mercoledì 24 febbraio 2021
«Il futuro della didattica non si gioca su programmazioni burocratiche ma sul ritorno a una trasmissione del sapere relazionale capace di coinvolgere»
Luca Serianni

Luca Serianni - Archivio

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Per chi ha amato la poesia a scuola e, magari a distanza di anni, avesse voglia di riscoprire i versi dei grandi poeti della tradizione lirica italiana, l’ultimo libro di Luca Serianni rappresenta un’occasione preziosa: Il verso giusto. 100 poesie italiane (Laterza, pagine 450, euro 25). L’autore, professore emerito di Storia della lingua italiana alla Sapienza e accademico dei Lincei e della Crusca, ha allestito un’antologia della poesia italiana, dal Duecento ai giorni nostri, raccogliendo e commentando un centinaio di testi esemplari: da Giacomo da Lentini a Dante e Petrarca, da Ariosto e Tasso a Manzoni e Leopardi, da Montale a Caproni. Un percorso attraverso autori noti e meno noti, che mette in luce il grande valore del nostro canone poetico. Ogni testo è adeguatamente introdotto e sobriamente annotato. Un libro, questo di Serianni, che per la competenza e l’autorevolezza del suo autore assurge a modello di come andrebbero presentati e commentati i testi letterari.

Professor Serianni, a quali criteri ha improntato la sua selezione?

Valore, rappresentatività e gusto personale, avendo come lettori ideali studenti, insegnanti, ma anche tutte quelle persone, magari non più giovanissime, desiderose di riprendere in mano opere studiate sui banchi di scuola.

Il gusto personale dunque non è da demonizzare...

In uno studio scientifico può essere la molla iniziale di una ricerca, che poi però deve essere condotta all’insegna di metodologie oggettive. Ma nell’insegnamento direi che si tratta di una componente fondamentale affinché si crei un efficace circuito comunicativo dal docente al discente.

Questo vale anche a scuola?

Soprattutto a scuola, dove oggi mi sembra che prevalga una pericolosa tendenza alla standardizzazione e all’omologazione dei percorsi didattici. Credo invece che gli interessi e la personalità del singolo docente vadano valorizzati. Non si può certo 'saltare' Manzoni, ma l’itinerario per arrivarci può essere diverso. È assolutamente doveroso che la famiglia che manda i figli a scuola sappia che nella seconda A o nella seconda B il figlio o la figlia avrà un trattamento di alto livello; però non lo stesso trattamen- to, perché è giusto che ogni professore dia ai propri alunni l’impronta della sua formazione e, perché no, anche dei suoi gusti culturali.

Come giudica i manuali di letteratura oggi in uso nelle nostre scuole?

Le antologie scolastiche degli ultimi decenni sono spesso opere di alta qualità: dirette o patrocinate da studiosi di grande levatura, offrono un approfondimento che forse rischia di andare oltre le concrete possibilità di apprendimento scolastico: da qui l’accusa di essere mastodontiche, eccessive. Ma i primi destinatari di questi libri sono i docenti, che è giusto abbiano la possibilità di operare delle scelte tra i materiali offerti. Se il libro di testo fosse troppo smilzo, si rischierebbe di limitare eccessivamente la libertà dei docenti.

Il popolo italiano è sostanzialmente un popolo di non lettori. Può essere che una delle ragioni sia un modo sbagliato di trasmettere il sapere letterario proprio nella scuola?

Non addosserei all’istituzione scolastica, o non principalmente a essa, tale responsabilità. Contano molto le condizioni di partenza: in tante case italiane purtroppo non ci sono libri. Gli insegnanti, però, debbono fare una scommessa: credere nella materia che insegnano e nella possibilità di stimolare l’interesse dei ragazzi. Questo vale per ogni disciplina, compresa la matematica: molti dicono che quest’ultima è una materia 'arida', ma non è affatto così. Quanto alla letteratura, è ancora più semplice che l’interesse dei giovani possa essere sollecitato, in virtù del suo evidente contenuto umano e del piacere estetico che un testo può trasmettere.

Cosa dovrebbero fare i docenti?

Partire dai testi, mettendoli al centro delle lezioni. La vita di uno scrittore conta fino a un certo punto: può essere utile conoscere alcuni dati biografici di un autore per contestualizzarne l’opera. Ma serve davvero sapere quante furono le amanti di Foscolo? Spero che nessun professore oggi pretenda più, come accadeva un tempo, che i suoi studenti sappiano rispondere a domande di questo tipo.

A causa della pandemia buona parte dell’insegnamento si svolge a distanza. Cosa consiglia ai docenti alle prese con questa nuova modalità? Qual è l’elemento che non deve comunque venire meno?

Non si può rinunciare al rapporto personale dell’insegnante con ogni singolo studente. Questo è ciò che va preservato, a maggior ragione nell’insegnamento da remoto. Purtroppo non ci si può guardare negli occhi, ma ogni studente deve sapere di essere considerato dal suo professore con l’attenzione che merita. Senza un rapporto interpersonale diretto, vero, autentico, al di là delle modalità tecniche attraverso cui viene condotta la lezione, non può avvenire una reale trasmissione di sapere.

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