martedì 9 settembre 2014
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Nell’ultimo mezzo secolo, molte pubblicazioni hanno messo in risalto l’importanza delle correnti profetiche e dei movimenti messianici nella storia del’Occidente e del Terzo Mondo. Le ricerche hanno contribuito a spostare l’accento dalla figura del profeta - essenziale in Max Weber e Norman Cohn - al profetismo nel suo aspetto collettivo, così come appare nelle correnti carismatiche o messianiche. Oggi si tende a vedere nei profeti coloro che, in una situazione di crisi, indicano nuove strade richiamandosi a esperienze soprannaturali o a esigenze della coscienza morale per modificare lo svolgimento della storia aprendola a un avvenire migliore. Le Edizioni Dehoniane di Bologna mandano oggi in libreria il volume Profeti e profetismi. Escatologia, millenarismo e utopia (a cura di André Vauchez, pagine 488, euro 49), che riunisce vari contributi sull’argomento. Dal libro qui anticipiamo alcuni brani della prefazione di Vauchez (nella foto), storico di fama internazionale, specialista di spiritualità medievale, già direttore dell’Ècole française di Roma.Ma non tutti sono veri profetidi André VauchezChe cos’è un profeta? Se si pone la domanda all’uomo della strada, come si è fatto recentemente in Francia nel quadro di un sondaggio di opinione, si ottengono risposte e definizioni molto diverse: per i più, il termine rinvia all’islam, perché Muhammad/Maometto è considerato il profeta per eccellenza, essendo così chiamato nel Corano; per altri, indica persone in grado di prevedere l’avvenire, per cui si parlerà di un discorso «profetico », quando ciò che esso annunciava si è successivamente realizzato, come quando il generale De Gaulle affermò, il 18 giugno 1940, proprio mentre la Francia era stata appena schiacciata dalla potenza militare tedesca, che la guerra non era persa e probabilmente poteva essere vinta. Alcuni applicano il termine a uomini o donne che hanno aperto nuove strade con la testimonianza della loro vita e con il loro impegno intellettuale, morale o spirituale: i nomi citati più spesso sono quelli di Gandhi, Martin Luther King, abbé Pierre e monsignor Romero, assassinato a El Salvador per aver preso le difese dei poveri, o anche Giovanni XXIII o fratel Roger, il fondatore di Taizé. Perciò, oggi in Occidente, l’immagine del profeta e del profetismo è a dir poco piuttosto vaga e anche confusa: nel linguaggio comune, specialmente in quello dei media, ricorrono ancora questi termini, ma non è chiaro che chi li usa sia in grado di proporne una definizione comune...  Eppure, dall’inizio del XX secolo, sociologi e storici delle religioni hanno cercato di precisare il significato del termine. Specialmente Max Weber (1864-1920) ha dedicato pagine celebri al profetismo, che per lui costituisce un tipo fondamentale di autorità religiosa. Infatti, accanto al potere istituzionale incarnato dalla chiesa e dallo stato nelle società occidentali, esiste un’altra forma di potere, che Weber chiama «carismatico» e colloca sotto il sigillo della creatività: il potere dei profeti capaci di sollevare, in un determinato momento, l’entusiasmo delle masse popolari, addirittura dell’intera popolazione di un paese. A suo avviso, queste persone dispongono di un carisma personale sul quale si basano per proclamare il loro messaggio. Diversamente dal sacerdote, che si inserisce in una tradizione e svolge il suo ministero nel quadro di una missione che gli è stata affidata dalla chiesa, il profeta afferma che la sua autorità proviene direttamente da una chiamata divina o da una rivelazione, che gli permette di individuare le forze del male operanti nella storia, denunciarle pubblicamente e proporre alternative positive a tali disordini.  Quando elaborò questo tipo ideale, il sociologo tedesco pensava probabilmente alla figura del Savonarola che, alla fine del XV secolo, soggiogò Firenze per vari anni con la sua predicazione profetica, prima di essere deposto dalle forze politiche e religiose ostili e morire sul rogo. Per lo più – ma esistono eccezioni, come dimostra il caso di Savonarola, che era profeta e sacerdote al tempo stesso –, l’uomo di Dio è un laico che si è impossessato di un potere che normalmente non avrebbe dovuto possedere. Questo genera spesso un conflitto con gli uomini di chiesa e con le classi dirigenti, perché egli critica gli sbandamenti delle gerarchie religiose o di una società diventata sorda al messaggio divino e insensibile alle esigenze etiche fondamentali. Spesso questi leader carismatici, in grado di interpretare i segni dei tempi e i bisogni di liberazione latenti nei loro contemporanei, suscitano nella loro scia movimenti religiosi che possono avere anche una dimensione sociale e politica o culturale. Quando non vengono ascoltati, i profeti non esitano ad annunciare sofferenze e cataclismi, al termine dei quali coloro che si oppongono alla loro missione saranno puniti. In questo caso, si parlerà di profeti di sventura...  Il profetismo intrattiene stretti legami con il messianismo, che può essere definito «la credenza religiosa nella venuta di un Redentore, che porrà fine all’ordine esistente, o a livello universale o per un gruppo particolare, e instaurerà un ordine nuovo fatto di giustizia e di pace ». Diversamente dal profeta, che si appella unicamente a una missione ricevuta da Dio, il messia – sia già venuto, come nel cristianesimo, o ancora atteso, come nell’ebraismo – si identifica più o meno con Dio stesso, con il quale rivendica un legame di parentela. Nel senso teologico del termine, Gesù non è un profeta, ma il «figlio del Dio vivente», il Messia che ha portato a compimento le profezie collegate con la venuta di questo personaggio nei testi biblici. Da un punto di vista sociologico, si qualificherà più ampiamente come «messia» il fondatore di un movimento storico di liberazione socio-religiosa che si identifica – o viene identificato – con una potenza superiore di cui è l’inviato e che promette ai suoi adepti la felicità perfetta sulla terra.  In ogni epoca, ma soprattutto a partire dal XIX secolo, questa rivendicazione messianica ha potuto riguardare anche una personalità politica, una nazione, un partito o un movimento collettivo in grado di realizzare sulla terra questo regno di prosperità e di pace, al termine di una lotta contro le forze del vecchio ordine considerato ingiusto e insopportabile. Il messia è già una manifestazione di Dio in mezzo agli uomini, mentre il profeta è il portavoce di Dio e colui che annuncia l’imminenza del castigo o della liberazione, ma entrambi si collocano in un contesto di attesa escatologica,  cioè relativa alla fine dei tempi. In genere, il tempo che separa gli uomini dalla venuta dell’oggetto della loro attesa comprende tre fasi: tempo dell’oppressione; tempo dell’impazienza e della rivolta; tempo della liberazione e della salvezza. A livello pratico, non è sempre facile distinguere i profeti dai messia, perché sono entrambi, secondo la felice formula di Henri Desroche, «uomini dell’attesa », uomini che sono riusciti a integrare un aspetto della vita che sembrava privo di senso in un’immagine del mondo e della storia che gliene conferisce uno.  Così la sofferenza personale o collettiva, nella prospettiva di una teodicea o di un’ideologia millenaristica, diventa fonte di speranza e di redenzione. Lenin lo aveva ben compreso quando scriveva a proposito della rivoluzione bolscevica del 1917: «La Russia ha ricevuto il comunismo dalle sue sofferenze».  La tipologia del profetismo di Max Weber tiene conto soprattutto dell’ebraismo e del cristianesimo, due religioni rivolte essenzialmente all’azione, e molto meno delle religioni dell’estremo Oriente, che privilegiano la contemplazione, perché, a suo avviso, in Asia esistono praticamente solo figure esemplari, come quella del Buddha, che praticano la fuga dal mondo e sono più vicine ai santi o ai saggi che ai profeti carismatici. Questa contrapposizione dovrebbe essere probabilmente sfumata, perché i due tipi di religione hanno in comune il fatto di spingere l’uomo a liberarsi dalle pesantezze del mondo sensibile; resta comunque sostanzialmente valida, perché, nella tradizione profetica giudaico-cristiana, questa liberazione passa attraverso la storia e non si realizza solo a livello interiore.

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