sabato 23 maggio 2015
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A cinque giorni da Inside Out il Festival di Cannes torna a sorridere e commuoversi con un altro film di animazione, Il piccolo principe, diretto da Mark Osborne, il regista americano di Kung Fu Panda. Quella di portare sullo schermo la storia scritta da Antoine de Saint-Exupéry nel 1942, pubblicata un anno prima che lo scrittore scomparisse nei cieli sulla Corsica a bordo del suo velivolo e tradotta in oltre 250 lingue e venduta in 145 milioni copie in tutto il mondo (16 milioni solo in Italia), era una sfida non da poco, che Osborne ha affrontato aggirando in parte l’ostacolo. Quello che abbiamo visto ieri fuori concorso infatti non è un cartone animato tratto da uno dei classici più amati di sempre, ma un film su Il piccolo principe, sul potere di fascinazione, cioè, di quel bambino biondo e solitario che vive su un lontano asteroide poco più grande di lui, ama una rosa, parla con una volpe e viaggia alla scoperta di altri pianeti incontrando eccentrici personaggi. «Ho impiegato molto tempo per decidere se accettare questa sfida – racconta il regista – perché Il piccolo principe mi ha lasciato un ricordo speciale. Me lo aveva regalato mia moglie quando ci siamo conosciuti al college e conosco bene tutto il potere contenuto in quelle pagine. Leggerlo poi ai miei figli mi ha fatto capire qual è la sfida più importante per un genitore: trovare un equilibrio tra la voglia di proteggerli e la necessità di non soffocarli. Mi sembrava importante salvaguardare la storia originale, non deludere chi ha amato il libro e non ingannare quelli che non l’hanno ancora letto. Quindi ho deciso di costruire intorno al nucleo centrale una storia più grande, ma ci sono voluti mesi per trovarla». Protagonista della macrostoria è allora una ragazzina di nove anni oppressa da una madre ossessionata dalla smania di pianificare ogni minuto dell’esistenza della piccola e decisa a spingerla il prima possibile oltre il confine dell’infanzia, verso una responsabile e proficua vita adulta piena di sacrifici in una città squadrata, razionale, iper-tecnologica e perfettamente efficiente. Ma quel vecchio aviatore che abita nella strana e fatiscente casa accanto comincia a raccontarle la storia del Piccolo Principe, affascinante ed enigmatica creatura conosciuta molti anni prima nel deserto dove si era schiantato con il suo piccolo aereo, e la introduce nel misterioso, inebriante mondo della fantasia che la bambina non ha mai frequentato, insegnandole che si vede bene solo con il cuore, perché l’essenziale è invisibile agli occhi. Che tutti i grandi sono stati bambini una volta, ma pochi di essi se ne ricordano. E che il problema non è invecchiare, ma dimenticare. Per questo la bambina e la sua volpe di pezza voleranno a bordo di un vecchio biplano alla ricerca del principe che l’aviatore non ha mai più incontrato. Lo troveranno in un luogo grigio e triste, dominato da avidi uomini d’affari che sbriciolano le stelle per alimentare computer, rottamano giocattoli per ricavare graffette da ufficio. In quel mondo privo di gioia e di bambini vive, e soprattutto lavora, un disilluso Piccolo Principe, che come il Peter Pan immaginato da Spielberg in Hook, non ricorda più nulla della sua infanzia, del suo pianeta, della sua rosa così speciale. Ha perso la sua innocenza e la capacità di cogliere l’essenza delle cose. Toccherà a quella ragazzina ricordargli le verità che lui, piccolo e solo, aveva scoperto nei suoi viaggi interplanetari. Divertente e poetico, capace di conquistare e far sognare sia i più piccoli che il pubblico adulto, il film è realizzato con diverse tecniche di animazione che contraddistinguono i differenti piani della narrazione: il racconto nel racconto, romantico e malinconico, mette in scena pupazzi animati in stop motion che sembrano intagliati nel legno e sono vestiti di carta colorata, mentre nella cornice narrativa si muovono personaggi più realistici, tridimensionali, tondeggianti e dai grandi occhi. «Quando ho iniziato a studiare animazione – dice ancora Osborne – ho sperimentato diverse tecniche. Il film è un omaggio al libro ed era importante che contenesse un forte elemento artigianale. Il mondo del Piccolo Principe è fatto di carta perché tutto è nato da un foglio con un disegno e un racconto». Sul tappeto rosso del film, che in Italia la Lucky Red distribuirà il 3 dicembre, sono sfilate molte “voci” del cartone animato, da Vincent Cassel e Benicio Del Toro ad André Dussollier e Guillaume Gallienne, ma c’erano anche i nostri Stefano Accorsi (la volpe), Pif (il re) e Alessandro Siani (il vanitoso), che nella versione italiana affiancheranno Tony Servillo (l’aviatore), Giuseppe Battiston, Paola Cortellesi, Micaela Ramazzotti e Alessandro Gassmann.
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