sabato 14 maggio 2016
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La macchina corre veloce, si piega sulle curve, rallenta poi supera un camion. Entra l’aria dal finestrino che socchiudo appena, per sentire l’odore e i profumi della mia terra. Boschi oscuri dove passa il vento che va a morire con un grido soffocato tra le mura dei vecchi castelli. Più in basso, accanto al fiume, i paesi tra i filari dell’uva si raccontano storie. Ci portiamo dietro vecchie radici di cui non conosciamo il nome, che ci legano alla nostra famiglia anche se non esiste più o se l’abbiamo abbandonata da tempo, quasi il primo grido alla vita lasciasse un timbro nel nostro animo. Così le montagne, il mare, le pianure assolate, le dune del deserto agli occhi del bambino appena nato diventano la patria. A questo piccolo seme si uniranno negli anni la lingua, le abitudini, la conoscenza, poi all’improvviso l’uomo vorrà partire, andare lontano coma un vecchio esploratore, finché un giorno si accorgerà di quanto ha perduto e vorrà ritornare. Ma non c’è posto per chi porta un abito e un viso da straniero e non ama sentire la sabbia passare tra le dita dai piedi o lasciare gli occhiali per godere la trasparenza dei cieli senza nuvole. La sua gente non c’è più. È fuggita da guerre senza ragione né confine e si è affidata al mare fino alla visione di una terra che sembrava pronta a darle un aiuto. Non è facile accogliere questi naufraghi che vogliono mantenere le usanze, la religione, il proprio modo di vivere, a volte con un senso di orgoglio, quasi tutto fosse loro dovuto. Tutto ciò che all’inizio ci faceva pena e ci portava ad aiutarli senza compenso alcuno, ora ci fa paura di esserne travolti e di perdere le nostre identità. Non ci è stato chiesto, come in qualche Paese del Nord Europa, di insegnare ai nuovi arrivati almeno le basi della lingua della nazione alla quale sono stati affidati e a conoscerne leggi e abitudini, affinché sia possibile alla fine trovare loro una posizione nelle nostre società. O crediamo forse che, terminate le ostilità, ritorneranno indietro alle loro terre? Chi restituirà loro le case perdute, i villaggi distrutti, gli studi dimenticati, i bambini dispersi? Un grande cambiamento ci aspetterà alla fine dei tanti conflitti di questi anni. Ogni giorno nuove leggi daranno scosse a un modo di vivere che finora ci aveva fatto credere di essere nel giusto per sempre. Ma il cammino della vita non dà tregua e ci mette di continuo davanti a problemi che richiedono anche il nostro giudizio, e quando è possibile la nostra collaborazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA PROFUGO. In fuga sul confine greco ieri & domani
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