giovedì 8 marzo 2012
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​Una scatola di latta con quattro ruote che puzza, inquina, e quando va forte spesso uccide pure... Se la definizione di automobile fosse questa, la “civiltà dell’auto” sarebbe finita da tempo. C’è dell’altro, per fortuna. C’è soprattutto la visuale di chi non la considera solo un inevitabile mezzo di trasporto. E sono in tanti, altrimenti non si capirebbe perché, pur in un mercato profondamente in crisi, esistano ancora circa 5100 modelli diversi di vetture nuove in listino tra cui scegliere. Esiste soprattutto la parola “passione”, quella che fin da bambini faceva spalancare gli occhi di chi sperava di veder passare una Ferrari, una Porsche, una Lamborghini. O aspettava di ascoltare un rombo che voleva dire emozione, follia, desiderio. Oggi, chi possiede una supercar non suscita più invidia ma rabbia o sospetto, perché la logica perversa di questi tempi lo identifica quasi automaticamente come un evasore fiscale. Triste e ingiusto, ma questo è un altro discorso. La passione per fortuna esiste e resiste. E lo testimoniano le migliaia di persone iscritte ai club automobilistici delle varie marche, che partecipano ai raduni e inorridiscono pensando che qualcuno vorrebbe parificare a un frigorifero o a una lavatrice la vettura che guidano con tanto amore. L’automobile invece è ancora forma, design, emozione, ingegneria pura. E soprattutto, per molti, piacere di guidare. Un sogno difficile, caro, bistrattato, e inseguito da balzelli vergognosi. E da falsità spacciate per verità. Quelle su consumi, inquinamento e morti sulle strade, sono le più clamorose, alimentate dalla fronda ecologista di chi non vuol riconoscere gli enormi progressi compiuti dai costruttori. Così, ad esempio, può essere istruttivo sapere che in base a una ricerca dell’Università del Michigan di fine 2011 su tutte le auto in commercio, il consumo medio di una vettura odierna è di 10,9 litri per 100 km. Nel 2008 era 12,5. In soli tre anni dunque la tecnologia ha consentito un risparmio medio di carburante del 14%. Pochi inoltre ricordano che studi attendibili hanno dimostrato che l’automobile pesa solo per il 12% sulle emissioni nocive nell’ambiente in Europa e solo per il 5% a livello mondiale. Investendo miliardi di euro su questo problema – al contrario di chi ha continuato a ignorarlo – tutte le case costruttrici hanno fatto la loro parte e continuano a farla, se si pensa che un’auto immatricolata nel 2007 inquina cento volte meno di una prodotta negli anni ’70. Tecnologia, ricerca, aumento esponenziale della comodità al volante e soprattutto della sicurezza. Anche sui modelli più economici che, oggi, sanno frenare da soli in caso di pericolo e hanno ridotto al minimo la possibilità di incidenti gravi. I dati dei primi due mesi di quest’anno, rispetto allo stesso periodo del 2011, parlano di -11,5% incidenti, -22,7% di vittime e -14,5% di feriti sulle strade italiane. Una tendenza che si registra anche confrontando i dati complessivi del 2011 con quelli dell’anno precedente: nel 2011 Polizia Stradale e Carabinieri hanno rilevato 95.317 incidenti, pari all’8,7% in meno rispetto al 2010, con 2.185 morti (- 10,6%) e 69.519 feriti (meno 7,9%). Questa è l’auto oggi. Sinonimo di progresso mille volte di più che in ogni altro settore industriale. E decisa a investire tutto su un’era energetica che esca dalla dipendenza dal petrolio ed entri in quella delle fonti rinnovabili. Non è un’utopia. L’elettricità verde, prodotta in tempi brevi da sole, vento, idroelettrico ed altre fonti rigenerabili, è secondo tutte le analisi di mercato il vero sogno di chi pensa all’acquisto di un’auto elettrica. L’ultima, definita sfida della mobilità su quattro ruote. Sempre che qualcuno, raccontando verità e dati corretti, abbia ancora voglia di riconoscere all’automobile un’identità e un diritto ad esistere che passione, storia e tradizione le dovrebbero attribuire comunque. Almeno per riconoscenza.
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