martedì 8 dicembre 2015
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Panta Rei, tutto scorre, e così pure questo campionato di Serie A in cui niente e nessuno porta con sè l’imprimatur del fisso, del definitivo. Nulla è stabile, dalla classifica alla temperatura di certe sedi, pochissimi i protagonisti che non salgono su un ottovolante che – finalmente, sia consentito affermarlo – ha ridato al torneo una parvenza da Luna Park, posto atto a produrre divertimento.  La prima giornata decembrina ha bruciato l’ennesima capolista, consegnato il nuovo sorpasso, anzi, «doppio sorpasso» lassù in cima, col brusco e repentino risveglio del Napoli a buon pro di Inter e Fiorentina, e riecco quindi riformato l’ordine dei vagoni del trenino scudetto, tutti sempre lì, attaccatissimi. Il campionato in cui, a ridosso del Natale, sono ancora in più di due a scornarsi non è cosa desueta come potrebbe sembrare d’acchito: solo tre anni or sono, la Juve teneva a soli due punti di distanza il Napoli e a quattro l’Inter, così come nel torneo precedente ancora Madama e la sorprendentissima Udinese tenevano a due sole lunghezze un’altra coppia formata da Milan e Lazio. Ma quello che sta cambiando il sapore al piatto è la sensazione, per non dire la certezza, che all’equilibrio dei punti corrisponda quello dei valori, che non ci sia un padrone del campionato, magari ancora mischiato alla folla, ma già identificabile. Certo, l’Inter – all’ottavo 1-0 stagionale – ha mosso un passo importante riprendendosi il primato proprio alla vigilia di una giornata che nelle pericolose teorie applicate alla sfera consente ai nerazzurri di intravvdere un possibile allungo: nel weekend, mentre la Beneamata farà tappa nei mari tranquilli di Udine, ecco incrociarsi in una specie di Final Four, tutte le inseguitrici: Napoli contro Roma; la bellissima Fiorentina, seconda a un punto, a casa della Juventus, lanciatissima quinta. Eh sì, perché poi in tutto questo tira e molla, che fatalmente finisce per non dettare medie da tappa a cronometro, la passista Madama sta rientrando a palla di cannone e promette di rendere ancora più precaria la stabilità della graduatoria. Al San Paolo, invece, le fisiologiche incertezze sul pronostico vengono precedute da quelle sull’immediato futuro tecnico del club capitolino, atteso domani sera da uno snodo fondamentale in Champions League: ci sono il Bate Borisov e una partita da vincere, una qualificazione agli ottavi di finale che in questo momento rappresenta praticamente tutto, dall’obiettivo sportivo all’importante iniezione economica, per finire con la necessaria, fondamentale tregua intorno a Rudi Garcia, sceso dal trenino di cui sopra a causa di due soli punti raggranellate nelle ultime tre partite. Diventato il soggetto piazzato tra l’incudine della società e il martello dell’ambiente, l’allenatore francese si gioca veramente tante, tante fiche sui due tavoli in cui si siederà nei prossimi giorni. Bradisismi romani, e il pensiero rimbalza allora anche su Stefano Pioli (l’ombra di Marcello Lippi si addensa), e sull’altro panchina dell’Olimpico che scotta come e più di quella del dirimpettaio: dal terzo posto e una quasi Coppa Italia al deficit – almeno in campo nazionale – in pochi mesi, con gioco, atteggiamento e risultati che effettivamente sanno di esonero. Ma il presidente Lotito, è noto, è accorto di portafoglio ed è pronto di riflessi abbastanza per accorgersi di quanto sta succedendo nelle piazze in cui cambiare sta significando affondare. C’è una eccezione, e si chiama Roberto Donadoni, e il Bologna. Con la “cura” Donadoni 10 punti in cinque partite (tre vittorie, un pari e una sconfitta), gli emiliani si permettono non solo di riemergere, ma di porre dubbi fino a questo momento inesistenti sulla consistenza del Napoli di Sarri. Per il resto cambi in panchina con conseguenti sbandate: Sampdoria e Palermo sono in rottura prolungata come certi cavalli di medio trotto dal momento dell’allontanamento di Zenga e Iachini, e pure il nuovo Verona di Del Neri ha cominciato da dove era rimasto con Mandorlini, vale a dire dalla sconfitta (Luca Toni però non si arrende: «Salvo l’Hellas e smetto»). Malesseri che dunque non sono solo meramente tecnici, ma che con ogni proba- bilità dipendono più da chi le decisioni le prende. Il “mangiallenatori” Zamparini non fa nemmeno più notizia, in questo senso, mentre invece qualcuno forse comincia a porsi qualche interrogativo in più sul “viperetta” Ferrero, personaggio sovraesposto a livello mediatico e che tuttavia suscita contemporaneamente nuove (e sottotaciute) perplessità.  A Genova, da tempo, si chiacchiera di nuovi soci, persino di un uomo da Formula 1, che tra sorpassi e sbandate di questa stagione ci sta, come Flavio Briatore. Intanto non tutto, nella gestione ordinaria del club, funzionerebbe a pieni cilindri. Chi conosce bene Montella, inoltre, spiega che la sua eccellenza di tecnico nasce da una lunga e paziente didattica di gioco con i calciatori, che a loro volta devono avere determinati requisiti: condizioni che oggettivamente a Bogliasco attualmente non ha a disposizione. E finisce che la Samp, con il Palermo, con i “nemici” genoani (anch’essi per Dna condannati a lottare nei mari agitati), può formare a sorpresa un altro convoglio di squadre, quelle che si batteranno per evitare una destinazione, non per raggiungerla. È un campionato così, del doman non c’è certezza, per nessuno. Ma almeno, per sillogismo, è molto vicino ad essere Magnifico.
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