mercoledì 21 maggio 2014
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Imprevedibile, è questo l’aggettivo adatto per definire un Giro d’Italia che riserva sorprese dietro ogni curva. La corsa si appisola quando ci si aspetta battaglia e si accende quando è logico attendersi una pausa. Come nella tappa di Savona, la numero 11, quando era previsto un giorno di “riposo attivo”, con la classica fuga da lontano che addormenta la corsa e con gli uomini di classifica che pedalano tranquilli, con le gambe e i pensieri già proiettati alla crono di oggi che darà, finalmente, il via al Giro. Invece, all’improvviso diventa una frazione esplosiva. E anche strana, perché nessuno riesce a fare il vuoto in salita, poi arriva uno - l’australiano Rogers - che stacca tutti in discesa e arriva solo soletto al traguardo. L’ennesimo “canguro” che lascia la sua orma in questo Giro dell’altro mondo. E a poco può consolare che vive in Italia e sia sposato con un’italiana, mentre la maglia rosa Cadel Evans, con la moglie italiana, da qualche anno ha oltrepassato di qualche chilometro il confine italiano per stabilirsi nella meno esosa – dal punto di vista fiscale - Svizzera. “Di doman non c'è certezza”, scriveva Lorenzo de' Medici e i corridori sottoscrivono. È difficile pianificare il futuro quando le cadute fanno più vittime dello Zoncolan e a fine tappa si conteggiano più le ferite che i distacchi. Anche la classifica è stata modellata dalle ammucchiate sull’asfalto che hanno pure estromesso uno dei grandi favoriti per la vittoria finale (Rodriguez). E sono proprio le cadute l’unico elemento di continuità di questo Giro, l’unica certezza. Fra quelli che si sono attardati a leccarsi le ferite oggi c’era anche Diego Ulissi, il giovane corridore toscano pensava di ampliare le vittorie di tappa (due) invece ha solo ingrossato le fila dei tanti acciaccati, in bilico fra il desiderio di proseguire e la ragione che imporrebbe il ritiro, come Michele Scarponi, Diego Rosa e tanti altri che faticano a pedalare, frenati da vistose fasciature. Chi corre in bici è abituato a convivere con fatica e dolore, ma in questo atteggiamento stoico c’è qualcosa di eroico. È l’umanità del ciclismo che trapela da ogni pedalata. Ma quella delle cadute sta diventando una vera emergenza e le cause non sono certo un mistero: dai materiali - che rendono difficoltosa la frenata e il controllo della bici - alle gomme troppo gonfie, dalle radioline che gracchiano nelle orecchie - impedendo di sentire i pericoli del gruppo - alla frenesia di stare tutti nelle prime posizioni. Le cause, dunque, sono all’interno del gruppo ed è il gruppo che dovrà trovare le soluzioni, gli anticorpi per evitare di farsi del male. E non dovrà nemmeno aspettare troppo tempo. La prossima giornata di riposo potrebbe essere l’occasione buona per riunirsi e discuterne tutti insieme.
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