giovedì 28 luglio 2022
La scrittrice uruguaiana nel suo nuovo romanzo costruisce un lungo racconto di facile lettura, godibile soprattutto per appassionati di narrazioni ibride, mosse, con io narranti che mutano nei secoli
La scrittrice uruguaiana Carmen Posadas

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Protagonista di La leggenda della Peregrina (traduzione di Sara Cavarero; Rizzoli, pagine 460, euro 18,50) è una perla, una magnifica grossa perla oblunga con alla base un segno a forma di croce. Un oggetto prezioso da molti amato, ambito, rincorso, bramato. Sfoggiato sui corpi e sugli abiti di personaggi illustri attraverso i secoli. La perla arriva nelle mani di Filippo II re di Spagna da uno schiavo che l’ha fortunosamente recuperata nelle acque del Golfo di Panama, e dopo allora il suo è un viaggio attraverso il tempo della Storia, periplo avventuroso e di indubbio valore attrattivo per un narratore. È, come si dice, buona 'materia da romanzo', che l’uruguaiana Carmen Posadas riesce a organizzare costruendo un lungo racconto fluido e di facile lettura, godibile soprattutto per appassionati di narrazioni ibride, mosse, con io narranti che cambiano e mutano nei secoli, e una densità e varietà di vicende dalla cui rapida e cangiante successione talvolta la mente del lettore può sentirsi leggermente sopraffatta. Il racconto è un cameo, cesellato di excursus storici ampi e molto vari: dai regnanti di Spagna, via Giuseppe Bonaparte, approda al cuore della storia francese e dei re di Francia. Racconto vasto tanto quanto dettagliato (qua e là l’affondo narrativo si concentra su specifici frangenti distribuiti lungo l’asse della Storia) al cui centro, rilucente di fascino e mistero, sempre sta la perla. La quale agisce un po’ come fa lo specchietto nella celebre definizione stendhaliana di 'romanzo': ovvero come dispositivo riflettente che il narratore deve tenere tra le mani per poter procedere sulle strade del mondo e poterlo così raccontare. Un talismano e al tempo stesso un ricettore e ripetitore a tutto tondo di ogni forma di realtà circostante. In maniera analoga, passando di mano in mano (di collo in collo, meraviglioso monile) la perla Peregrina attraversa i secoli, irraggia bellezza nel mentre centripeticamente fa sì che tutto su lei converga, trovi forma, valore, contenuto, senso del racconto. L’idea non è nuova: lo scrittore statunitense Don DeLillo creò nel 1997 uno straordinario romanzo, Underworld, il cui protagonista era una palla da baseball, lì anche, espediente narrativo costante e trasmigrante lungo un ampio arco di tempo e metafora di un’America in trasformazione considerata e riletta attraverso i decenni grazie al permanere e trasmigrare dell’oggetto. Qui, attraverso un ideale 'rotolare' diacronico e diastorico di una perla anziché di un palla, dalle diverse reggenze di Spagna si giunge anche, 'metamondo' parallelo, all’universo degli artisti. Pittori ( Velazquez e Goya), cantanti lirici (Farinelli alias Carlo Broschi) sino a Rasputin, al suo assassino principe Jusupov e al mondo degli agenti segreti inglesi, e a un’asta dove a venire offerta in palio è di nuovo lei, 'la perla più famosa di tutti i tempi'. Corre la Storia, i suoi molti rovesci si avvicendano legandosi a un singolo oggetto prezioso, in una corsa narrativa a perdifiato. Qua e là l’unità romanzesca si perde di vista e un poco sfugge il senso di un’operazione letteraria del genere; ma è disorientamento letterario, che nulla toglie a un intrigo di vicende senza dubbio appassionante, emblematico di un vasto angolo della Storia e delle private, segrete vicende di cui essa sottotraccia è intessuta.

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