sabato 28 gennaio 2023
Un articolo scientifico a firma dei dottori Stipa e Vanacore rivela come l’ «acqua grezza» usata sui campi di calcio può causare il Morbo
Il saluto di Franco Baresi a Stefano Borgonovo, l’ex Fiorentina e Milan morto di Sla nel 2013 a 49 anni

Il saluto di Franco Baresi a Stefano Borgonovo, l’ex Fiorentina e Milan morto di Sla nel 2013 a 49 anni - .

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Sla (Sclerosi laterale amiotrofica) e calcio, una misteriosa relazione sulla quale noi di Avvenire da tempo, numeri alla mano, senza neppure forzare troppo, parliamo di “Morbo del pallone”, affidandoci agli studi scientifici di squadre di medici e ricercatori animati da straordinaria competenza e passione, ma con sempre meno fondi a disposizione. Ma questo non ha frenato il team di composto dai dottori Giuseppe Stipa (Ospedale Santa Maria di Terni) Antonio Ancidoni, Nicola Vanacore e Guido Bellomo (ISS: Istituto Superiore Sanità di Roma), che sulla rivista internazionale “Annals of Neurosciences” firmano il loro ultimissimo studio: Acque non trattate e SLA: un’ipotesi unificatrice per gli agenti ambientali coinvolti nella Sla. E sul fronte Sla e calcio da tempo sono in prima linea il dottor Vanacore e il dottor Stipa.

Leggendo la vostra ricerca, si ipotizza che il fattore ambientale può determinare la comparsa della Sla anche sui campi di calcio. In passato abbiamo parlato di “erba killer”, contaminata dai pesticidi e diserbanti, ora siamo passati all’ipotesi che definite dell’ «acqua grezza».
Il tema dell’acqua non trattata, per esempio l’acqua dei pozzi, è stato già discusso nella comunità scientifica per spiegare l’associazione anche con altre ma-lattie neurodegenerative come quella di Parkinson. Nell’articolo appena pubblicato abbiamo ipotizzato un collegamento tra i diversi cluster di Sla conosciuti a livello internazionale, includendo, per la prima volta, anche quello dei calciatori. Da una indagine epidemiologica condotta presso l’ospedale di Terni in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità di Roma, è emerso che probabilmente l’uso delle acque non trattate è il mimino comun denominatore che può mettere in collegamento non solo questi casi, ma anche i vari cluster presenti al mondo, quali per esempio il più famoso: la Slademenza- Parkinson nel Pacifico occidentale. Naturalmente non sarebbe l’acqua di per sé un rischio diretto, ma il veicolo di una qualche agente patogeno, biologico (funghi, batteri, virus…) o tossico (neurotossine, metalli pesanti…), non ancora identificato.

Dall’inchiesta giornalistica di Avvenire il Como presenta la maggiore concentrazione di calciatori morti di Sla: 6 (Celestino Meroni, Maurizo Gabbana, Albano Canazza, Adriano Lombardi, Piergiorgio Corno e Stefano Borgonovo), seguito dal Lecco, 4 morti per Sclerosi laterale amiotrofica, e il loro campo di gioco è praticamente sulla superficie delle acque del Lago di Como.
Da uno studio epidemiologico condotto dal Mario Negri, in collaborazione con l’ISS e pubblicato nel 2019, se si analizzano i casi di Sla più frequenti in alcune squadre di calcio, balza subito all’occhio che oltre al Como e al Lecco, i cui stadi si affacciano per l’appunto sul medesimo lago, il lago di Como, troviamo la Sampdoria ed il Genoa che condividono lo stesso stadio, il Luigi Ferraris, che si trova vicino al fiume Bisagno. Un altro stadio, l’Artemio Franchi, dove gioca la Fiorentina (anche questa squadra con un alto numero di casi di Sla rispetto all’atteso), si trova nei pressi del fiume Arno. Ci sono altri esempi, ma quelli citati sono i più significativi. Dobbiamo capire come la vicinanza a questi laghi e fiusibili mi possa essere riconducibile all’aumento di casi di Sla. E’ la sola vicinanza ad aumentare il rischio, o da questi corsi d’acqua proviene anche l’acqua utilizzata per l’irrigazione dei campi di calcio? Vengono utilizzati pozzi? E come viene trattata l’acqua per l’irrigazione dei campi di calcio, si utilizzano sostanze notoriamente tossiche come i pesticidi? Una sfida ulteriore è quella di cercare di comprendere perché alcune squadre di calcio sono più coinvolte dal fenomeno rispetto alle altre. E nel fare ciò bisogna ipotizzare pos spiegazioni che devono poi essere confutate o meno con uno studio ad hoc. L’applicazione del metodo scientifico richiede ovviamente il ricorso all’onere della prova.


Un articolo scientifico a firma dei dottori Stipa e Vanacore rivela come l’ «acqua grezza» usata sui campi di calcio può causare il Morbo Il saluto di Franco Baresi a Stefano Borgonovo, l’ex Fiorentina e Milan morto di Sla nel 2013 a 49 anni

Tante di queste domande inevase stanno generando paura e allarmismo in molti ex calciatori, specie alla luce delle recenti morti dei loro colleghi cinquantenni, Vialli (tumore al pancreas) e Sinisa Mihajlovic (leucemia). Ma è lo stesso allarmismo che nel 2013 si diffuse nell’ambiente del calcio alla morte di Stefano Borgonovo, morto di Sla a 49 anni.
Comprendiamo questo stato d’animo ma quello che dobbiamo fare è cercare di capire, con razionalità e costanza, le motivazioni che ne sono alla base. E l’utilizzo dell’epidemiologia può aiutarci in tal senso. Certo il mondo del calcio non sempre è stato collaborativo – inciso personale del dottor Giuseppe Stipa - Ricordo che da specializzando, nel 2005, mi recai a Coverciano insieme all’allora direttore della scuola di specializzazione in Neurofisiopatologia, il prof. Graziano Arnetoli. Avevamo preso appuntamento telefonico con il giardiniere per capire come veniva gestito il manto erboso del campo di gioco. Non si presentò nessuno all’appuntamento, trovammo tutte le porte chiuse. Allarmistico – continua Stipa - è avere paura di affrontare l’argomento, la paura della “ricerca” della verità.

Molti medici sportivi sostengono che non ci sono correlazioni tra il calcio e le varie malattie che hanno portato alla morte dei calciatori, Sla compresa. Ma voi avete citato l’ultimo studio epidemiologico pubblicato dall’Istituto Mario Negri in cui la relazione Sla e Calcio è incofutabile.
Già nello studio epidemiologico dell’ISS del 2005 era emerso il doppio dei casi di tumore al pancreas nella popolazione calcistica presa in esame rispetto alla popolazione generale, così come era evidente che la mortalità di Sla tra i calciatori era molto elevata, circa 12 volte in più. Dato confermato anche dallo studio del Mario Negri che ci dà un vantaggio ulteriore, 14 anni in più di osservazione e un numero di casi che è passato da 8 calciatori deceduti di Sla a 34. L’incidenza di Sla in questo studio era il doppio nei calciatori professionisti rispetto alla popolazione generale.

L’ex calciatore e medico sportivo Lamberto Boranga è convinto invece che gli antinfiammatori presi dai calciatori in dosaggi massicci dagli anni 70 in poi possono essere una concausa logica della Sla, che cosa ne pensate?
Parlare del doping come fattore scatenante della Sla, sebbene suggestivo, è riduttivo oltre a non essere corretto manca l’evidenza scientifica. Si è tanto parlato del Micoren, un antiasmatico, ma dire che l’uso/abuso di questo farmaco è cancerogeno e/o alla base di patologie neurodegenerative è scientificamente non plausibile. Inoltre al doping sono soggetti anche altri tipi di sport diversi dal calcio, vedi ciclismo e atletica per tutti, che però non annoverano nessun caso noto di Sla. L’uso esagerato degli antinfiammatori invece, spesso assunti dai calciatori per accelerare il recupero dopo un infortunio, di per sé non può essere considerata una causa diretta, ma magari un fattore predisponente in presenza di eventuali tossici ambientali, determinando nel tempo una immunodepressione cronica nei calciatori. Il fenomeno è complesso e deve essere analizzato considerando le interazioni tra molte possibili cause.

A che punto è la ricerca medico- scientifica per tentare di fermare questa malattia, che non è più neanche rara visto che si contano circa 6mila malati di Sla solo in Italia...
La ricerca è sempre in una fase di stallo. Sono anni che vediamo commettere il medesimo errore: si parla di Sla, al di fuori degli ambiti specialistici, solo sulla scia emotiva della morte del calciatore noto. Passa un po’ di tempo e tutto torna nell’oblio. La Sla nel calcio è un grande problema, ma riuscire a identificare con gli opportuni mezzi quel “tossico ambientale” ancora sconosciuto o le cause del fenomeno, può offrire al mondo del pallone professionistico la grande opportunità per la comprensione di una malattia ancora tanto misteriosa quanto fatale. Ma c’è bisogno di uno straordinario impegno di clinici, epidemiologi, medici dello sport, ricercatori di base, per cercare di comprendere cosa è accaduto o sta ancora accadendo. Infine molto importante capire poi se il fenomeno è da considerarso solo italiano o visto i dati che provengono dalla Scozia, è presente in altre comunità di calciatori professionisti.

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