La crisi che sta portando le famiglie italiane a tagliare del 30% le spese alimentari, sembra non intaccare il consumo culturale. Lo dicono i dati che saranno presentati agli Stati generali dei professionisti del patrimonio culturale, in programma oggi e domani a Milano. Prendiamo, per esempio, il settore dei musei: ogni anno fa registrare oltre 100 milioni di visitatori, dato comprensivo di un buon numero di stranieri, per un introito di 260 milioni di euro, soltanto per quanto riguarda la vendita dei biglietti (e quindi escludendo il 40% di utenti che non paga, perché ricompreso in categorie esenti).«È un messaggio di fiducia molto importante che ci arriva dai cittadini – spiega Alberto Garlandini, presidente della Icom, l’organizzazione internazionale dei musei e dei professionisti museali – che, per noi, si traduce in una responsabilità maggiore. È un capitale sociale che vorremmo poter difendere in modi anche più efficaci, offrendo un servizio culturale adeguato».Che i cittadini credano nel valore di “presidi culturali” quali musei, archivi e biblioteche, è testimoniato anche dall’elevato numero di volontari che vi dedicano tempo e lavoro gratuito. Secondo l’Istat si tratta di oltre due milioni di persone in tutta Italia, di cui circa 12mila nel settore museale.«La presenza di un buon gruppo di volontari – sottolinea Garlandini – è il segno che il museo è entrato a far parte a pieno titolo della comunità, che lo sente proprio e, di conseguenza, si attiva per valorizzarlo al meglio. Ciò è molto positivo perché non è affatto un dato scontato e, infatti, purtroppo non è così dappertutto. Pur preziosi, però, da soli i volontari non bastano, così come non bastano i professionisti. Ne servono di più, di entrambe le categorie».Qui, però, il sistema si scontra con la difficile congiuntura economica e con una crisi che sta costringendo, sia il pubblico che il privato, a tagliare finanziamenti e contributi. Tanto i Comuni, che hanno in gestione il 51% dei musei non statali, che le fondazioni bancarie hanno drasticamente ridotto il budget a disposizione.«C’è indubbiamente un grave problema di recupero di risorse economiche – ricorda Garlandini – ma non è l’unica questione. Non ci sono soluzioni miracolistiche, ma bisogna, con coraggio e pazienza, costruire insieme, dall’alto e dal basso, sussidiariamente, ognuno con le proprie competenze e possibilità, un movimento di rinnovamento culturale e nazionale».Detto altrimenti: dobbiamo cominciare a ragionare e operare come una comunità nazionale, dove Stato, enti locali, associazioni, fondazioni e cittadini lavorino, «città per città e territorio per territorio», con lo scopo di «condividere soluzioni di riorganizzazione e razionalizzazione».Da parte loro, alla due giorni di Milano, i professionisti della cultura (riuniti nel Mab, musei, archivi e biblioteche), presenteranno sei proposte «per il rilancio del sistema culturale italiano». Al primo punto c’è «valorizzare il capitale umano e favorire il necessario ricambio generazionale», aumentando la «capacità di fare sistema, di unire azione pubblica e privata, di lavorare per priorità condivise». Per far fronte alla drastica riduzione dei finanziamenti, Mab propone di «orientare la fiscalità verso il sostegno agli istituti e alle attività culturali», mentre, sempre per quanto riguarda il personale, è urgente «formare, aggiornare e riconoscere le competenze professionali» di ciascuno. Infine, sfruttando le nuove tecnologie, Mab chiede ai decisori politici di «rendere più accessibile il patrimonio culturale mediante la rete», sviluppando anche «collaborazioni innovative nella prevenzione dei danni e nell’intervento in situazioni di emergenza».