giovedì 5 maggio 2016
​La tecnologia sta consegnando l'ambito della scelta dall'uomo a robot e intelligenza artificiale.
Sarà presto la città delle macchine? Parla l'urbanista Cortina
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Albert Cortina, avvocato e urbanista, è docente di Etica ambientale e di Etica applicata all’urbanismo nell’Università Autonoma di Barcellona e nel Politecnico di Catalogna. Tra le sue opere: ¿Humanos o posthumanos? Singularidad tecnológica y mejoramiento humano (Fragmenta Editorial, 2015), Humanidad? Desafíos éticos de las tecnologías emergentes (Eiunsa 2016), Singulares. Ética de las tecnologías emergentes en personas con diversidad funcional (Eiunsa, di prossima uscita). «Ritengo di vitale importanza – scrive Cortina – recuperare una visione antropologica in cui, sulla visione tecnologica e strumentale prevalga quella filosofica-sapienziale e ontologica. Dobbiamo ritrovare un concetto contemplativo dell’essere umano, capace di comprendere la sua dimensione intangibile». «Dopo il transumano c’è già chi prevede di giungere al postumano, ovvero a una specie nuova derivante dalla fusione del biologico col tecnologico» riferisce Albert Cortina, urbanista e docente di etica catalano, autore di diverse opere sull’argomento. «Non se ne parla ancora molto, ma l’evoluzione scientifica, le brame del mercato, le ambizioni militari spingono verso una contaminazione sempre maggiore tra essere umano e tecnica. Al punto che ci si chiede se un giorno il mondo non sarà tutto nelle mani di robot quasi umani, o di uomini robotizzati...».

Andiamo per gradi: come mai un urbanista si interessa di problemi all’apparenza fantascientifici?«La tecnologia da tempo produce automobili autodirette, più sicure di quelle guidate da noi umani. Già ora tutto il traffico urbano ed extraurbano potrebbe essere gestito in via automatica. Lo stesso può dirsi di molteplici altre funzioni: servizi di pulizia e riciclo, sistemi di sicurezza e manutenzione, burocrazia... Computer e robot consentono di automatizzare una quantità crescente di operazioni. Anche quelle chirurgiche: gli interventi sugli occhi si possono svolgere in via automatica, seppure sotto la sorveglianza di medici».Si occupa da molto di questi temi?«Ho incominciato a interessarmene attivamente a conseguenza di un incontro sulle smart city, l’informatizzazione delle città, che si svolse a Poblet nel 2013. Mi resi conto di quante implicazioni contengono i progressi legati all’automazione e con Miguel Angel Serra presi a esplorare il fenomeno, raccogliendo le opinioni di decine di esperti in diversi campi cui abbiamo rivolto una serie sistematica di 250 domande. Le risposte sono confluite nel libro Humanidad infinita. Dove peraltro non giungiamo a conclusioni, ci limitiamo a esplorare il problema, evidenziandone la complessità. Perché le implicazioni dei progressi tecnologici riguardano ogni campo del sapere, e sarebbe interessante riuscire a raccoglierle insieme. Nelle condizioni attuali, in cui ogni specialista si interessa del proprio settore, cerchiamo di ottenere uno sguardo complessivo sul fenomeno, che è rilevante per l’urbanistica, quanto lo è per le scienze biomediche o per l’esplorazione spaziale o per qualsiasi altro campo».Dove si innesta esattamente il discorso transumano nel corso dello sviluppo della tecnologia?«Si pone quando sorge il problema: quanta libertà di azione vogliamo lasciare agli automi e che conseguenze ha questo per l’uomo? Le auto che si guidano da sole implicitamente assumono una responsabilità sinora attribuita all’uomo. Sono più sicure di un autista umano: ma se investissero qualcuno di chi sarebbe la colpa? Si dice, vero o falso che sia, che siano già stati sperimentati alcuni robot militari, anche in situazioni di vero e proprio combattimento sul terreno. In casi come questo il robot ha la “libertà di scegliere” dove sparare: distingue veramente il nemico da un qualsiasi altro soggetto? Su che base decide di bombardare una casa senza sapere esattamente chi vi si trova dentro? Ci sono circostanze in cui già ora avviene un travaso di responsabilità dall’uomo alla macchina. Ma la macchina ha una coscienza? Ha un freno morale?».Sembra però un problema remoto...«Mica tanto. In Giappone, dove non vi sono immigrati, a fare da badanti sono da tempo all’opera robot che non solo aiutano gli anziani a muoversi, ma li accudiscono e dialogano con loro, così che questi non si sentano soli. In tali circostanze, è più “umano” il robot che compie un’opera di bene, oppure il figlio che abbandona l’anziano?».Comunque siamo sempre nell’ambito di strumenti messi in campo dall’uomo.«Sì, ma già vi sono computer in grado di apprendere, quindi sono in grado di migliorarsi. E poi anche di trasmettere le loro conoscenze. Anche questa è operazione che riteniamo eminentemente umana. Tuttavia i problemi maggiori sorgono quando si innesta l’interrelazione col corpo mano. Da tempo vi sono protesi che sostituiscono organi o che migliorano le capacità percettive o le ripristinano. Ma che avviene se si tratta di sostituire parti danneggiate di materia grigia: cosa che non è stata ancora fatta, ma potrà avvenire. Non solo, c’è chi ipotizza di travasare dal cervello umano al computer tutta la conoscenza contenuta nel primo: quando avvenisse questo, l’essere umano sarebbe nel computer o nel corpo biologico, che con gli anni si degrada e subisce malanni? E poi ancora: c’è chi studia come prolungare artificialmente la vita umana, integrandola sempre di più con strumentazioni non deperibili. E chi si chiede quale sia il problema di genere nell’essere transumano o postumano: si ritiene che la riproduzione possa avvenire in modo totalmente strumentale e senza bisogno dell’incontro tra i due sessi».Ne derivano quesiti molto profondi.«Infatti: che cos’è la coscienza? Dove sta? Che cos’è la vita, che cos’è l’animo umano, dove sta l’identità dell’essere se questo diviene sempre più una strumentazione che si presenta come perfetta rispetto all’apparato biologico? Ancora, il mio scopo non è dare risposte, ma agitare i problemi. In realtà le domande esistenziali si sono sempre poste: ma oggi risorgono, e con una forza, un’evidenza e un’urgenza ben maggiore di quanto accadesse in passato. Tuttavia alla fine, sono convinto che malgrado tutte le esagerazioni, la misura e la ragionevolezza prevarranno...».

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