mercoledì 9 ottobre 2019
John B. Goodenough, M. Stanley Whittingham e Akira Yoshino hanno vinto il Nobel per la Chimica 2019 "per lo sviluppo di batterie agli ioni di litio".
Foto Ansa

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Nel Premio Nobel per la Chimica annunciato ieri e conferito agli inventori degli “accumulatori agli ioni di litio”, più noti al grande pubblico come “batterie al litio”, esiste un Nobel che non figura nell’albo d’oro del prestigioso premio ma che merita sicuramente una menzione d’onore. Uno dei tre chimici insigniti del premio, infatti, John Goodenough, è nato nel 1922 e con i suoi 97 anni passerà alla storia come il più anziano vincitore di Nobel di tutti tempi. Della serie non è mai troppo tardi. Laureato in matematica a Yale nel 1944, durante la Seconda guerra mondiale prestò servizio nell’esercito americano con il ruolo di meteorologo quindi iniziò una brillante carriera al Lincoln Laboratory del prestigioso Mit interessandosi soprattutto della Ram (random access magnetic memory) che oggi costituisce il cuore di tutti i computer e che consente di memorizzare velocemente dati e informazioni. Infine, a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta, ha diretto il laboratorio di Chimica inorganica all’Università di Oxford dove si concentrò soprattutto sugli studi che porteranno all’invenzione delle batterie al litio.

E la cosa più sorprendente è che Goodenough è ancora attivo e continua a far ricerche per ottenere batterie sempre più efficaci e sicure. Goodenough dividerà il Nobel con Stanley Whittingham, classe 1941, chimico anglo-americano inventore di una batteria al litio ricaricabile chiamata con il suo nome, e Akira Yoshino, classe 1948, ingegnere che mise a punto un prototipo di batteria ricaricabile considerato il precursore diretto delle moderne batterie agli ioni di litio.

Ma veniamo all’oggetto della motivazione del premio. Un tempo le batterie erano quegli oggetti pesanti a forma di parallelepipedo che facevano parte delle automobili e che entravano di prepotenza nella nostra vita solamente quando la vettura ci lasciava a piedi. Erano oggetti, dunque, di stretta competenza degli elettrauto. Oggi, invece, grazie alla sempre più crescente miniaturizzazione, queste batterie sono entrate zitte zitte nella nostra vita essendo parti integranti dei telefonini, dei computer portatili, dei tablet e di gran parte delle auto elettriche che in questi tempi cominciano a farsi strada nei mercati. Queste mini batterie, dunque, come ha motivato l’Accademia di Svezia, hanno aperto la strada a un mondo «sempre più ricaricabile».

Le batterie ricaricabili al litio vennero messe a punto negli anni Ottanta e nel 1991 furono messe in commercio dalla Sony. Tutte le apparecchiature elettroniche delle quali oggi, a quanto pare, non se ne può più fare a meno sono azionate dunque da queste batterie nelle quali l’elemento essenziale è il litio, un metallo alcalino di color bianco argenteo che è il più leggero degli elementi solidi (è il numero tre della Tavola periodica degli elementi, dopo l’idrogeno e l’elio). Telefonini, Pc e derivati sono oggi considerati i simboli del nostro modo di vivere affannato e generatore di malesseri e di stress ed è molto curioso pensare che il litio che sta alla base delle loro apparecchiature venga oggi usato anche in medicina proprio per curare certi disturbi di natura neurologica. Il serpente si morde la coda. Questo litio generatore di stress, dunque, sembra quasi volersi sgravare la coscienza dando una mano per curarlo.

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