sabato 26 ottobre 2019
Alla Festa di Roma colpisce il documentario di Alessandro Piva sul brutale assassinio di una giovane innamorata della vita e di Dio Il regista: «Faccio parlare la madre e chi la conosceva»
La giovane Santa Scorese, uccisa nel 1191

La giovane Santa Scorese, uccisa nel 1191

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«Dedicato a chi deve sopravvivere». Con questa frase si conclude il documentario di Alessandro Piva, Santa subito, che rievoca l’orribile omicidio di una ventitreenne, Santa Scorese, avvenuto a Bari il 15 marzo 1991. Presentato nella sezione ufficiale della Festa di Roma, il film è prodotto da Fondazione “Con il Sud” e da Fondazione Apulia Film Commission (riunendo dunque pubblico e privato) mediante il bando promosso per raccontare il Sud attraverso i fenomeni sociali che lo caratterizzano. Il racconto, affidato ai ricordi e alle testimonianze dei genitori della vittima, della sorella, degli amici e di coloro che l’hanno conosciuta e frequentata, comincia alla fine degli anni Ottanta. Santa, poco meno di vent’anni, affida al suo diario, come tante altre coetanee, sogni, apprensioni e progetti. Ha tanta voglia di vivere, ma è soprattutto animata da una profonda fede cristiana che la spinge ad assecondare la sua vocazione spirituale, non prima però di aver conseguito la laurea, come già deciso con il padre e la madre. Mentre studia, viaggia, frequenta amici, gioca e canta le canzoni di Renato Zero, Santa impara come consacrarsi a Cristo, si impegna nelle realtà ecclesiali e decide di diventare missionaria. Ma un uomo, incrociato per caso negli ambienti parrocchiali, cacciato dal seminario, affetto da disagio mentale e deciso a perseguitare gente di fede, comincia a seguirla, a farle appostamenti, a inviarle lettere deliranti, ad assalirla. Continuerà a farlo indisturbato per i successivi tre anni nonostante le ripetute denunce di Santa e quelle di suo padre Piero, un poliziotto. Il 15 marzo 1991 tredici coltellate mettono fine alla vita della ragazza mentre la madre Angela la vede morire dal balcone. «Sono giovane, non voglio morire», dice Santa durante una disperata corsa in ospedale, ma l’arteria polmonare è stata recisa e non c’è più nulla da fare. Una morte annunciata dunque, come i tanti femminicidi dei nostri giorni, in una società impreparata ad affrontare i reati di genere e ancora lontana dal definire il reato di stalking.

«Sono venuto a conoscenza della vicenda di Santa Scorese – racconta Piva, a Roma insieme ai produttori, Marco Imperiale e Antonio Parente, alla sorella della ragazza uccisa, Rosa Maria, e a Maria Pia Vigilante, presidente della Onlus Giraffa che si occupa di donne vittime di violenza – nel corso di un evento pubblico al quale era intervenuta proprio Rosa Maria, che nella sua riflessione conclusiva aveva sottolineato come la sorella non fosse l’unica vittima di quella tragedia. L’assassino infatti avrebbe potuto essere messo da tempo nelle condizioni di non nuocere agli altri, a se stesso e alla sua famiglia. Mi colpì la sua forza di guardare in questo modo a una storia così tragica e personale. Ho deciso allora di sottrarmi alla cronaca e raccontare questa storia attraverso le voci di amici e parenti di Santa, chiedendo loro di parlarne come se fosse ancora in vita, tornando agli anni in cui Santa progettava con entusiasmo il proprio futuro. Questa storia è dedicata proprio a chi rimane solo con il suo dolore dopo lo sgomento di un lutto tanto improvviso quanto assurdo. Anche io anni fa ho perso un fratello che un giorno è uscito di casa e non è più tornato. E il film è il mio piccolo personale appello affinché le donne non siano abbandonate quando si ritrovano in balia di una psicosi travestita da amore. Oggi esiste una violenza diffusa che si esprime tutti i giorni attraverso le immagini che vediamo, il linguaggio della politica. Viviamo immersi in una cultura basata sul potere e sulla prepotenza, fisica e verbale. E questi batteri cattivi che si accumulano ci portano a un’aggressività dalla quale siamo ormai sovrastati. In una civiltà come la nostra, schiacciata da questa continua pressione, anche le persone normali diventano capaci di gesti così estremi».

E a proposito del crescendo narrativo del film che si avvicina a quello di un thriller, il regista commenta: «Con questa costruzione ho voluto restituire un forte senso di inquietudine per ricordare che drammi così possono succedere a chiunque. Si scivola lentamente verso la tragedia. Santa ha una personalità molto forte e una gigantesca voglia di vivere. Ne parlo al presente perché è stata capace di rimanere accanto a chi l’ha conosciuta. Quella ragazza è ancora con i genitori, la sorella, gli amici ed è una persona veramente speciale ». Tra le persone intervistate e vicine a Santa ci sono anche alcuni religiosi con i quali condivideva il desiderio di dedicare la propria vita a Cristo. In molte occasioni aveva persino perdonato il suo aggressore e questo «è un capolavoro di Dio». E se Giuseppe Micunco, curatore dei diari della giovane, che raccolgono le lettere della ragazza a Dio, parla di una vocazione nata dal grande innamoramento per Cristo, don Ludovico Rota ha proposto il processo di beatificazione di vittima raccogliendo 111 testimonianze. Quello di Santa sarebbe insomma non un semplice femminicidio, ma un vero e proprio martirio, perché l’omicidio è stato commesso in odio della fede. «Ho lavorato molto sull’idea di perdono – ha poi detto Maria Rosa Scorese – e non è stato facile maturare questa visione sulla tragedia che con la mia famiglia ho vissuto. Sono stata molto felice di mettermi a disposizione del film che avrebbe guardato alla storia con grande sensibilità». «Il cinema può essere un veicolo importante per un mutamento culturale – ha concluso la Vigilante – per fare in modo che una donna non venga uccisa ogni 72 ore. Grazie al cinema possiamo entrare anche nelle scuole, fare prevenzione e lavorare sulla parità dei generi ».La giovane Santa Scorese, assassinata in odio alla fede con tredici coltellate nel 1991 a soli 23 anni da un uomo con disturbi psichici che la insidiava

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