lunedì 9 maggio 2016
​Rieccolo dunque. Fra tre mesi a Rio de Janeiro ci sarà anche lui. Se non completamente riabilitato, almeno ripulito. Rinato, orgoglioso di esistere nonostante le polemiche. (Alberto Caprotti)
Schwazer, il ritorno di un uomo nuovo
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​Rieccolo dunque. Fra tre mesi a Rio de Janeiro ci sarà anche lui. Se non completamente riabilitato, almeno ripulito. Rinato, orgoglioso di esistere nonostante le polemiche. Che non sono finite, anzi. E con una gran voglia di dimostrare che Alex Schwazer è un uomo nuovo e un atleta che ha sbagliato, ha pagato, e ora può ripartire.Quattro anni dopo l’ultima gara, il marciatore altoatesino domenica è tornato ufficialmente in corsa. E ha vinto, alla grande. Realizzando una prestazione sulla 50 km che gli vale la qualificazione per le prossime Olimpiadi. Un trionfo, una liberazione. Dopo aver scontato tre anni e nove mesi di squalifica, la pena che il Tribunale Antidoping del Coni decise per lui. Fu un dramma, per lui. ma anche per tutto lo sport italiano. Alex Schwazer incarnava l’immagine del bravo ragazzo. Pulito, coraggioso, solare. E vincente, dopo quella fantastica medaglia d’oro conquistata a Pechino 2008 nella 50 km, la gara più massacrante. Invece il 6 agosto 2012, mentre i Giochi di Londra lo aspettavano al bis, venne annunciato che Alex Schwazer era stato trovato positivo all’eritropoietina ricombinante in un controllo antidoping a sorpresa effettuato una settimana prima. Sospeso, escluso, finito. Sono passati quasi quattro anni. E domenica Alex era di nuovo lì. Sperduto ai nastri di partenza del Mondiale a squadre di Roma, confuso tra gli altri marciatori, timido e solitario. In gara invece è tornato il dominatore di un tempo. Ha imposto il suo ritmo, ha vinto senza se e senza ma. Realizzando la seconda prestazione stagionale assoluta sulla distanza.Certo, mancava il recordman francese Yohan Diniz, non c'erano gli spauracchi russi e Jared Tallent, l’australiano che è arrivato alle sue spalle ha lasciato intendere che la sua preparazione punta dritta a difendere il titolo olimpico a Rio. Ma quattro anni dopo l’ultima 50 km, l’azzurro è andato oltre ogni più rosea aspettativa. Merito di una volontà di ferro, di un senso di rivincita finalmente scaricato dalle gambe all’asfalto. E della preziosa, esperta preparazione che un tecnico serio e preparato come Sandro Donati - l’uomo che lo segue come un’ombra in questa delicata operazione di recupero - gli ha regalato.Alla fine baci e abbracci con la nuova fidanzata Katia, i familiari e l’entourage, la dedica a Donati («Una persona importante per me»), e la gioia per una gara «bellissima», con un tifo «incredibile e una squadra fortissima, non me la dimenticherò questa gara». Ma anche una precisazione: «In Italia - ha detto Schwazer ieri - io sono uno dei pochi atleti che ha chiesto scusa per i miei errori. Me la sono voluta, ora cerco di ripartire con nuovi obiettivi». E se il presidente della Iaaf, Sebastian Coe, sogna la radiazione per i dopati, Alex replica così: «Se ci fosse stata, tanti che sono arrivati davanti a me dopo il 2008 sarebbero stati squalificati e io a quel punto non mi sarei dopato». Una cosa gli è chiara: «Tra i moralisti e me, chi ha perso di più col doping sono stato io».A Rio dunque Schwazer ci sarà, con una voglia matta di dimostrare al mondo, ma soprattutto a se stesso, quanto ancora possa dare alla marcia azzurra. Con un cruccio, difficile da cancellare. Sperava di chiudere le polemiche sul suo passato, ma le domande sono sempre quelle e le perplessità restano anche tra gli avversari: «Resta un baro», ha tagliato corto Tallent. La marcia verso la completa riabilitazione è ancora molto lunga.
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