mercoledì 21 gennaio 2009
Berlusconi: «Non ho speso una parola per convincerlo. Ha dimostrato di non guardare solo al denaro, ma di avere principi e valori profondi». Ma il City attacca: «C’era l’accordo con il Milan per 100 milioni, si sono ritirati per le pressioni dei tifosi...». Oggi il brasiliano in campo nel test contro l’Hannover.
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Andata e ritorno dall’Inghil­terra, senza neppure accor­gersene. Neanche il teletra­sporto di Star Trek faceva simili pro­digi; eppure è quello che è successo a Kakà, in meno di una notte, nel più clamoroso affare (mancato) della storia del calcio. Per giorni il Man­chester City lo ha tentato con «un’of­ferta che non si può rifiutare», come diceva Marlon Brando nel “Padrino”. Da Milano hanno risposto con una «messa cantata» allo stadio con co­ri solo per Kakà e una veglia sotto ca­sa per indurre il loro idolo a non get­tare via la maglia. Ebbene, dopo tanto clamore e un ri­fiuto ancor più roboante, Kakà pro­va a tornare alla sua “normale” vita da calciatore del Milan ripartendo in silenzio. Quello che doveva asso­lutamente dire, lo ha spiegato a cal­do lunedì notte, quando si è consu­mato il ribaltone: «Tutti i messaggi che mi arrivavano dicevano di sce­gliere con il cuore, alla fine questa è stata la scelta. Non è assolutamente economica». Anche perché al brasi­liano gentile restano 9,5 milioni net­ti a stagione, mica bruscolini. Un brindisi con la moglie Caroline e l’amico Leonardo, poi una buona dormita. Quindi, ieri pomeriggio, la prima seduta a Milanello della sua seconda vita in rossonero. Lo si è vi­sto solo sul campo di allenamento, sorridente, poi è subito sfuggito al­le telecamere e ai tifosi. Un silenzio che serve a ritrovare la calma, dopo tanta tensione per una scelta che rischiava di cambiargli la vita. Benché la trattativa resti avvol­ta ancora in una nebbia di interro­gativi, Silvio Berlusconi assicura di aver lasciato Kakà «libero di sceglie­re come avevamo fatto con Shev­chenko », protagonista di un doloro­so addio prima di tornare sui propri passi. «D’altra parte un presidente fratello-padre non può fare altri­menti - sottolinea il premier - . Non ho speso una sola parola per spin­gerlo ad accettare. Quelle che ab­biamo speso per trattenerlo hanno fruttato. Ha dimostrato di avere va­lori come l’attaccamento alla ban­diera, e riconoscenza nei confronti di una società che l’ha lanciato». Tra i pareri ascoltati dal brasiliano prima di decidere, c’è stato anche quello di Shevchenko. «Mi ha chie­sto tante cose, da diverso tempo, ma non dico nulla - sorride l’ucraino -. Abbiamo parlato molto in questi giorni e sapevo dall’inizio la sua de­cisione. Le nostre sono situazioni di­verse. Lui ha fatto una scelta di cuo­re, ed è la cosa più bella». È facile capire che, oltre all’inade­guatezza del progetto del City, abbia pesato il calore del popolo rossone­ro. Lettere, in sede e a casa sua, bi­gliettini lasciati sull’auto, per non di­re del presidio sotto casa nelle ore in cui tutto sembrava già perduto. «Ricky è rimasto colpito da tutto questo affetto - racconta Paolo Mal­dini - . Sì c’è stato un momento in cui ho temuto che andasse via. Mio fi­glio quando ha saputo che restava si è messo a piangere dalla gioia». Lacrime, ma di rabbia, piovono an­che da Manchester dove gli emissa­ri dello sceicco Mansour, gran scon­fitto di questa storia, l’hanno presa male. Dal City assicurano che ieri se­ra la trattativa sembrava pratica­mente conclusa, con i contratti tra le società già pronti per essere firmati dopo che il club inglese si era accol­lato anche la percentuale del 5% da girare al San Paolo, club di prove­nienza del brasiliano che ha un “di­ritto di vivaio”. Poi l’affare si è raf­freddato quando Garry Cook, presi­dente esecutivo del City, ha riman­dato a futuri incontri il discorso sui dettagli contrattuali di Kakà, com­presa la cifra di ingaggio oscillante tra i 15 e i 18 milioni all’anno. E qui è arrivato il gol d’autore di Bo­sco Leite (padre di Kakà) che sa il fat­to suo, come ben sanno i dirigenti rossoneri, da cui ha ottenuto 4 ri­tocchi al contratto in 5 anni. Senza le dovute garanzie, al figlio non fa muovere un dito, figurarsi lasciare il Milan. Ed ecco che il patron Berlu­sconi ha potuto annunciare in di­retta da Biscardi che il figliol prodi­go era tornato. Senza aver mai mos­so un piede fuori da casa. Cuore, testa, orgoglio, passione. Og­gi nel test contro l’Hannover il Milan presenta il gioiellino Thiago Silva e lucida la sua stella: Kakà è dei nostri. Il brasiliano Kakà, 26 anni, è arrivato al Milan nell’estate del 2003 dal San Paolo: in questa stagione ha disputato 16 partite di campionato, segnando 7 gol (foto Epa)
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