domenica 2 aprile 2017
Il giornale dei comboniani si rinnova graficamente. Il direttore Efrem Tresoldi: «Parlare di pace e disarmo è l'altro versante di migranti e integrazione»
Padre Efrem Tresoldi, direttore di «Nigrizia»

Padre Efrem Tresoldi, direttore di «Nigrizia»

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Traffico d’armi, condono del debito, delitti ambientali, disparità economiche tra Nord e Sud... Un cinquantenne che sfogliasse il primo numero – questo di aprile – della nuova serie di “Nigrizia”, lo storico mensile comboniano dedicato «all’Africa e al Mondo Nero», avrebbe l’impressione di ripiombare pari pari negli anni Ottanta e Novanta. Ma allora nel cosiddetto terzo mondo non è davvero cambiato nulla... Efrem Tresoldi, 65 anni, non osa negare: in effetti, per lui che nel 2012 è tornato direttore del periodico dopo esserlo già stato un ventennio fa (dal 1991 al 1997), l’impressione di déjà vu è inevitabile: «È cambiato ben poco: è vero anche questo. Se dobbiamo guardare i risultati, dovremmo dunque tirare i remi in barca e concludere che non vale la spesa affrontare un’impresa coraggiosa come quella di produrre e stampare un mensile solo per l’Africa, in Italia. Ma Nelson Mandela sosteneva che dopo ogni colle ce n’è sempre un altro da affrontare, o – se vogliamo dirlo con un linguaggio più familiare a noi cristiani – si tratta di sperare anche contro ogni speranza. Sono le prove del nostro tempo e noi non ci sottraiamo».

Non è colpa dei missionari, del resto: anzi, loro hanno fatto il possibile perché le cose cambiassero. Ma non è stato così; e guerre dimenticate, sottosviluppo, profughi, scempio delle risorse naturali, sfruttamento dei poveri restano purtroppo capitoli molto attuali nella storia del pianeta. Con un’aggravante: che adesso queste vicende arrivano ancor più direttamente a casa nostra, in seguito alla globalizzazione e all’immigrazione più o meno coatta dal continente nero – e non solo da quello. Non è dunque un caso se il dossier della medesima “Nigrizia” torna – per la terza volta in meno di un anno – proprio sul tema degli extracomunitari presenti nel nostro Paese (con un accento alquanto originale, peraltro: ovvero le esperienze di accoglienza praticata da migranti “storici” verso i connazionali appena arrivati).

Temi duraturi in una veste nuova. Padre Efrem, dopo 135 anni di onorato servizio, “Nigrizia” si rinnova; ma è un restyling solo grafico?

«Beh, da una parte è fisiologico che ogni pubblicazione di tanto in tanto proceda a una rinfrescata, per tenere il passo coi tempi; noi ci siamo rivolti a esperti del settore, che ci hanno restituito un giudizio positivo sul prodotto e tuttavia hanno segnalato l’opportunità di un ammodernamento. Da qui la grafica nuova con cui ci presentiamo ai nostri 9.000 abbonati – più qualche centinaio dell’edizione online. Ma anche i contenuti ne hanno beneficiato: ci sono due rubriche in più, una sulla po- litica (“Africa al setaccio”) e una di notizie ecclesiali (“Breviario”) e in genere tutti gli articoli vengono accompagnati con elementi di arricchimento, in modo che non ci siano solo testi ma pure cifre, parole chiave, brevi approfondimenti. Uno stile più agile».

Il tema però non cambia. Ma l’Africa “interessa” ancora agli italiani, oggi?

«Questo è il nostro punto di forza e anche l’elemento di debolezza. Da una parte infatti sono davvero pochissime nel nostro Paese le riviste specializzate sul continente nero, meno delle dita di una mano, inoltre possiamo contare (purtroppo!) sulla mancanza di concorrenza anche dei media generalisti; dunque chi vuol conoscere meglio la realtà africana deve forzatamente passare da noi. Il campo è a nostra completa disposizione. D’altra parte però il pubblico di settore vorrebbe conoscere di più anche il resto del terzo mondo, e in questo siamo sfavoriti: ci sono infatti riviste, sia laiche sia missionarie, che si occupano di un ambito più largo. Parliamo sempre di nicchie, è ovvio, ma al loro interno l’interesse non è diminuito; anche per il fatto che viviamo la provocazione dei migranti: volenti o nolenti, si tratta di uno stimolo a capire chi sono e da dove vengono».

Appunto: nel numero ora in vendita è curioso notare che parecchi argomenti sono trattati in stretta connessione con il nostro Paese o comunque con l’Occidente. Non solo gli immigrati, ma il traffico d’armi e di droga, il debito estero, le tendenze neo-colonialiste, la cooperazione internazionale...

«Sono temi di cui non possiamo non tener conto. Ormai quelle dell’Africa (e in genere del Sud del mondo) sono realtà molto legate al nostro quotidiano, anche se non si vuole o non si riesce a capire che siamo interdipendenti. Interessarsi del disarmo e della pace, ad esempio, è direttamente proporzionale al lavoro per l’integrazione dei migranti: perché tantissimi fuggono esattamente dalle guerre».

Per molti, “Nigrizia” è ancora legata al ricordo e alle battaglie di padre Alex Zanotelli, proprio su questi temi...

«Sì, esiste uno zoccolo duro molto affezionato ad Alex; la sua rubrica è una delle più lette, stando anche al traffico del sito internet».

Ma potete contare anche su un altro potente “alleato”: papa Francesco.

«In effetti come missionari non possiamo che essere nel solco della famosa “Chiesa in uscita”, la quale non aspetta che gli altri vengano a noi e ha la pretesa di dare voce a chi non ha voce. L’evangelizzazione si basa insieme sull’annuncio e sulla denuncia; il primo consiste nel far conoscere le testimonianze missionarie, lo sviluppo teologico, le Chiese locali; la seconda comprende l’informazione sulle cause delle sofferenze umane, della corruzione, delle disuguaglianze, dei rapporti commerciali falsati...».

I soldi, appunto: “Nigrizia” costa appena 3 euro a numero, 32 euro all’anno. Si sopravvive?

«La battaglia continua è rimanere nei costi: ma speriamo che la veste rinnovata possa valorizzare meglio il prodotto. Anche perché il nostro pubblico è per due terzi oltre i 50 anni, quindi dobbiamo aspettarci che nei prossimi decenni parecchi fedeli abbonati andranno diminuendo per calo fisiologico; la sfida è riuscire a far breccia nella fascia più giovane, cosa che facciamo anche grazie alle altre testate del gruppo: la rivista (brevi news dall’Africa che poi ricircolano su varie emittenti locali della Penisola). Nella prima pagina della nuova Nigrizia abbiamo pubblicato il nostro manifesto: “All’Africa nuova occorre una voce nuova. Siamo orgogliosi del nostro passato, ma appunto per questo vogliamo essere degni del nostro presente”; sembra scritto ora, invece è un editoriale del 1958».

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