martedì 25 febbraio 2020
Per il quinto centenario della morte si apre al pubblico dal 5 marzo la più grande mostra mai realizzata sul genio di Urbino con 120 dipinti, arazzi e disegni dai musei di tutto il mondo
Raffaello al Quirinale: l'arte, i Papi e la straordinaria parabola di un mito
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Era il 6 aprile 1520. Venerdì Santo. Dopo 15 giorni di «febbre acuta» attribuita a «disordinati diletti carnali » e inutilmente curata con salassi, Raffaello Sanzio muore a Roma a 37 anni. Sono informazioni che vengono da Vasari, che ci racconta come nella visitatissima camera ardente venne collocata La trasfigurazione l’ultima sua opera che stava concludendo, e «nel vedere il corpo morto e quella viva, faceva scoppiare l’anima di dolore a ognuno che quivi guardava». Parole che ben si intonano alle cronache dell’epoca che descrivono con enfasi l’impatto della morte del giovane, famosissimo e ammiratissimo Raffaello sulla corte papale e sul popolo romano. Consapevole di tanta fama lo stesso Urbinate aveva lasciato scritto di voler essere sepolto nel Pantheon. È da qui che, con singolare scelta, inizia il percorso della mostra “Raffaello 1520-1473” che si apre il 5 marzo alle Scuderie del Quirinale (fino al 2 giugno): la più grande iniziativa internazionale per il cinquecentenario della morte di Raffaello Sanzio. Prima tappa del percorso è la riproduzione a grandezza naturale della sepoltura al Pantheon, che in cinque secoli di storia è probabilmente stata ed è la più celebre e visitata tomba di artista al mondo. In questo modo la straordinaria bravura e l’incredibile carriera del maestro sono rappresentate da quell’epitaffio in latino che può ben esserne introduzione e sintesi: «Qui giace quel Raffaello di cui la natura, mentre era vivo, ebbe timore d’esserne vinta e, mentre moriva, di morire con lui». E nei fatti, come è stato ben spiegato ieri a Roma nella sede del Mibact, dai curatori (Marzia Faietti e Matteo Lanfranconi) e organizzatori dell’iniziativa (fra i quali Eike Schmidt, direttore degli Uffizi, e Mario De Simoni presidente di Ales-Scuderie del Quirinale) in occasione della conferenza stampa di presentazione, la grande esposizione si configura come una celebrazione sia dell’arte di Raffaello che del suo mito. Non a caso dopo la riproduzione della tomba si possono ammirare alcuni dei suoi ultimi progetti, chiari testimoni della straordinaria fama che Raffaello aveva in vita, come la lettera a Leone X scritta con Baldassarre Castiglione in seguito all’incarico avuto dal Papa di redigere una pianta della Roma imperiale (gli era anche stata affidata la catalogazione dei marmi antichi) il cui testo risulta essere una vera e propria dichiarazione tecnico-programmatica oltre che di ammirazione per l’arte classica. Lettera che in mostra è affiancata da una ricostruzione della Pianta di Roma antica che Raffaello e Castiglione avevano lasciato incompiuta.

Fra le ricostruzioni spicca, nella sezione architettonica, quella in 3D della facciata del perduto Palazzo Branconio, da lui progettato a Roma. Nel complesso la mostra propone 204 opere di cui 84 sono di confronto e di contesto e 120 sono dipinti, arazzi e disegni di Raffaello. Mai prima d’ora, come hanno spiegato Schmidt e De Simoni sono state messi tutti insieme così tanti capolavori dell’artista, provenienti da musei di tutto il mondo, in particolare dagli Uffizi, dai Musei Vaticani, dal Louvre, dal Metropolitan di New York, dal Prado, dalla National Gallery of art di Washington, dal British, dalla Galleria Borghese, dalla Pinacoteca Nazionale di Bologna e via dicendo. Dipinti come La Velata, la Madonna della rosa, l’Autoritratto, l’Autoritratto con amico, la pala di Santa Cecilia, la Madonna d’Alba, la Fornarina il Sogno del cavaliere, Il sacrificio di Lystra. Per la prima volta vicini i ritratti di Giulio II( conservato alla National Gallery di Londra) e di Leone X tra i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi, conservato agli Uffici ed esposto dopo tre anni di restauro all’Opificio delle pietre dure che lo ha riportato ai colori originari. Due opere che testimoniano la fama di Raffaello e la forza della sua committenza. © RIPRODUZIONE RISERVATA ROMA P

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