ciò che rende davvero piacevole interpretare Chekov sono la sua innocenza e il suo ottimismo. Siamo tutti così straordinariamente fortunati di poter fare una cosa bella e folle come Star Trek ».
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