domenica 20 settembre 2015
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Da Honolulu, dove recentemente si è tenuto il congresso mondiale della Unione astronomica internazionale (Uai), è giunta la notizia che il nostro universo morirà e a questo punto qualcuno potrebbe obiettare che l’annuncio non è di quelli sensazionali perché già si sapeva che l’universo e tutti gli oggetti che gli appartengono (pianeti, stelle, galassie…) prima o poi sono destinati alla fine. Già nel 1990, utilizzando il grande telescopio franco-canadese delle Hawaii, si era scoperto che il nostro universo era dieci volte meno attivo rispetto all’universo di otto miliardi di anni fa e che dunque si trovava in fase calante. Questa volta, però, i dati sono molto più precisi, perché non si è usato un solo telescopio ma otto, sia terrestri che spaziali, e anche il 'campione' posto sotto osservazione era molto più esteso: 200 mila galassie contro le mille studiate nel 1990. E il responso degli otto telescopi ha ribadito che il nostro universo si sta spegnendo lentamente, come una candela. Gli astronomi, a questo punto, per giustificare questa osservazione, parlano di misure di lunghezze d’onda dall’ultravioletto all’infrarosso, di energia prodotta dalle stelle, di Einstein e della sua famosa equazione che lega la materia con l’energia, tutti argomenti che sfuggono però ai non addetti ai lavori. Come divulgare, allora, questa notizia? Eelco van Kampen, astronomo dell’Eso, ha allora presentato la questione in maniera giornalistica definendo il nostro universo «un pelandrone seduto sul suo canapé», una metafora un po’ brutale e poco rispettosa che Simon Driver, capo dell’èquipe del progetto Gama (Galaxy And Mass Assembly), ha invece modificato in questo modo: l’universo «da oggi in poi è destinato a declinare scivolando lentamente nella vecchiaia. È come se l’universo si fosse seduto su un sofà, con un plaid sulle ginocchia, e stesse per avviarsi al suo assopimento eterno». Quando, però, arriverà questo 'assopimento eterno' non è dato sapere. La cosa certa è che non avverrà a breve e comunque non prima di qualche decina di miliardi di anni sicché, a conti fatti, possiamo dormire sonni tranquilli. E nell’attesa di questo ineluttabile evento vediamo di fare un breve riassunto delle principali ipotesi che sono state avanzate in questi ultimi anni sulla fine dell’universo. Si dà per certo, e le osservazioni lo hanno ampiamente confermato, che le galassie si stanno allontanando le une dalle altre e ciò significa che l’universo è attualmente in una fase di espansione. L’espansione, però, è in qualche modo 'frenata' dalla gravità, una forza la cui intensità dipende dalla quantità di materia presente nell’universo o più precisamente dalla sua densità. E a questo punto gli astronomi hanno introdotto un parametro, chiamato 'densità critica', dal cui valore dipende il futuro dell’universo. Se la densità di materia presente nell’universo è minore della 'densità critica', l’espansione non avrà fine e si parla di 'universo aperto'. In caso contrario si arriverà a un punto in cui la forza di gravità prenderà il sopravvento, l’espansione si arresterà e l’universo collasserà. Detto in altre parole si realizzerà una situazione opposta al Big Bang, chiamata Big Crunch, con le galassie che si avvicineranno sempre più e andranno tutte a confluire in un punto dal quale potrebbe scaturire un altro Big Bang dando origine a una nuova espansione. Se, infine, la densità della materia è uguale alla 'densità critica', l'universo è destinato a espandersi all’infinito ma in maniera molto più lenta. E in questo caso si parla di 'universo piatto'. Le tre possibilità che abbiamo qui ricordato sono tutte legate alla quantità di materia presente nell’universo, un computo nel quale deve entrare anche la cosiddetta 'materia oscura' vale a dire quella materia che non è direttamente osservabile e che sembra debba costituire la parte preponderante dell’universo. Ma accanto alla 'materia oscura' è stata ipotizzata anche la presenza di una 'energia oscura', una specie di antigravità che accelera l’espansione dell’universo. E questa accelerazione potrebbe produrre un 'Big Rip' (grande strappo) che distruggerebbe letteralmente l’universo. Al momento, però, si tratta solamente di una ipotesi perché ancora si deve capire cosa sia questa ipotetica 'energia oscura'. La fine dell’universo, dunque, è ancora tutta da 'scoprire' così come è da spiegare il suo inizio. Cosa sia esattamente accaduto circa 14 miliardi di anni fa (questa è l’età stimata del nostro universo) nell’istante del Big Bang non è dato sapere. I primissimi istanti dell’universo sono ancora avvolti dal mistero. Nessuno ancora è riuscito a spiegare la 'causa' che ha dato origine al Big Bang. E a questo punto tutte le ipotesi sono buone. C’è chi propone il Caso, chi invece l’azione creatrice di Dio. Una volta un astronomo pose questa domanda: «Ma cosa faceva Dio prima del Big Bang?». E un altro astronomo gli rispose: « ' Stava evidentemente creando l’inferno per metterci dentro chi avrebbe fatto domande del genere!».
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