sabato 7 marzo 2015
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Il cammino della memoria sulla Grande Guerra va avanti anche su uno dei capitoli più oscuri, tragici e poco investigati: quello dei fucilati. Il tema delle esecuzioni sommarie, sollevato da un’inchiesta di Avvenire (si calcola che i militari morti per mano di altri militari italiani siano oltre mille) entra a pieno titolo nella pianificazione del centenario.Il Comitato tecnico-scientifico per la promozione di iniziative di studio e ricerca sul "fattore umano" nella Grande Guerra, nato a novembre proprio a seguito di quell’inchiesta e presieduto dall’ex ministro Arturo Parisi, ha ultimato il lavoro "istruttorio" e ha riferito al ministro della Difesa Roberta Pinotti le prime conclusioni. Storie di uomini, vite recise e mimetizzate per troppo tempo nei numeri abnormi della carneficina della Grande Guerra: 651mila vittime militari, poco meno quelle civili, per un totale di un milione e 420mila morti pari al 3,5% della popolazione italiana.La commissione ha il compito di guardarci dentro, studiando l’ampiezza e la profondità della "dimensione umana" del conflitto nei suoi molteplici aspetti. «Anche se ora – ha precisato Parisi – bisogna evitare l’errore inverso: assoluzioni sommarie a riparazione delle esecuzioni sommarie di un secolo fa». Un lavoro certosino, quindi, per intervenire – fin dove possibile, a 100 anni di distanza – con iniziative a tema. La commissione ha concluso una ricognizione di quelle già programmate o in fase di programmazione da parte del Comitato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e coordinato dall’ex presidente del Senato Franco Marini. Uno studio comparato: la commissione ha anche esaminato le iniziative legislative e di studio promosse dai principali Paesi coinvolti nel conflitto: Francia, Regno Unito, Germania. Il ministro Pinotti ha condiviso le indicazioni emerse ed ha assicurato l’impegno del dicastero per portare a compimento il lavoro nella direzione indicata.Fra i temi della "dimensione umana" affrontati nella commissione e consegnati a Marini perché vengano valutati e inseriti nel novero delle iniziative in programma un posto di riguardo l’hanno avuto i fucilati. «La tematica mi è stata esposta con grande serietà di argomentazioni da Parisi, ad essa dedicheremo la massima attenzione nell’ambito del programma che stiamo mettendo a punto», assicura Marini. Prenderà quindi forma a breve un’iniziativa specifica a cura del Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto e dalla Società italiana di Storia contemporanea presieduta Agostino Giovagnoli.Caporetto, sinonimo di disfatta, storie di diserzioni e fucilazioni "esemplari". Pagina poco gloriosa, e anche per questo poco approfondita. «Ma non c’è solo quello, nel "fattore umano" che andremo ad approfondire – spiega Giovagnoli –. Sono tanti i vuoti da colmare in questa storia tragica, piena di esecuzioni ingiuste, esemplari (uno ogni dieci) o affrettate. Nella quale si nascondono anche vicende eroiche, da portare alla luce, per una giusta riabilitazione».Un lavoro che non parte da zero. Lo storico Alberto Monticone è stato il primo, con Enzo Forcella, a mettere mano al capitolo delle esecuzioni sommarie compulsando i verbali dei Tribunali militari: «La disponibilità del comitato celebrativo ad approfondire le storie umane e nel loro ambito le ingiuste fucilazioni è una bella notizia. È arrivato il momento che l’Italia faccia finalmente i conti con questa vicenda. Nelle 1.787 condanne a morte emesse per diserzione o passaggio al nemico, una sola risulta davvero corroborata da prove», ricorda. Non mancano invece casi di presunta insubordinazione per gesti ritenuti di sfida in quel clima terribile, come nel caso di Alessandro Ruffini, militare fucilato nei pressi di Noventa Padovana perché Andrea Graziani, tristemente noto come il «generale delle fucilazioni», incrociò il suo sguardo mentre aveva la pipa in bocca. Tante storie minori su cui fare chiarezza. La presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, ha chiesto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella un intervento affinché possa essere formalmente restituito l’onore alla memoria di quattro alpini fucilati: Basilio Matiz e Gaetano Silvio Ortis di Paluzza, Giovanni Battista Coradazzi di Forni di Sopra e Angelo Primo Massaro di Maniago. L’appello è giunto al Quirinale con 3.700 firme, raccolte dal Messaggero Veneto, per riabilitare i quattro giovani militari friulani fucilati nel luglio 1916 per insubordinazione a Cercivento, dopo che pochi giorni prima la loro compagnia si era rifiutata di portare l’ennesimo assalto alla cima est della Creta di Collinetta. Ottanta alpini furono accusati del reato di rivolta e con processo sommario i quattro vennero passati per le armi da mano amica. «Un episodio – spiega Debora Serracchiani – che, sebbene poco conosciuto dal grande pubblico, è entrato nella coscienza delle popolazioni locali e rappresenta una ferita per quella che viene ritenuta un’inutile strage». E non è la sola.
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