venerdì 30 giugno 2017
Le accuse sono di truffa e aggiotaggio non solo ai danni di chi ha acquistato online i biglietti dei concerti ma anche della Siae, per il mancato incasso dei diritti
Secondary ticketing, chiuse le indagini: dieci indagati
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Il 13 febbraio 2019 tutti gli imputati sono stati assolti.

La grande truffa del cosiddetto “secondary ticketing” pare sia arrivata a un imminente processo. Che i fan italiani di Bruce Springsteen o dei Coldplay fossero stati raggirati e costretti a pagare cifre da capogiro per assistere ai concerti dei loro idoli si sapeva, ma dall'avviso di conclusione delle indagini della Procura di Milano emerge che è altrettanto vittima della megatruffa anche la Siae che nel pasticciaccio della compravendita avrebbe perso ben 159mila euro di diritti d’autore mai versati.Pertanto per i “furbetti-truffatori” è scattata l’accusa di aggiotaggio e di truffa a persone fisiche - nella fattispecie i consumatori - ma anche alle società. E la società in questione è appunto la Siae.

Tra i dieci accusati figurano i principali organizzatori di spettacoli a livello nazionale: Live Nation Italia e Live Nation 2, Vivo e Di and Gi, con i loro vertici Roberto De Luca, Antonella Lodi, Corrado Rizzotto (ex amministratore di Vivo, non lo è più dal 2016) e Domenico d’Alessandro. Tra gli indiziati risulterebbero anche Charles Stephen Roest e Kaur Rashvinder Dhoot, amministratori della società svizzera Viagogo. Secondo il capo di imputazione i promoter, che dal meccanismo avrebbero incassato dal 2011 al 2016 ricavi per un milione, da un lato avrebbero fatto credere al pubblico «divulgando false informazioni» che i biglietti dei concerti fossero esauriti, inducendo i fans ad acquistarli ad un prezzo più elevato»; dall’altro avrebbero stipulato «accordi occulti» con il sito di bagarinaggio online Viagogo, sul quale i biglietti venivano messi in vendita a un prezzo ingiustificatamente maggiorato».

Il 90% degli incassi ottenuti dalla vendita dei ticket ricevuti direttamente dagli organizzatori veniva poi retrocesso "sotto forma di consulenza" agli stessi promoter mediante "fatture oggettivamente false". Per l'accusa, "gli indagati adoperavano artifizi atti a cagionare un aumento o una diminuzione del prezzo delle merci" (i biglietti, ndr) e anche un danno alla Siae per "il minor introito dei diritti d'autore" spettanti.

Da parte degli accusati arrivano le prime reazioni. Live Nation Italia, in particolare, "prende atto del ridimensionamento dell'accusa" essendo stata abbandonata "l'ipotesi di associazione a delinquere in precedenza delineata". La società inoltre fa sapere di essere "certa di poter dimostrare l'inconsistenza degli illeciti ipotizzati dalla pubblica accusa" quando nei prossimi mesi si "aprirà la fase processuale vera e propria, con l'obiettivo di verificare la fondatezza giuridica delle ipotesi di reato". Intanto nell'attesa l'estate dei concerti è entrata nel vivo.

«La Di and Gi ha appreso dagli organi di stampa, prima di ricevere notifica dalle autorità competenti, che è in corso una indagine a proprio carico, oltre ad altre organizzazioni, preso la Procura della Repubblica di Milano, per aver operato nel cosiddetto secondary market", lo scrive il legale della società sottolineando che la stessa "ha recepito con stupore la notizia ritenendosi estranea a qualunque condotta contestata, avendo nei tanti anni di operatività sul mercato, combattuto strenuamente tale attività a discapito di autori, artisti e pubblico pagante".

"La società toscana prende con fermezza le distanze da tali ipotesi accusatorie - prosegue la nota - convinta di poter serenamente dimostrare l'estraneità da tali comportamenti". "Notizie di tale forza mediatica - viene ancora sottolineato - producono effetti irreversibili per quelle attività imprenditoriali, quali la Di and Gi, che hanno sempre basato il loro agire sulla massima correttezza e trasparenza professionale".

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