martedì 30 dicembre 2014
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Comincia insieme al 2015 una nuova sessione dell’ormai eterno calciomercato e per il momento bisogna ringraziare Aurelio de Laurentiis, deus-ex-machina del Napoli. Perché è l’unico, al momento, ad avere “comprato” un giocatore, nella cara, vecchia accezione invisa all’Associazione Calciatori. Trattasi di Manolo Gabbiadini, professione attaccante. De Laurentiis ha sborsato qualcosa come 12 milioni di euro equamente destinati a Sampdoria e Juventus, comproprietarie del cartellino del puntero lombardo, e si è portato a casa un giocatore giovane, in piena ascesa, nel giro della Nazionale. Insomma, un’operazione che fino a qualche tempo fa poteva venire definita normale, o comunque non eccezionale, è il rampante che passa da un club medio a un club di alto rango in cambio di un discreto pacchetto di banconote. Invece, al tempo della micragna, al tempo della crisi, l’investimento compiuto dal Napoli - squadra che, vale la pena ricordarlo, salvo sconvolgimenti lotterà al massimo per il terzo posto in classifica - rischia di passare alla piccola grande storia della fiera del pallone. Le bancarelle del calciomercato appaiono un po’ come quelle dei mercati veri a fine giornata: poca merce, quasi sempre la peggiore, gli scarti, liberatecene pure che ve la regaliamo, a noi costa più tenerla che buttarla.  E davanti a queste immaginarie, triste bancarelle, ecco i club italiani, abilissimi ormai nell’obbligata virtù dettata dalla necessità. Fatto fuori il colpo Gabbiadini, l’altro affare (virtuale, sia chiaro) da prima pagina già annunciato urbi et orbi e da formalizzare al prossimo 5 gennaio giorno in cui saranno ufficialmente aperte le liste di trasferimento - è quello concordato tra Atletico Madrid e Milan per lo scambio tra Alessio Cerci e Fernando Torres, nome e cognome da crack, curriculum recente da mani nei capelli. Il tutto rimandando a data da destinarsi qualsivoglia questione economica, io presto a te, tu presti a me, ed ecco la merce che lasci volentieri all’insperato cliente pur di non continuare a portartela appresso. L’ex Torino e il non ancora 30enne “Nino” spa- gnolo, fino a non molto tempo fa terrore dei portieri di tutto il continente, sono due fallimenti allo specchio, due fallimenti freschi, nati solo in estate, all’ultimo giro dell’interminabile gran premio della campagna trasferimenti: la grande differenza è data dallo sforzo economico compiuto dai madrileni per assicurarsi l’esterno italiano, affondato dall’impatto con il grande calcio, a fronte di un’altra mossa, quella del Milan per Torres, anch’essa totalmente scevra dal concetto di acquisto, di soldi in cambio di un cartellino, il prestigioso scarto del Chelsea buono per le ambizioni - o forse solo le strategie mediatiche - di un Diavolo perennemente in apnea economica. Nel giro di pochi mesi, Cerci e Torres si sono trovati entrambi appiccicata l’antipatica etichetta di inservibili alle rispettive cause: è pure quella di soggetti perfetti, tuttavia, per il calciomercato versione 2015, specie per la versione italiana. Perché le avvisaglie di quanto stanno per combinare le illustre consorelle del Milan. La Juventus, si dice, sta facendo dei pensieri su Sneijder, ormai confinato a Istanbul, da dove ha lanciato un’ultima fiammata di gloria un anno fa e proprio ai danni di Madama, estromessa dalla Champions a causa di una sua rete. L’Inter, bruciata proprio su Cerci, sta bussando alle porte d’Europa alla ricerca del prestito buono, possibilmente gratis, senza pericolosi e onerosi obblighi di riscatto che a giugno costeranno sangue per due come Dodò e Medel: l’Arsenal puó mollare l’esperto Podolski, Mourinho è interista nell’animo e a parole, ma bisognerà vedere se sarà nei fatti disposto a concedere il giovane e talentuoso egiziano Salah. Su questi nomi, si proietta l’ombra lunga di Mario Balotelli. Chi l’avrebbe detto: è lui, a nemmeno 25 anni, il principe degli scarti, il frutto rimasto in fondo alla cassetta dopo l’irresistibile discesa di Liverpool. Ed è stato proprio lui, con sempre più frequenti messaggi ai suoi superstiti corrispondenti all’Inter già nel mese di novembre, a chiedere aiuto, a invocare un contatto tra il ds nerazzurro Ausilio e il suo potente manager, Mino Raiola, per cercare un prestito dei Reds, il ritorno a un ovile per cui è e rimane pecorella definitivamente smarrita. Nessun cuore battente bandiera nerazzurra, infatti, ha dimenticato quella maglietta gettata a terra, quasi calpestata in quella notte trionfale col Barcellona. Ecco, Balotelli di nuovo all’Inter sarebbe davvero la chiusura di un circolo ben poco virtuoso: partito a 30 milioni di euro - soldo più, soldo meno - , tornato a zero, svuotato di valore, sostanzialmente buttato via. E ripreso proprio dalla casa madre, lo stesso cammino già compiuto e ratificato dal citato Torres, se ci si fa caso. Ma sarà dura, tuttavia. Cavalli di ritorno, li chiamavano gentilmente una volta: oggi sono i ronzini di una fiera che non fa più sognare.
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