mercoledì 3 dicembre 2014
​Un'opera eccezionale. I lavori della Metro C, che hanno toccato i 20 metri di profondità, hanno riportato alla luce resti dal VII secolo a.C. al periodo imperiale nella zona di San Giovanni, fino ad oggi poco conosciuta.
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Ogni volta che a Roma si scava la sorpresa è garantita. Quando poi, come nel caso dei lavori per la metropolitana C, si va in profondità talvolta la sorpresa è doppia. In questo caso gli scavi per fermata San Giovanni della metro hanno portato alla luce "il più grande bacino idrico mai ritrovato" che si trova all'interno "di un'azienda agricola della Roma imperiale, la più vicina al centro di Roma che sia mai stata ritrovata". Ad annunciarlo Rossella Rea, responsabile scientifico degli scavi archeologici nel cantiere. Si tratta, precisa Rea, di una vasca "così grande che supera il perimetro del cantiere e non è stato possibile scoprirla interamente". I romani erano dei grandissimi ingegneri anche nell'ambito idraulico. E avevano una passione smodata per l'acqua. Non a caso quando fondavano o conquistavano una città, tra le prime realizzazioni di cui si preoccupavano c'erano sempre le terme. Anche in questo caso la tecnica usata era di livello. Le archeologhe Francesca Montella e Simona Morretta, che con Rossella Rea hanno formato una squadra tutta al femminile, spiegano che la vasca "era foderata di coccio pesto idraulico e, nelle dimensioni oggi note, poteva conservare più di 4 milioni di litri d'acqua. Nel I secolo si aggiunge alle strutture di sollevamento e distribuzione idrica di un impianto agricolo attivo dal III secolo a.C. nell'area dell'attuale via La Spezia e di San Giovanni. Il bacino misurava circa 35 metri per 70, pari a un quarto di ettaro, la superficie di uno iugero. Sembra probabile che la sua funzione principale fosse quella di riserva d'acqua a servizio delle coltivazioni e vasca di compensazione per far fronte alle piene del vicino fiume. Nessun altro bacino rinvenuto nell'agro romano ha dimensioni paragonabili". Si tratta, quindi, del bacino è più grande, infatti, di ogni natatio e peschiera nota. "Oltre le pareti del cantiere - precisa Rea - la vasca si estende verso le Mura, ove probabilmente si conserva, e in direzione di piazzale Appio, nell'area interessata dalla stazione della Linea A ove, invece, è stata sicuramente interecettata e distrutta senza che ne fosse documentata l'esistenza". Le indagini archeologiche hanno inoltre messo in luce le testimonianze della frequentazione antropica fino a oltre 20 metri di profondità, isolando 21 diverse fasi e dettagliando, per ciascuna, gli eventi naturali e i livelli di organizzazione umana. "Le informazioni storiche sul settore di San Giovanni erano molto scarse; del resto, il territorio ha subito trasformazioni tali da nascondere sotto metri di terreno le strutture repubblicane e imperiali esistenti fino alla fine del III secolo, quando la realizzazione delle Mura Aureliane prima, e l'urbanizzazione del XX secolo dopo, portano alla definitiva obliterazione di ogni volume", fa notare Rea. Quindi, grazie ai lavori per la metro si stanno colmando vuoti di conoscenza notevoli. "Lo scavo della nuova stazione metropolitana ha consentito di spingere la ricerca archeologica a profondità non altrimenti raggiungibili. Un'opportunità di ritrovare la storia del territorio e dell'uomo, attivo nell'area dalla fine del VII secolo a. C., quando inizia a occupare le sponde di un corso d'acqua a fondovalle, e percorre con carri un primo tracciato viario in terra battuta".
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