giovedì 12 novembre 2020
L’ultimo singolo dell'artista siciliana è un omaggio al colore di “Chagall”: «Racconta l’incontro di due anime che ammirano l’immensità del firmamento. Sogno e speranza anche in questi tempi tristi»
La cantautrice e conduttrice Silvia Salemi nel video dell’ultimo singolo, “Chagall”

La cantautrice e conduttrice Silvia Salemi nel video dell’ultimo singolo, “Chagall”

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I tempi sono quelli che sono. Ancora di prova, di incertezza. Ma alzando gli occhi, il cielo è sempre blu. Non solo nell’urlo rock che ci ha lasciato Rino Gaetano. A colorare il cielo di blu è ora il pop deciso di Silvia Salemi, intriso dell’inconfondibile pigmento di Chagall. La musica che si fa pittura. Bellezza e ritmo che danno speranza in un momento in cui si fa fatica a intravedere il bello. «Dopo il lockdown della scorsa primavera, dopo il dramma che ha portato via migliaia di persone non volevo raccontare quel tempo che purtroppo non sembra essere passato, e che ciascuno di noi ha vissuto e vive a suo modo, con le proprie ansie, sensibilità e fatiche – dice la cantante siciliana, ormai romana d’adozione –: ho sentito l’esigenza umana e artistica di rievocare una dimensione immaginifica. Di pitturare un sogno ».

Ed ecco il singolo Chagall (Dischi dei Sognatori/Artist First), l’arte, l’amore, la forza delle relazioni che in una nuova ondata di difficoltà, diventa una spinta ad affidarsi al blu del cielo. «Ho scelto di omaggiare uno dei miei pittori preferiti che, attraverso le sue tinte semplici e dirette, riesce tuttora a regalare a chi ammira le sue opere delle emozioni incredibilmente forti, senza il bisogno di ricorrere alla forma o al tratto del pennello. Il blu del cielo, del mare. Il blu dell’infinito». Il brano lanciato a fine settembre racconta l’incontro di due anime che «guardano il cielo e ne riconoscono l’immensità», e analizza «il precario equilibrio di una relazione che fa paura, ma che alla fine trova la giusta strada per esprimersi e per avere il coraggio di esistere».

L’amore e il coraggio che fanno parte della vita di Silvia Salemi, 42 anni, artista solare e poliedrica, che spazia dalla musica alla radio, dal teatro alla tv, con la capacità di restare con i piedi per terra. «I miei genitori mi hanno insegnato il valore della famiglia – riprende –. Ecco, la mia famiglia, le mie figlie, sono il capolavoro più importante della mia vita». Così, nel pieno della ribalta, dopo essere stata consacrata dal palco dell’Ariston con canzoni che hanno resistito al tempo - da A casa di Luca a Pathos e Nel cuore delle donne -, dopo il Festivalbar, diversi album, esperienze televisive sia in Rai che in Mediaset, Silvia ha scelto l’armonia più bella: quella di casa; crescere, insieme al marito, le due figlie Sofia e Ludovica. Dieci anni di sereno stop.

«Non avrei potuto contare sul sopporto di nessuno, ero a Roma e tutti i nonni lontani. Se hai una bambina di due mesi non è concepibile partire per tour infiniti, saltare da una città all’altra. I figli sono un dono e una responsabilità, vanno cresciuti, guidati. Tu devi esserci». Nella valigia dei sogni di Silvia, partita da Palazzolo Acreide in provincia di Siracusa per vincere nel 1995, a diciassette anni, il festival di Castrocaro e approdare poi a Sanremo, c’era soprattutto «consapevolezza»: quella di non dimenticare mai chi sei e da dove vieni; la terra e i valori con cui sei cresciuto; il dolore, la fatica e le lacrime». C’era la «forza» che viene dalla perdita della sorella più grande per una grave forma di leucemia quando Silvia aveva meno di due anni, una ferita che ha segnato la sua famiglia.

«Con la mia riuscita volevo donare un sorriso a mia madre. Ringraziarla per il miracolo della vita. Perché ci vuole una fede straordinaria nel portare a termine una gravidanza mentre hai un’altra figlia malata che lotta per restare in vita. Una fede che mi ha trasmesso e che porto con me. Credo nella Provvidenza, penso sempre di avere Dio vicino». Silvia da piccolissima quasi non parlava, balbettava. Poi un giorno ha trovato in un cassetto un registratore con la sua voce in sottofondo, un messaggio della sorella per lei. Così la musica e il canto sono diventati la “cura”, la liberazione, il sogno come ha raccontato nel romanzo autobiografico La voce nel cassetto (Imprimatur), nel 2017.

Il “la” profondo e personale a una carriera cominciata poi sul palco del Karaoke di Fiorello e continuata nel tempo fra voluti alti e bassi. Con un importante “ritorno”, tre anni fa, che ha aperto un periodo di rinnovato impegno musicale e artistico: dal libro al settimo album 23 (arrivato a dieci anni da Il mutevole abitante del mio solito involucro), da Domenica In alla sfida dello scorso anno Ora o mai più su Rai 1, il talent dove ha lanciato, nella finale, l’inedito Era digitale. Un testo che nasce dal messaggio di papa Francesco a Panama per la Giornata Mondiale della Gioventù, il monito a essere connessi con il mondo vero, «l’unico luogo dove si può amare e sentirsi amati»: «Siamo schiavi del digitale – continua Salemi – di questa necessità di esistere attraverso le immagini, mentre non sappiamo più neanche fare il pane».

C’è una curiosità che dimostra la tempra di Silvia e la continua ricerca di “sostanza”. Prima di salire sul palco dell’Ariston fece una promessa a se stessa e alla sua famiglia: «Qualunque cosa accadrà non smetterò di studiare». E così ha fatto: laurea con lode in Lettere, indirizzo storico-antropologico, alla Tor Vergata, con una tesi su “Fabrizio De André, tra cantautorato e poesia”. «Un grande. Le sue invettive contro il potere e i pregiudizi. La difesa degli emarginati. De André e la Buona Novella, da laico». Ora Silvia con un sorriso sicuro dipinge il cielo con il blu di Chagall. Anche in questi tempi tristi. Dove lo sguardo non può che andare lassù.

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