giovedì 17 dicembre 2020
Chi non l'ha usata e la usa per scrivere, disegnare, inventare? Un volume racconta i 100 anni di Fila. E le storie di tutti noi, piccoli e grandi, cresciuti temperando, anche nell’era digitale
Una pubblicità degli anni 50

Una pubblicità degli anni 50 - Archivio storico F.I.L.A. –Fabbrica Italiana Lapis ed Affini

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La matita. «Il prolungamento della mano, un sismografo delle emozioni », secondo l’architetto Mario Botta. Uno «strumento per mostrare le immagini del pensiero», per Bruno Munari che si muoveva sulla pagina «con una straordinaria leggerezza e rapidità » come se «tracciasse nel vuoto la danza delle api» (parola di Umberto Eco). Ma non bisogna essere grandi architetti e geni assoluti della creatività per amare la matita. La matita è per tutti. Senza limiti di età, di talento e di mestiere. Chi non ha afferrato un lapis e ha scritto, disegnato, inventato? Chi non ha una matita sulla scrivania, in mezzo a un libro o nello zaino? Chi non ha comprato una matita come ricordo di un viaggio? Anche oggi, nell’era digitale e dello smartphone come «prolungamento » del nostro essere, piccoli e grandi temperiamo le matite e il tempo. Già, il tempo, che passa anche per la matita che quest’anno celebra un anniversario speciale: i cento anni di Fila, la cui storia si intreccia inevitabilmente con la storia della matita nel nostro Paese. «Nel 1920 le matite prodotte in Italia erano solo il 10% dell’intero mercato sul suolo nazionale. Nella giovane Italia avevano tentato di produrre matite prima a Livorno, poi a Pavia, grazie a una società che in pochi anni era riuscita a mettersi in evidenza addirittura all’esposizione di Parigi del 1878. E dopo con i successi più duraturi nel tempo a Milano, con la Pangrazzi. Esperimenti per la maggior parte durati pochi anni prima di ingloriosi fallimenti. Ma in quel 1920 addirittura erano tre le aziende che si lanciavano sul mercato del lapis. Una a Firenze, la Fabbrica Italiana Lapis e Affini, una a Torino, la Fabbrica Italiana Matite, e una ancora a Milano, la Presbitero », annota l’architetto Giovanni Renzi in Matite. Storia e pubblicità (Silvana Editoriale, pagine 152, euro 36,00).

Un fascio di 12 matite Fila, 1925

Un fascio di 12 matite Fila, 1925 - Archivio storico F.I.L.A. –Fabbrica Italiana Lapis ed Affini

Perché proprio nel 1920? «La guerra – continua Renzi – aveva portato la necessità di lubrificare i cannoni e la materia prima per farlo era proprio la grafite. Quel materiale simile al carbone, che però non bruciava. Le prime miniere erano state trovate in Piemonte e in Liguria. Per fortuna la guerra finisce e le miniere di grafite dovettero trovare un nuovo mercato. Il governo dell’epoca decise che quel materiale così importante e raro sul nostro territorio non poteva essere disperso ». Armate di grafite, argilla e legno di cedro della California, le tre aziende sfidarono così il mercato delle matite, per secoli in mano ad aziende straniere come l’austro-ungarica Hardtmuth, le tedesche Faber, Lyra e Staedtler, la francese Castell, le americane Dixon o Eagle. Era il 23 giugno del 1920 quando a Firenze un gruppo di imprenditori (fra cui il conte Giuseppe della Gherardesca che fu primo presidente) fondò la F.I.L.A. Fabbrica Italiana di Lapis & Affini, società per «fabbricare e commerciare lapis, oggetti e articoli di cancelleria» stabilendo che dovesse «durare per 50 anni». Cento anni dopo, Fila è un’azienda con 22 stabilimenti produttivi e 35 filiali nel mondo, 9.500 dipendenti, presente nei mercati di 150 Paesi di cinque continenti. Una lunga storia alle spalle e un’altra tutta ancora da scrivere con lo stesso leitmotiv: «Se nel disegno vuoi prender otto: matite Fila, pastelli Giotto».

Lo scorso maggio il ministero dello Sviluppo Economico ha emesso un francobollo celebrativo distribuito da Poste Italiane: l’immagine è quella storica dei due bambini che camminano portando con sé una matita di grafite in formato “extralarge” e le matite Giotto, nell’iconica confezione con l’illustrazione del giovane pittore al cospetto del maestro Cimabue. «Una ricorrenza che appartiene a tutti, soprattutto in questo periodo particolarmente complesso e difficile nel quale ci siamo resi conto di come siano ancora le emozioni e la creatività a unirci e a creare valore», dice Massimo Candela, amministratore delegato di Fila e terza generazione della famiglia al comando dell’azienda dal 1956. Ora l’azienda - che dal 1959 ha la sede principale nel Milanese - si racconta in un pregevole libro appena uscito che va ben oltre quella che può essere una monografia aziendale. In 1920-2020. Cento anni di Fila. Un secolo di storie, di colore, di lapis ed affini scritto da Valerio Millefoglie con le illustrazioni di Andrea Antinori per le edizioni Corraini (pagine 240, euro 28,00) scorre la storia di Fila, ma anche di chi ama temperare matite. «Il vero punto di partenza del racconto – spiega Millefoglie – è stato il ritrovamento di un grappolo di matite, legate l’una all’altra da un elastico e da una bandella di carta. Ben temperate, appuntite e pronte all’uso dal 1920. Erano di quell’anno e sembravano appena uscite dalla fabbrica. Le ho lasciate intatte, per un domani, e nella finzione del testo ho realizzato il desiderio di prenderne una e cominciare a scrivere la Storia che la matita stessa racchiudeva». Ed ecco i primi prodotti, le prime fabbriche, ma anche aneddoti e curiosità: scopriamo che la matita Telefono degli anni 30 è indissolubilmente legata al cinema dei “telefoni bianchi” e delle dive; che nel 1943 Renato Candela sopravvive a un bombardamento; che gli anni 50 e 60 sono il tempo della scommessa, delle Fiere e dello sviluppo di tanti prodotti tra i quali la Sferon; che negli anni 70 Alberto Candela - che ha preso il posto del padre Renato in azienda crea la matita per il trucco e nel ’79 Tratto Pen (oggi esposto al MoMa di New York) e Tratto Clip vincono il Compasso d’Oro; ripercorriamo i lavori per la nuova sede di Rufina inaugurata nel 1998 e la testimonianza di Fellini su “La Stampa” in cui ricorda le matite colorate Giotto della sua infanzia; fino ad arrivare alle sfide di oggi legate alla globalizzazione e alla complementarietà con il Fine Art che caratterizza il modello di business sviluppato da Massimo Candela che guida l’azienda dal 1991.

Le matite Tiziano, anni 40

Le matite Tiziano, anni 40 - Archivio storico F.I.L.A. –Fabbrica Italiana Lapis ed Affini

La storia delle matite Fila è la storia di ciascuno di noi che in questo secolo ha scritto e scribacchiato, colorato, giocato. Per questo il libro propone anche cento testimonianze, le più diverse e disparate, di vite, mestieri, passioni, accomunate dall’amore e dall’uso della matita. Un racconto corale nel quale l’esperienza del banchiere si fonde con quella della maestra, quella dell’illustratore a quella dello scrittore, i ricordi della stenografa in pensione a quelli del tassista, la passione dei collezionisti (anche “involontari”, come racconta il conduttore radiofonico Linus) a quella di chi ha seguito i progetti che nel tempo Fila ha sviluppato con enti e realtà culturali, dal Teatro alla Scala alla Biennale di Venezia, dall’Istituto degli Innocenti di Firenze alla Città della Scienza di Napoli. Si parte con la “finestra” di una grande scrittrice come Simonetta Agnello Hornby, si chiude con la piccola Matilde Rini, 9 anni. E il suo tema: «Cosa vorrei fare da piccola?». «Il titolo non mi piaceva e allora l’ho cambiato, mica uno deve per forza sempre dire cosa fare da grande… », scrive la piccola, con la certezza che «lavorerò all’Ufficio Non Lo So. Dove quel che fai lo scopri solo dopo che sei entrato». Cento anni dopo... «se nel disegno vuoi prender otto: matite Fila, pastelli Giotto». Nel dorso del libro è incastonato il LapisCento, la matita di grafite del centenario, realizzata con un sistema di recupero degli scarti di legno di cedro. Un invito a lasciare sempre il proprio segno.

Una pubblicità degli anni 20

Una pubblicità degli anni 20 - Archivio storico F.I.L.A. –Fabbrica Italiana Lapis ed Affini

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