mercoledì 4 dicembre 2013
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Sarà finita per il 2026. L’impegno è sottoscritto da Jordi Faulí, l’architetto che da poco ha sostituito Jordi Bonet i Armengol alla direzione del cantiere della Sagrada Familia ed è accompagnato da un video disponibile in Youtube, dove grazie all’animazione grafica si vede il complesso architettonico crescere fino al completamento, da una prospettiva aerea: salgono le torri della facciata della «Gloria», l’ultima delle tre che dev’essere ancora portata a termine, e infine si ergono brano a brano anche quelle, ancora più alte, che troneggeranno sopra la copertura, proprio sulla zona santuariale, a rappresentare la Vergine e, al centro, quella altissima (170 metri) che sarà simbolo di Gesù. Ovunque ogni porzione, ogni elemento, ogni centimetro quadrato del maestoso edificio è stato concepito da Antoni Gaudí, il geniale architetto che ha conformato questo immenso tempio cristiano come denso di significato. Come una voce che attivamente partecipa al coro variato e altisonante, armonico e squillante di questa immensa opera che è diventata il simbolo di Barcellona.L’animazione grafica diffusa nel Web ha rinfocolato le attese: recentemente il Daily Mail britannico ha dedicato un ampio servizio in cui riprendeva le immagini di come sarà lo skyline di Barcellona a opera finita. Del resto non c’è visitatore che, contemplando le complesse guglie traforate che dominano il panorama della capitale catalana, non chieda quando si potranno togliere le impalcature e le agili gru che sempre compaiono accanto alle torri, ai muri, alle facciate: strutture ausiliarie che accompagnano il profilo della Sagrada Familia sin da quando Gaudí nel 1883 rilevò il cantiere dalle mani di Francisco del Villar, che aveva cominciato a costruirla l’anno precedente.Com’è noto, del Villar aveva realizzato parte della cripta e formulato un progetto per il tempio superiore, e Gaudí completò la prima ma abbandonò il progetto del secondo per dedicarsi, anima e corpo a un’opera che voleva totalmente nuova. Che si ponesse come un punto fermo nella storia dell’architettura: non solo, nella storia di un popolo, riprendendo antiche metodologie costruttive e facendosi portatore dell’impulso che è all’origine dell’impresa, quello dell’Associazione dei Devoti di San Giuseppe, costituita nel 1874 da industriali e commercianti di Barcellona colpiti dagli effetti dell’economia capitalistica che si andava sviluppando: da un lato grandi ricchezze, dall’altro povertà dei lavoranti sfruttati.Dalla coscienza di questo conflitto intrinseco alla logica del libero mercato sorse la scelta di gettare del basi di un «tempio espiatorio». Col principale animatore dell’opera, il libraio Josep Maria Bocabella, Gaudí si trovò in piena sintonia e ne assunse lo spirito nel proprio universo, dove la fantasia si unisce allo studio della natura per dar corpo a strutture totalmente nuove, non inquadrabili in alcuno stile; forse non totalmente estranee al modernismo dell’epoca ma decisamente lontane dal gotico, cui pure molti tendono ad associarle guardandole in modo superficiale.L’anno 2026, entro il quale si vorrebbe portare a termine l’opera, sarà il primo centenario della morte di Gaudí, che fu chiamato «architetto di Dio» da chi lo vedeva lavorare giorno e notte nel cantiere che divenne la sua casa, coperto da vesti povere, avendo dato tutto quel che aveva per contribuire a finanziare il cantiere stesso. Gli attribuivano un’aura di santità quando ancora era in vita, più o meno come accadde all’Angelico, che fu chiamato Beato dai suoi contemporanei, anche se fu ufficialmente beatificato solo da Giovanni Paolo II nel 1982, 427 anni dopo la sua scomparsa. Forse lo stesso potrebbe accadere a Gaudí, per il quale da tempo è in istruttoria il processo di beatificazione, proprio per via di quel che rappresenta la sua opera per il grande tempio di Barcellona.Al proposito del quale è bene chiarire che, a parte il valore simbolico che potrebbe avere il completamento della torre principale nel 2026 e a parte l’aspettativa nutrita dai visitatori che affluiscono a milioni ogni anno, è un’opera che in effetti non sarà mai "finita": come mai si potrà dire finito il Duomo di Milano o la basilica di Notre-Dame a Parigi o qualsiasi altra cattedrale dell’epoca in cui queste esprimevano l’anima di un popolo. E anche la Sagrada Familia è, in effetti, una cattedrale pur senza cattedra, in quanto espressione non solo del genio di  Gaudí, ma anche e prima di tutto delle aspirazioni del popolo che l’ha voluta e che in essa si riconosce.Oggi, nell’epoca della globalizzazione delle comunicazioni, chiunque e ovunque si trovi può sentirsi partecipe a quest’opera: la Sagrada Familia nel mondo dei grattacieli è l’unica chiesa che è assurta a simbolo universale della tensione cristiana verso l’armonia tra terra e cielo, anche grazie al fatto che essa è in costruzione, e non è finita. Contiamo quindi che le tante date che ne costellano la vita e l’evoluzione non siano mai chiuse in un passato cristallizzato nella parola "fine". E che continui a crescere con il messaggio di un’umanità nuova, nel mondo della tecnica. Perché sotto la veste che appare antica, la Sagrada Famliia contiene soluzioni tecnologiche nuovissime, futuristiche. Su questo connubio tra arte e tecnologia si fondava Gaudí. Anche per questo resterà nella storia come esempio ineguagliato di genialità progettuale, oltre che di devozione personale.
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