Aharon Megged: "Il coro, diretto da Moshe Zeiri, divenne il fulcro delle attività culturali"«Alcuni avevano perso la parola - ricorda Marco Cavallarin, lo storico milanese che ha avuto il merito di togliere questa storia dall’oblio. - Altri avevano gli incubi notturni, urlavano nella notte. C’era persino chi non riusciva a entrare in lenzuola pulite, abituato com’era a dormire nel lerciume». Sotto la guida paziente di Moshe, i bambini studiavano il mattino e giocavano il pomeriggio. Ma si dedicavano anche a piccoli lavoretti manuali per ritrovare il contatto con la vita quotidiana, interrotta dall’orrore. Selvino li aiutava come poteva. «Con i ragazzini del posto si giocava a pallone, si faceva amicizia. Ma di cibo ce n’era più nella colonia che fuori, perché a Sciesopoli arrivavano le donazioni dagli ebrei di tutto il mondo. Dall’America arrivavano quintali di carne in scatola e Moshe li scambiava con il legname».
Nitza Zeiri Sarner: "Mio padre Moshe Zeiri con me e con Batia (col cagnolino). La madre di Batia insegnava matematica. Batia è diventata traduttrice simultanea all'Onu"Nella colonia si stava bene, ma era solo un luogo di transito verso la Palestina. Sulla 'Enzo Sereni', la prima nave che salpò da Arenzano con i profughi ebrei a bordo, c’erano anche 60 bambini di Sciesopoli. La rotta della speranza, allora, solcava il Mediterraneo in senso opposto. Gli inglesi, che avevano contingentato gli accessi alla Terra Promessa, bloccavano le barche e le deviavano a Cipro. Fu lì che approdarono Isaac e Lola Najman. Si erano conosciuti a Selvino, si sposarono quando riuscirono a sbarcare nel neonato stato d’Israele alla fine del ’48. Molti bambini di Sciesopoli si stabilirono in un kibbutz vicino al deserto del Negev, dove continuarono a studiare e lavorare. Isaac e Lola ebbero una figlia, Miriam, che tre anni fa ha deciso di ripercorrere a ritroso le orme dei genitori. Prima di partire ha contattato Cavallarin, che l’ha accompagnata a Sciesopoli. Insieme hanno deciso di lanciare una petizione online per salvare la struttura dall’abbandono in cui versa da anni: finora 20 mila firme non sono bastate. Dopo la partenza degli ultimi bambini ebrei la colonia fu adibita a soggiorni estivi e terapeutici, poi nel 1984 l’attività cessò e la proprietà lasciò vuoto l’edificio. Di Sciesopoli non si parlò più, gli stessi abitanti di Selvino finirono per dimenticarsene. «Per la gente di montagna è normale aiutare chi è in difficoltà. Perciò non sembrava un’impresa così straordinaria aver accolto gli orfani ebrei», osserva Cavallarin. Poi, pian piano, la memoria è tornata. Fino all’idea di organizzare il grande raduno di quest’anno.
Aharon Megged: "Il testo della lapide scoperta in occasione del viaggio a Selvino del 1983"«Vorremmo che lo Stato rilevasse Sciesopoli per farne un luogo di attività sociali e di promozione della pace nel mondo - sospira Cavallarin - Sarebbe bello se sorgesse anche un museo dei bambini. Il Comune si sta impegnando molto, perché è consapevole che si tratta di un grande patrimonio storico e morale. Ma non ha le risorse necessarie per sistemarla». I suoi ragazzi, per ora, si accontentano di vederla così com’è. Ci pensano i ricordi a renderla bella come allora.
IL RITROVO - IN 50 PER RINGRAZIARESciesopoli sorge sull’altopiano di Selvino, in Val Seriana, dove ieri sono iniziate le celebrazioni per il 70° anniversario dell’arrivo dei primi orfani ebrei. Il paese ha accolto con l’accensione dell’Albero della vita una cinquantina di superstiti: questa mattina saranno accompagnati nella vecchia colonia che li ospitò dopo la fine della seconda guerra mondiale. In programma spettacoli e mostre: un piccolo memoriale è stato allestito nel centro di Selvino. Poi, alle 17, in auditorium, saranno proiettati alcuni documentari inediti su quegli anni. Domani mattina, sempre in auditorium, i bambini di allora porteranno la loro testimonianza, mentre al pomeriggio ci sarà spazio per incontri e performance teatrali. La storia di Sciesopoli e la campagna per salvarne la memoria sono consultabili sul sito www.sciesopoli.com