mercoledì 13 novembre 2019
La calotta dell’Alaska si riduce e rende più facile il contagio di virus incubati dalle lontre che lo portano anche dove non c’era mai stato. I risultasti di uno studio
Foche alla deriva su un iceberg al largo di Arcangelo, in Russia / Ap/Misha Japaridze

Foche alla deriva su un iceberg al largo di Arcangelo, in Russia / Ap/Misha Japaridze

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Quando nel 2004 i biologi che studiavano le lontre marine dell’Alaska diagnosticarono loro il “Phocine Distemper Virus” o PDV rimasero profondamente meravigliati. L’agente patogeno del genere Morbillivirus, a cui appartengono virus come il morbillo infatti, sembrava esistere solo in Europa e sulla costa occidentale degli Stati Uniti. Spiega Tracey Goldstein della University of California Davis, esperto sul modo con il quali i patogeni possono attraversare gli ecosistemi marini: «Ci era difficile comprendere come un virus dell’Atlantico fosse finito nell’Oceano Pacifico, visto che non è una specie virale che si estende con facilità su grandi aree». E così Goldstein iniziò un lungo studio di raccolta dati che è andato dal 2001 al 2016 e che lo ha portato a concludere che il PDV si espande sempre più con la concomitante riduzione dei ghiacci artici. La minor quantità di ghiaccio infatti, dà modo alle lontre infette di spostarsi via via verso ovest, andando ad occupare territori dove il virus non era mai apparso prima. I risultati, pubblicati sulla rivista scientifica “Scientific Reports”, è la dimostrazione di come i cambiamenti climatici possano aprire nuove strade alla diffusione di malattie virali.

Il PDV venne scoperto per la prima volta nel 1988 nel nord Europa, quando per causa sua morirono circa 18.000 foche. E della capacità di sterminare intere popolazioni di pinnipedi si ebbe conferma nel 2002, quando un’analoga epidemia lungo il Mare del Nord uccise 21.700 foche, circa il 51 per cento della popolazione dell’area. Non è chiaro da dove sia arrivato il PDV, anche se è ipotesi ritenuta valida dai più, ipotizzarne la provenienze proprio dall’Artico, quale mutazione del virus del cimurro che può colpire i cani. E proprio come per il cimurro i sintomi che colpiscono le foche e le lontre sono difficoltà respiratorie, secrezione dal naso e dagli occhi, febbre e nei mammiferi marini incapacità di nuotare con regolarità. La diffusione avviene per contatto diretto tra un animale e gli escrementi di un altro. Ecco perché lasciava perplessi gli scienziati ai quali risultava difficile capire come il virus poteva essersi spostato così lontano dal luogo dove colpiva abitualmente. I primi focolai del virus sulle coste orientali degli Stati Uniti vennero riscontrati nel 2006, con importanti focolai dal Maine alla Virginia. Ma ora ecco che il virus è arrivato al di là degli Stati Uniti, sulle coste occidentali. Per capire come è giunto così lontano, ossia appena al largo delle coste dell’Alaska, Goldstein e il suo gruppo di lavoro hanno prelevato campioni da studiare da 2.530 esemplari di foche vive e da 165 morte che avevano trascorso almeno una parte della loro vita oltre il Circolo Polare Artico. Quindi hanno correlato la diffusione del virus con l’estensione dei ghiacci artici e hanno constato che negli anni in cui l’estensione del ghiaccio marino era bassa negli anni successivi si aveva un aumento della diffusione del PDV. Lo studio di Goldstein è durato fino al 2016, ma da allora ad oggi l’estensione dei ghiacci marini ha continuato a diminuire. La riduzione dei ghiacci artici apre nuove rotte ai mammiferi marini, permettendo loro di andare dall’Oceano Atlantico al Pacifico. Goldstein afferma che lo stress indotto dalla necessità di cercare cibo sempre più lontano può indebolire il sistema immunitario degli animali, rendendoli più facili bersagli per le malattie. E poiché sono molte le specie marine che migrano verso l’Artico, quel luogo potrebbe diventare un punto focale per la diffusione del PDV e di altri virus più o meno letali. «L’Artico potrebbe essere un perfetto crogiuolo per la trasmissione delle malattie.

Al momento non abbiamo testimonianze di PDV in California, ma siamo molto vigili perché sono tanti gli animali che durante alcuni periodi dell’anno si spingono più a nord, dove è presente la malattia, per poi ritornare nella nostra regione dove potrebbero trasportare il virus», afferma Shawn Johnson, vice Presidente di Medinina Veterinaria al The Marine Mammal Center in Sausalito, California. In teoria è possibile vaccinare gli animali contro il PDV, ma si capisce che si può fare solo su aree ristrette, perché farlo su vasta scala è davvero alquanto difficile. Le foche monache hawaiane per esempio, vengono regolarmente vaccinate, nonostante che il virus non sia ancora arrivato così a sud. Ma di questa specie esistono solo 1.400 esemplari e la diffusione del virus sarebbe davvero un gravissimo problema per la sopravvivenza della specie. Goldstein afferma che permangono molte incertezze su come evolverà la diffusione della malattia, mentre i cambiamenti climatici non sembrano avere termine. «Il problema - afferma lo scienziato - sta nel fatto che vi sono anche altre patologie in aumento. La leptospirosi per esempio, un batterio che può diffondersi dagli animali all’uomo, sta aumentando, così come la fioritura di alcune alghe che, infettando i pesci con particolari tossine possono portare a danni cerebrali in mammiferi di cui si nutrono. Dobbiamo essere vigili e tenere gli occhi ben aperti perché ci potrebbero essere grossi cambiamenti nel modo con cui si stanno diffondendo alcune malattie».

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