venerdì 19 luglio 2013
​Decine di episodi di discriminazione nel calcio giovanile. Record di multe per razzismo tra i professionisti.
COMMENTA E CONDIVIDI
La diversità. La pelle nera come la mia attira maggiormente l’attenzione. Penso a Mario Balotelli. Ma vale per tutte le diversità...». Così si è espressa il ministro dell’Integrazione Cècile Kienge all’indomani del linciaggio verbale subito per bocca del vicepresidente del Senato Roberto Calderoli. La Kienge chiama in causa Balotelli, diventato il simbolo oltre che il bersaglio mobile del becero razzismo da stadio.Ma la piaga della discriminazione per il diverso colore della pelle si allarga partendo dal basso: dal calcio giovanile, quello dilettantistico che un tempo si sarebbe detto degli “amateur”. Decine di episodi di razzismo ogni stagione che per il fatto che si verificano lontano dai riflettori del grande calcio spesso si leggono soltanto nei referti arbitrali. Così scopriamo che due settimane dopo il “fattaccio Boateng” (insulti razzisti da parte di un gruppo di tifosi della Pro Patria nell’amichevole con il Milan) a Sant’Elia Fiume Rapido (Frosinone) Thair Mounassir ha emulato il centrocampista rossonero lasciando il campo in lacrime. Thair, 17enne difensore di origine marocchina, non ne poteva più di sentirsi insultare da alcuni avversari - suoi coetanei - del Pontecorvo: così si è tolto la maglia e umiliato e furente è rientrato anticipatamente negli spogliatoi. Thair ha poi ricevuto attestati di solidarietà da parte del sindaco di Pontecorvo, Michele Notaro («Hanno offeso la dignità di un giovanissimo sportivo», ha detto il primo cittadino) e dell’allora ministro della Cooperazione Andrea Riccardi. «Io ormai alle offese razziste mi sono tristemente abituato, ma non potrei mai abbandonare il campo come hanno fatto i giocatori del Milan, altrimenti verrei ridicolizzato», ha confessato Carlo Shofolahan, 25enne calciatore del Pineto - Eccellenza abruzzese - origini nigeriane che vive in Italia da quando aveva 6 anni. «Ringrazio gli arbitri che si dimostrano sempre sensibili in campo», sottolinea Shofolahan. Ma non tutti gli arbitri hanno le antenne alzate e la stessa sensibilità di quelli che ha incontrato il ragazzo del Pineto. E anche i direttori di gara quando hanno la pelle scura non vengono risparmiati dai tifosi sugli spalti e dagli stessi protagonisti in campo. A Colano Santa Lucia (Prato) un 15enne centrocampista ha offeso l’arbitro con un epiteto a chiaro sfondo razzista e nella circostanza veniva supportato anche dai guardalinee, dei dirigenti della squadra di casa. Risultato? Cinquecento euro di multa per il Colano Santa Lucia. A 550 euro è ammontata invece la multa comminata alla formazione dell’Albinia, squadra dilettantistica toscana, per colpa dei “soliti genitori” che se la prendevano con i sette ragazzi stranieri dell’Amiata. Si tratta di giovani turchi, marocchini, albanesi. Alcuni di loro fanno parte di quei 700mila figli di immigrati nati in Italia, ma che fino a a 18 anni, per legge, non possono ottenere la cittadinanza del nostro Paese. Nell’attesa, l’ignoranza che si fa “branco” di Curva se la prende sempre con i potenziali black-italians. Non era la prima volta infatti, prima dei cori razzisti di alcuni ultrà del Seregno, che Isoken Guobadia, calciatore di origini nigeriane del Voghera, veniva provocato e apostrofato con i poco fantasiosi e scimmieschi «buu-buu». Il Seregno la bravata dei suoi pseudifosi l’ha pagata con una multa (2mila euro) e una partita da disputare a porte chiuse. Sette giorni dopo la “rivincita” sulla sparuta minoranza razzista: i calciatori del Seregno sono scesi in campo accompagnati dai ragazzini di colore della scuola calcio in segno di solidarietà per Guobadia. Gesti simbolici, ma importanti. Gestaccio da dimenticare invece quello di un 17enne del Thermal Abano che durante la partita di Eccellenza veneta contro il Vigasio segna un gol e corre sotto la tribuna facendo il “saluto romano” alla Di Canio, anzi alla Georgos Katidis (nuovo n.10 greco del Novara). Il presidente del Thermal ha stigmatizzato l’accaduto: «È andato a salutare i fratelli, sono fatti così, un po’ folcloristici...È un gesto senza alcun significato». Il ragazzino lo smentisce: «L’avevo promesso a mio fratello, il suo pensiero è vicino a quelle idee politiche, mi aveva chiesto di farlo e quando ho segnato ho esultato così». Katidis si è pentito per quel “saluto romano” compiuto il 16 marzo del 2013, al punto che si è tatuato quella data sul polpaccio sotto alla scritta: «Il mio errore». Non è pentito per l’esultanza di “legittima difesa” Yassin Belkaid. Dopo aver segnato il gol dell’ex alla Cagliese il centrocampista marocchino della Forsempronese (Eccellenza marchigiana) è andato ad esultare sotto il settore dal quale aveva ricevuto ripetuti cori razzisti. Belkaid con il “dito sotto il naso” voleva zittire i suoi detrattori, ma ha provocato una reazione ancora più violenta e per lui non sono mancate le critiche.«Alla fine mi hanno voluto far passare per colpevole... Nella mia carriera mi è capitato altre volte di essere bersagliato da insulti razzisti, ma è inaccettabile che nel 2013 accadano ancora certi episodi provocati da gente “povera” che vuole offenderti solo per il diverso colore della pelle». Un campione del mondo come il francese Lilian Thuram, nei suoi seminari scolastici sull’antirazzismo ricorda sempre il personaggio di Radici di Alex Haley, il quale indicando il cielo al suo fratello di colore gli diceva: «Guarda, soltanto lui è più grande di te».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: