domenica 22 dicembre 2019
Al Museo Davia Bargellini di Bologna trenta presepi napoletani del Settecento, parte della Collezione Bordoni, si confrontano con i presepi della tradizione bolognese
Una presepe napoletano della collezione Bordoni in mostra a Bologna

Una presepe napoletano della collezione Bordoni in mostra a Bologna - Museo Davia Bargellini

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Quella che lo storico dell’arte Eugenio Riccomini ha definito «forse la più ricca e complessa collezione di presepi napoletani che non stia all’ombra del Vesuvio» si trova nell’abitazione bolognese di Gabriele Bordoni che ha ereditato lo straordinario nucleo di opere di arte presepiale che il padre Gianfranco, avvocato, scomparso nel 2015, ha raccolto nel corso di più di cinquant’anni. Si tratta di oltre 200 pezzi, o meglio “pastori” (con il termine “pastore” viene chiamata ogni figura del presepio a prescindere dal suo ruolo o funzione), di altissima qualità esecutiva risalenti alla scuola partenopea del XVIII secolo, frutto di una ricerca costante e attenta di Bordoni nel mercato antiquario e in prestigiose collezioni private.

Una trentina di queste opere è ora possibile ammirarle grazie alla mostra Capolavori del Presepe napoletano del Settecento dalla Collezione Bordoni allestita nel capoluogo emiliano fino al 19 gennaio a cura di Mark Gregory D’Apuzzo e Giulio Sommariva a Bologna nel Museo Davia Bargellini che si presenta come sede ideale per questa esposizione. Il museo, infatti, che conserva una ricca collezione di sculture in terracotta policroma appartenenti alla tradizione del presepe bolognese, permette uno stimolante confronto tra le due scuole. Un confronto che rientra nel progetto dell’Istituzione Bologna Musei che, da oltre dieci anni, in occasione delle festività natalizie, promuove eventi espositivi dedicati all’arte presepiale delle varie scuole nazionali.

A. Viva, “Donna con pandurina”

A. Viva, “Donna con pandurina” - Museo Davia Bargellini

Quella rappresentata in questa occasione è una campionatura del presepe napoletano “colto”, quello cioè che, secondo Sommariva, conobbe la sua massima gloria nel Settecento durante il regno di re Carlo III di Borbone. A fare da cornice c’è la suggestiva scenografia di uno scorcio del chiostro di Santa Chiara a Napoli realizzato tra il 1739 e il 1742 e riprodotto fedelmente da Alfonso Laino, il più affermato scenografo-allestitore dei presepi partenopei negli anni Settanta-Ottanta del secolo scorso.

La rappresentazione ruota attorno alla Sacra Famiglia con la Vergine e san Giuseppe che si volgono con tenerezza verso il Figlio adagiato su una greppia, nudo, indifeso, calato, come sottolinea nel testo in catalogo Gioia Lanzi, «nell’umiltà del freddo e del pianto, nell’annientamento che è necessario preludio alla Gloria».

Attorno a queste figure c’è la ricostruzione, come in un tableaux vivant, di scene di strada, osterie e botteghe della brulicante vita quotidiana della Napoli cortigiana dei primi Borboni. È la variegata umanità di personaggi – aristocratici, mendicanti, artigiani, venditori, servi in livrea, contadini, indigeni e provenienti da altri territori – che evidenziano la complessa e contraddittoria realtà cosmopolita del popolo partenopeo diviso “fra miseria e nobiltà”.

Rispetto alla tradizione bolognese, che predilige il solo materiale della terracotta per la modellazione delle figure, in ambito napoletano si diffonde una produzione scultorea polimaterica incentrata nella realizzazione di manichini articolati con la testa di terracotta dipinta, gli occhi in vetro, le estremità preferibilmente in legno, l’anima in ferro dolce e il riempimento di stoffa, poi debitamente abbigliati con costumi in tessuto e accessori dell’epoca. Che non erano dettagli secondari, tanto che lo stesso sovrano e l’intera corte amava dedicarsi insieme alla regina Maria Amalia alla confezione di abiti raffinati da fare indossare ai “pastori” del presepe di corte. Come quelli, per esempio, della Donna in costume con “pandurina”, opera di Angelo Viva, della Vecchia con canestro di pomodori attribuita a Domenico Antonio Vaccaro, del Georgiano e dell’Orientale con pappagallo, opere entrambe di Lorenzo Mosca. Così come va sottolineata la presenza della ricca varietà di animali, frutto di una straordinaria perizia degli intagliatori, che popolano la scena. Tra questi c’è il monumentale Toro in legno policromo di Nicola Vassallo, il più ricercato “animalista” del presepe napoletano insieme a Francesco Gallo di cui è esposta una Bufalotta accovacciata e un tenero Gruppo di vitellini.

S. Franco, “Mongolo”;

S. Franco, “Mongolo”; - Museo Davia Bargellini

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