domenica 21 febbraio 2021
Nel nuovo cd l’artista duetta con Roberto Vecchioni contro il vuoto imperante: «Rimetto al centro i talenti dell’uomo svilito da tecnocrazia, social media e subdola mercificazione della persona»
Il 36enne cantautore Paolo Simoni

Il 36enne cantautore Paolo Simoni - Ray Tarantino

COMMENTA E CONDIVIDI

Sono i primi due brani della tracklist del nuovo splendido disco del cantautore Paolo Simoni: L’anima vuole e Porno società. Ma non vogliono rappresentare solo l’alto e il basso. Sono piuttosto le due facce della stessa realtà, quella umana. Il singolo di lancio è il secondo dei due pezzi, brano-denuncia ritmato e radiofonico. Ciò che il pubblico vuole. Ma è L’anima vuole la stella cometa di un disco che è una sorta di manifesto di rinascimento umano, personale e collettivo. Dieci brani, nati prima della pandemia, che riconciliano con la missione più profonda della vera canzone d’autore. Quella che non strizza l’occhio alle mode riciclando orecchiabili canoni espressivi anni 80, ma che affida all’essenzialità di un pianoforte e di pregnanti parole, quadri personali (e di tutti) con messaggi nel contempo intimistici e forti.

Ecco allora Anima (prodotto da Claudio Maioli per Riservarossa e distribuito da Warner Music), con cui il 36enne cantautore e musicista di Comacchio, amato dalla critica (premiato da Club Tenco, Musicultura, Lunezia) e fugacemente apparso otto anni fa tra i Giovani a Sanremo, ha deciso di sfidare con le armi del più puro artigianato musicale (pianoforte e canto) un imperante sistema massmediatico che decide a priori cosa dovrebbe piacere e cosa no.

«Il problema da tempo sono le radio, le televisioni e il mainstream musicale. Se i mass media decidono che determinati autori e dischi non funzionano e fanno abbassare lo share, ecco che si entra in un cortocircuito che finisce con lo schiacciare certa musica e un certo modo di pensarla. Così mi sento come un partigiano in trincea con ciò che ostinatamente propongo e la mia diventa una presa di posizione artistica. Niente a che fare con il concetto del cantautore degli anni 70 politicizzato. A me interessa solo invitare a una riflessione diversa. Lancio un messaggio per qualche giovane che magari ascoltando questo disco penserà che si possano ancora scrivere testi e musiche non scontati. E puntare lo sguardo in alto.

Con l’aiuto di Roberto Vecchioni...

Nel materialismo totale in cui siamo immersi, dove macchine e tecnologia imperversano, dove i sentimenti sono sempre messi alla porta, con Roberto Vecchioni dico invece che “l’anima vuole”. Vuole esserci, vuole essere ascoltata. Vuole che ci sintonizziamo meglio con lei per dare voce ai nostri veri sentimenti e svelando tutte le maschere che ci mettiamo per sembrare qualcuno o qualcosa.

Com’è nato questo duetto?

Io mi sarei anche accontentato di un cameo di Roberto e invece ne è uscito un brano a due. La sua presenza, uomo di cultura e pilastro della musica d’autore, è come una certificazione di cera lacca sulla mia opera. È riuscito a farmi sentire un po’ come il protagonista della sua canzone Sogna ragazzo sogna. Ero andato a trovarlo due anni fa e lui mi ha proposto di aprirgli i concerti del suo Infinito tour. Poi ha desiderato cantare L’anima vola, facendola volare per davvero.

«Fingiamo l’allegria, fingiamo il dolore / Fingiamo di sapere, mastichiamo parole»: è l’era dei social, dei talk, delle immagini vuote ciò che cantate?

Sì, c’è la percezione di una società antimorale, tra pensiero debole, violenza verbale e fisica, programmi spazzatura, volgarità, mediocrità al potere. Ecco, in questo scenario a maggior ragione bisogna armarsi e dare il proprio contributo che, nel mio caso, è cantare e scrivere in maniera ancora più forte e chiara. L’intero album raccoglie tutta questa serie di riflessioni.

Come nel brano E invece importa...

Sì, nella compulsione per i like, l’esibizione del corpo, la diffusa pornografia che sta nella mercificazione della persona. Stiamo trasmettendo alle nuove generazioni il concetto che per essere vincenti e realizzati non serve dedicarsi con impegno e volontà a qualcosa di importante e studiare, ma avere tanti “mi piace” sui propri profili. Io personalmente mi considero fuori da tutte queste modalità, ma mi sento anche dentro perché ne parlo e ne canto. Osservo il mondo cercando di interpretarlo e di capirlo. E cosa avverto? Una profonda infelicità, rabbia, frustrazione. Tutto constatabile nel diffuso modo di usare i social insultando e prendendo a pesci in faccia il prossimo.

Una spirale esasperata forse anche dalla pandemia?

C’erano già questi fenomeni, ma erano nascosti dalla frenesia del fare, del produrre, del consumare. Si era anestetizzati e illusi. La pandemia semmai ha scoperchiato il vaso di Pandora dei problemi umani più profondi. Io penso che a breve ci sarà un crollo totale di questo sistema generale con la tecnocrazia al potere, perché è antiumano. L’ultimo brano del disco, Augh, è un’immagine di questa Italia vista come una riserva umana dove tutti vogliono apparire, talent compresi. È la canzone più indignata e cinica dell’intero disco, con la speranza finale comunque che l’uomo possa tornare al centro con la propria essenza di persona e riconoscersi anche figlio di qualcosa di più grande di lui. E questo è il filo rosso di tutto il disco che s’intitola infatti Anima.

La sua a cosa anela?

Nel disco c’è un brano che s’intitola Non sono altro che un artista. L’artista viene spesso visto non come un lavoratore, ma come una sorta di saltimbanco. Invece questa canzone è una precisa dichiarazione: eh no, l’arte è proprio ciò che ci salva. Ci avvicina a Dio, eleva il nostro livello morale. Ci permette di cogliere altro rispetto alla contingenza quotidiana. La cosa meravigliosa è che in ognuno di noi c’è più o meno un artista in potenza. Laddove l’arte è intesa come talento, è quella parte creativa e divina presente in noi. «Una goccia in mezzo al mare, uno che ti ricorda di giocare», dico nella canzone. Questo è un approccio alla vita che non dovrebbe mai essere perso. Invece ora è la tecnologia tirare i fili di noi burattini.

In che senso?

Fino a poco tempo fa regnava il consumismo dei beni materiali, adesso l’oggetto venduto è diventato la persona stessa. Quello che attraverso il web e i social interessa alle agenzie multinazionali siamo noi. Con i nostri like, i nostri gusti, i nostri profili, facciamo entrare nelle nostre vite i nuovi mercanti che mentre vendono ci comprano il tempo e l’identità. Ecco la porno società. Una prostituzione dell’uomo stesso. Della sua anima, diventata prodotto.

Fagocitati...

Il materialista, il cinico di turno crede che il mondo sia tutto qui, ma io so che l’anima vuole il suo posto nell’uomo. Dando troppa importanza alle piccole ed effimere schegge di soddisfazioni quotidiane, stiamo perdendo il contatto con la nostra autentica patria spirituale. È il punto più dolente di questa nostra epoca. Lo dimostra la profonda infelicità che ci attanaglia. Perché l’anima è stata via via esiliata dalla nostra società, che è razionale, numerica, produttiva. Si è secolarizzata e scristianizzata.

Lei è credente?

Sì, e con la fede non si tratta. È un rapporto anzitutto intimo, chi lo vive sa bene cosa significa. Se ci dobbiamo salvare è solo attraverso Dio che si è fatto uomo, affidandoci lo Spirito Santo. A cui accenno ne L’anima vuole. Tutto ciò è grazia, da incontrare. E tutti possiamo incontrarla, ma siamo noi uomini che chiudiamo le porte alla grazia.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: