lunedì 28 novembre 2011
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Stelline e animaletti, figure geometriche e ritratti, numeri e paesaggi. Un po’ per gioco, molto per noia, più o meno tutti ci sorprendiamo a scarabocchiare. La relazione del presidente vale un faccino triste, il collega ingombrante si merita una ragnatela d’inchiostro, per lo zio al telefono una cornicetta tutta spigoli, mentre l’amico, insieme ai suoi consigli non richiesti, dovrà difendersi dallo stormo di uccelli in volo nel grigio di un cielo immaginario. Forse davvero per capire chi siamo, bisognerebbe leggere anche il "non detto", che releghiamo ai margini della pagina. Ne sono convinti i ricercatori dell’Università inglese di Nottingham secondo cui quegli schizzi apparentemente astrusi destinati al cestino, andrebbero analizzati e promossi a pieni voti. Con buona pace di amministratori delegati e insegnanti. Secondo l’indagine coordinata da Shaaron Ainsworth gli scarabocchi degli studenti sarebbero un elemento fondamentale dell’educazione scientifica. Esattamente come scrivere, leggere e parlare. Gli scienziati, aggiunge lo studio, per rappresentare idee e nuove conoscenze, più delle parole usano infatti diagrammi, grafici, video e foto. Proprio come tanti allievi, a questo punto ingiustamente accusati di essere distratti. Detto in modo differente scarabocchiare favorirebbe un apprendimento più personale e creativo di concetti altrimenti confinati nel noioso ripetersi di formule. Per i ricercatori di Nottingham quei segni aiutano a rappresentare meglio la scienza, favoriscono l’organizzazione dei dati, possono facilitare lo scambio di idee e il giudizio degli insegnanti. Di più: rendono i ragazzi protagonisti del processo di apprendimento.

A una conclusione simile era arrivato nel 2009 un altro studio, condotto nel reparto di Scienze cognitive del Medical research council dell’Università di Cambridge. Da quella ricerca emergeva in particolare come riempire foglietti di lettere e disegni mentre gli altri parlano, aiuti la concentrazione e aumenti, anche del 30%, la capacità di ricordare quello che si ascolta. Al tempo stesso i tratti spesso incerti impressi sulla carta, gli schizzi appena abbozzati, sono una finestra aperta sul nostro mondo interiore. Ne I disegni dell’inconscio, un agile volume appena riedito da Mondadori, Evi Crotti (fondatrice e direttore della prima scuola di grafologia morettiana) e lo psicoterapeuta Alberto Magni, indicano nello scarabocchio «un modo per lasciare che la propria anima parli, si sfoghi senza censure e liberi il soggetto da sentimenti ed emozioni non sempre adeguati o manifestabili». Ecco allora che disegnare case esprime un bisogno di tranquillità ed armonia con se stessi, mentre le figure geometriche rivelano mentalità razionali desiderose di inquadrare bene i problemi prima di agire. Le frecce sono in genere simbolo di aggressività, di voglia di sfondare, a differenza delle stelle, indizio di una natura idealista che indugia nei sogni a occhi aperti. Attenzione poi a chi riempie gli spazi interni delle lettere: secondo Crotti e Magni annerire le O e la A «serve a colmare il senso di vuoto emotivo che il soggetto vive in quel momento».

Firmare ripetutamente invece, riempiendo i fogli con il proprio nome e cognome «indica il bisogno di rafforzare la propria stima e di confermare innanzitutto a se stessi il senso di appartenenza». Una sorta di piccola ossessione identitaria che non abbandonò mai Ronald Reagan. Anche da presidente degli Stati Uniti l’ex attore continuava a disegnare cowboy e cavalli, memoria di un passato amatissimo e mai dimenticato. Tra i grandi scrittori Balzac “firmava” il lavoro della giornata con eleganti spirali, porta d’ingresso al rilassamento e alla distensione, mentre Nabokov, l’autore di Lolita, riempiva le pagine di farfalle, indizio di un certo rifiuto per i legami.

Se gli schizzi di Manzoni rivelano desiderio di perfezione, sarà facile intravedere nel teschio a tibie incrociate lasciato da Puccini accanto a una partitura, l’ansia esistenziale provata dal grande musicista in quel momento. Perché gli scarabocchi non contengono in sé un giudizio definitivo su chi siamo. Non servono, avvertono gli specialisti, a esplorare la personalità di un individuo, ma a decifrare un aspetto particolare e magari temporaneo del suo universo interiore. A seconda delle situazioni, gli spigoli possono lasciare il posto alla morbidezza di una linea curva e i ragni disegnati oggi verranno magari sostituiti la settimana prossima da un bel fiore. Allegria e sofferenza, tranquillità e nervosismo sono facce della stessa medaglia, sul foglio come nei giorni “veri”. Pennellate, ora a tinte fosche ora più chiare, in quel dipinto d’autore unico e irripetibile che è ciascuna delle nostre vite.

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