mercoledì 5 agosto 2015
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«Sempre più anche in Giappone tendiamo a considerare chi è in disaccordo con noi come nemico e vogliamo sconfiggerlo con ogni mezzo. Ignorando volutamente che proprio la volontà di vittoria è ciò che creato le armi nucleari e, oggi, ci tiene lontano dalla soluzione o addirittura ci spinge verso la Terza guerra mondiale, già avviata».A segnalare la posizione del pacifismo giapponese, a distanza di 70 anni dalle bombe di Hiroshima e Nagasaki e in un clima di rinnovato nazionalismo, è Steven Leeper, pacifista e antinuclearista. Primo non-giapponese a guidare la Fondazione per la Cultura della Pace di Hiroshima, lo statunitense Leeper e oggi docente all’università della prima città-martire dell’atomica, dove la bomba provocò complessivamente 150mila vittime. Quali emozioni suscita nei giapponesi, unici nella storia ad avere subito un bombardamento atomico, il 70° anniversario dell’olocausto di Hiroshima e Nagasaki (6 e 9 agosto 1945)?«Come la maggior parte delle nazioni e il mondo in questi tempi, il Giappone va polarizzandosi o, piuttosto, multipolarizzandosi. Ne conseguono anche visioni diverse sull’olocausto e sulle conseguenze che continuano tutt’oggi. Il revisionismo ufficiale, mentre spinge a sottovalutare il ruolo giapponese nel conflitto in Asia-Pacifico, minimizza anche gli effetti che la guerra ha avuto sulla nazione, incluse le ragioni dei bombardamenti atomici e le conseguenze per la popolazione. A Hiroshima prendiamo ovviamente sul serio l’anniversario. La popolazione ritiene l’uso dell’atomica sulle due città una tragedia terribile e inumana, che dobbiamo ricordare per evitare che si ripeta».Qual è la percezione che i giapponesi d’oggi hanno dell’olocausto nucleare e come questo influisce sulle loro vite?«In maggioranza, nonostante quello che ci si potrebbe aspettare, i giapponesi non odiano gli Stati Uniti che sganciarono su di loro le prime e uniche atomiche sperimentate su una vasta popolazione civile. Vogliono la riconciliazione e la promozione di dialogo e negoziati che risolvano i conflitti. Credono che le armi atomiche debbano essere abolite e usano gli esempi di Hiroshima e Nagasaki per sostenere la loro causa.D’altra parte non manca chi - pure a Hiroshima - crede che il Giappone debba dotarsi di armi nucleari  e prepararsi a utilizzarle per difendersi da potenziali nemici, come Cina e Corea del Nord. Per essi, i bombardamenti sono stati terribili e la guerra un inferno che è però una soluzione migliore rispetto a manifestare debolezza davanti al nemico. Ritengono che il Giappone debba avere un ruolo di potenza che gli spetta di diritto.Un terzo gruppo, giovani soprattutto, semplicemente ignora il problema. Per essi le armi atomiche sono storia e l’impegno per la pace è irrilevante. Quello che vogliono sono un lavoro e una vita felice per se stessi e per i loro figli, rifiutano l’impegno e cercano solo il benessere».Come si situa la ricorrenza di quest’anno, nel contesto del nazionalismo crescente e dell’emergenza energetica innescata dalla crisi della centrale di Fukushima-1 con lo tsunami dell’11 marzo 2011?«La stessa polarizzazione che riscontro per la memoria dell’atomica, si evidenzia riguardo la vicenda di Fukushima e l’uso dell’energia nucleare. In generale, i pacifisti sono contrari al ripristino delle centrali (chiuse nella loro totalità dopo il blocco dei reattori di Fukushima), mentre gente della destra, nazionalisti e molti imprenditori (soprattutto quelli connessi all’industria nucleare) vogliono la riaccensione dei reattori per aumentare l’autosufficienza energetica e abbassare il costo dell’elettricità. Una posizione contestata dalle popolazioni locali ma che sta risultando vincente. Molti altri, tuttavia, forse la maggioranza, non sanno che cosa pensare riguardo l’energia nucleare e lasciano la questione agli esperti e al governo».Come l’attivismo antinuclearista e pacifista in Giappone può agire in una nazione che sembra ansiosa di dimenticare quegli eventi e le loro conseguenze?«Io, come me molti altri, considero il potere nucleare (meglio, l’energia che ne deriva) una minaccia diretta  alla vita umana su questo pianeta. Comunque, il problema più grande a cui ci troviamo davanti è una patetica incompetenza a risolvere pacificamente i conflitti. I favorevoli e contrari al nucleare, sia quello di uso bellico, sia civile, sono così avversi gli uni agli altri che non possono nemmeno entrare nella stessa stanza per cercare la verità e risolvere i problemi. Non sanno come farlo, non lo credono nemmeno possibile. Piuttosto che discutere i nostri conflitti con l’obiettivo di arrivare a una soluzione condivisa, ci focalizziamo sulla vittoria. Cerchiamo di eleggere politici che facciano quello che vogliamo e se non ci riusciamo, protestiamo, manifestiamo e operiamo per rendere impossibile agli altri di imporci la loro visione. Così facendo, alla fine impedendo a noi e a loro di arrivare a un qualche compromesso».
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