martedì 27 settembre 2011
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«Hanno fatto bene a darmi il premio prima di vedere la fiction. Dopo, non avranno il coraggio di riprenderselo». Scherzava, domenica sera, Gigi Proietti alla serata inaugurale del RomaFictionFest (nella capitale fino al 30 settembre) durante la quale, prima della proiezione del suo Il signore della truffa (Raiuno, 3 e 4 ottobre), gli è stato consegnato l’Excellence Award, il premio all’eccellenza che, nella stessa serata, è stato anche attribuito a Jim Belushi e a Lunetta Savino. Del resto, anche la miniserie in questione è all’insegna del divertimento. Prodotto da Artis e Rai Fiction e diretta da Luis Prieto, Il signore della truffa racconta, infatti, le vicende di Federico Sinacori, truffatore ricercato dalle polizie di mezza Europa che, da vent’anni, ha abbandonato il mestiere, facendosi passare per il generale della Finanza in pensione Nicola Persico. A spingerlo a tornare in attività sarà proprio una truffa, perpetrata ai danni degli inquilini del suo palazzo, rimasti vittime del raggiro di una finanziaria che li ha espropriati dei loro appartamenti. Proietti non nasconde il divertimento provato durante la lavorazione della miniserie e dice: «Quello che interpreto è un personaggio con molte sfaccettature, che mi ha ricordato un po’ il periodo in cui facevo Fregoli. Sicuramente è un ruolo diverso da quelli che ho interpretato ultimamente, san Filippo Neri o il Maresciallo Rocca solo per citarne alcuni, che avevano, al contrario, un carattere preciso e determinato». Inoltre, aggiunge l’attore (che l’8 ottobre tornerà al teatro Sistina di Roma con Di nuovo buonasera… a tutti), «mi interessava il tema della truffa perché è stato molto usato nel cinema mentre in tv se ne parla poco. Sarà importante la risposta del pubblico a un tema come questo, visto che viviamo in un momento in cui si respira un clima di diffusa illegalità». Ieri, invece, al RomaFictionFest è stato (anche) il giorno di Pupi Avati, protagonista di un incontro con il pubblico. Per il regista, che sta preparando Un matrimonio, serie in sei puntate per Raiuno, «la fiction rimane l’unico mezzo in grado di incontrare il paese reale. Cosa che il cinema, ormai sempre più destinato ad una élite culturale, non è più in grado di fare». La fiction, aggiunge il regista, «ha avuto e ha un ruolo molto importante perché ha dato opportunità di lavoro a diverse figure che, nel cinema, si sarebbero quasi sicuramente estinte. Nel 1968, quando io ho iniziato a fare cinema, si giravano 350 film all’anno. Oggi nemmeno un centinaio». Dunque, «la fiction ha permesso la trasmissione di un sapere che è in gran parte artigianato, ma non esclude ampi spazi di creatività. Io ho vissuto la stagione della fiction, quando la televisione era nei suoi anni migliori, quando giravi una serie o un film per la tv e il giorno dopo sapevi che tutta la nazione ti aveva seguito. Adesso c’è più competizione e questo spesso non aiuta a tenere alta la qualità dei prodotti».
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