martedì 12 maggio 2015
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Qualche tempo fa mi hanno telefonato per invitarmi a tenere una conferenza al Salone del libro di Torino; dopo qualche secondo di piacevole stupore, ho chiesto quale fosse l’argomento e l’eventuale titolo dell’iniziativa che mi avrebbe visto protagonista, dall’altra parte del cellulare è arrivata questa risposta: «Prolegomeni per una trasformazione antropologica nell’era post-tecnologica: astensionismo o riduzionismo».  Ho aspettato qualche secondo poi ho chiesto: «Ma è la linea che è disturbata o è lei che sta poco bene?». Mi hanno richiamato il giorno dopo e mi hanno detto: «Guardi abbiamo modificato il titolo, che sarebbe «Metafisica dell’abnorme negli scritti di Howard Phillips Lovecraft». Ho risposto: «Avete sbagliato numero». La vostra intuizione è giusta: il terzo giorno hanno chiamato ancora: «Senta facciamo una cosa, il titolo lo scelga lei… Però ci piacerebbe che ci aiutasse a sviluppare il concetto 'Crisi economica o crisi di senso'. Bello vero? Abbiamo già stampato le locandine».  Quando, per cercare di capire come uscire da una crisi economica, ci si rivolge ad un comico significa che non siamo messi benissimo. E quando, per cercare di trovare un senso alle cose, si telefona a un comico significa che: o si è sbagliato numero o che il senso delle cose è messo peggio della crisi economica. Ma siccome mi hanno detto che per la mia partecipazione mi avrebbero regalato dei libri, ho accettato. Per un libro farei qualsiasi cosa, anche tenere una prolusione di un’ora su «Crisi economica o crisi di senso». Anzi pensavo che i libri potrebbero essere la risposta al titolo del convegno. Non tutti i libri, e men che meno quelli di economia. Ma prima permettetemi una banalità: l’idea del consumo a tutti i costi ci porta alla follia. E ve lo dice uno che in gergo si dice che «ha le mani bucate», quindi non sono accusabile di essere contro il sistema, anzi a me il sistema che ti mette sul mercato il modello di smartphone prima 3 poi 4, 5, 5 super, 6, 6 super, 6 super bestia, 6 super bestia 4wd, mi piace tantissimo. È un problema di liquidità, di disponibilità di liquidità. Nel 2002 sono andato a New York per girare un film con i miei soci Giovanni e Aldo e sui taxi a Manhattan il sindaco Bloomberg aveva fatto affiggere una targhetta metallica che diceva: «Spendete i vostri soldi, il Paese è in recessione». Mio padre avrebbe detto: «Risparmia i tuoi soldi, domani potresti averne bisogno». Chi ha ragione, il sindaco di New York o mio padre? Non lo so, però oramai il consumo è la nostra dittatura quotidiana.   Recentemente l’unione commercianti della città di Milano ha fatto proprio uno degli ultimi e innovativi studi sulla psicologia del compratore: i negozi dovranno avere sempre la porta aperta, anche in inverno, perché altrimenti la porta chiusa verrebbe vissuta come un ostacolo al legittimo desiderio dell’acquisto.  Di questo passo tra un po’ l’Associazione dentisti si farà promulgare una legge che consentirà al dentista di poter passare una volta ogni sei mesi casa per casa per effettuare la pulizia dentale, altrimenti nessun uomo dotato di senno e di tartaro lo farà mai di sua spontanea volontà; o il tappezziere dovrà rinnovarti la carta da parati di sua iniziativa una volta all’anno perché altrimenti – se dipendesse dal proprietario di casa – il Paese piomberebbe in recessione. Obiettivamente è un momento difficile: se uno non cambia il parco scarpe due volte all’anno rischia di essere considerato nemico della patria. Ma proprio quando le idee si fanno confuse, i libri ci vengono in soccorso. Sono convinto che Sottomissione di Michel Houellebecq, Il Regno di Emmanuel Carrère e Non temete per noi, la nostra vita sarà meravigliosa di Mario Calabresi sono sicuramente una bussola affidabile per orientarci in questo mare di dubbi. Perché? Se volete scoprirlo venite al Salone del Libro a sentirmi. Non posso rivelare tutto in questo articolo altrimenti non riceverò in regalo i libri che mi hanno promesso.
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