giovedì 27 dicembre 2018
L’antica «città morta», continua a restituire segni di vita. L’ultimo, il calco quasi intatto di un magnifico cavallo da corsa, nell’atto di fuggire dalla stalla
Pompei continua a restituire testimonianze del passato. Il cavallo da corsa immortalato nell'atto di fuggire dalla stalla (Ansa)

Pompei continua a restituire testimonianze del passato. Il cavallo da corsa immortalato nell'atto di fuggire dalla stalla (Ansa)

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L’antica Pompei, la "città morta", continua a restituire segni di vita. L’ultimo, il calco quasi intatto di un magnifico cavallo da corsa, nell’atto di fuggire dalla stalla, rinvenuto in un’area presa di mira dai tombaroli e a essi sottratta appena in tempo. Quasi non passa giorno senza che un nuovo ritrovamento riporti alla luce, così com’era, una città sepolta e allo stesso tempo immortalata dal fuoco di lava del Vesuvio. Di quella grande tragedia il fuoco e la lava sono stati la lega d’incisione per la più fedele e sconvolgente delle istantanee.

La lava uccise e il fuoco accese il flash di una futura memoria protratta nei secoli. Via via, con il tempo, anche gli angoli rimasti in chiaroscuro, sono venuti alla luce. E su Pompei si sono rivolti, come a una meraviglia data in lascito all’umanità, gli occhi del mondo. Guardare Pompei dalla parte dell’arte è sconvolgente e, allo stesso tempo normale. Ma l’arte, talvolta non riesce a spiegare tutto.

Quest’antica Pompei che continua a farsi viva, a proporsi e riproporsi nel presente, ora con un nuovo affresco, ora con lo straordinario calco di un cavallo, munito perfino dei finimenti, dà tutta l’impressione di voler riprendere e completare, a suo modo, non tanto un discorso sull’arte, quanto sulla vita. Perciò il suo sguardo è in avanti, e ogni nuova scoperta è come l’eco lontana di una voce che parla all’oggi. Può intercettarla, questa voce, chi della storia pompeiana ha presente l’altro grande versante, quello che, a un tratto, ha segnato il bivio tra l’antica e la Nuova Pompei - toponimo, quest’ultimo, della rinascita su altre basi della città sepolta dalla lava. È infatti avvenuto che la fede, a un tratto, ha preso per mano i due lembi della città per ricapitolare e mettere insieme una vicenda del tutto unica: da una parte i resti, quasi intatti, di un ameno luogo di villeggiatura dell’antica Roma, e dall’altra, la pagina nuova di una città costruita, sui mattoni della fede e della carità da un laico di fine Ottocento, il beato Bartolo Longo.

Più che due città, per lungo tempo, due mondi separati, divisi già nella denominazione più approssimativa a loro assegnata, la città pagana e la città cristiana. I muri e le barriere possono ergersi, invisibili, anche tra una piazza e l’altra. È stato così per molto tempo. Fino a quando, a quei continui richiami dalla città antica, e alle voci provenienti da quel sito - pur grandioso, ma ridotto per l’incuria (anche questa antica) a un museo mal tenuto, si è dato finalmente ascolto. E si è capito che non erano solo reperti, ma proprio segni, anzi reclami di vita. La Nuova Pompei, giovane di anni, aveva cuore e orecchi tesi, per accogliere un’altra storia, e assumerla in sé, come a colmare una cesura di secoli.

La Pompei nata dalla fede, è riuscita così, nel suo grande anfiteatro delle Opere di carità, a far posto a qualcosa di ancora più vivo, lasciando spazio e tempo perché quella forma di progressivo e spontaneo svelamento, più efficace di un’organizzata campagna di scavi, non si perdesse in un nuovo anonimato. Giorno per giorno e quasi reperto dopo reperto la vecchia e la Nuova Pompei si sono così rivelate ogni volta di più a se stesse, aiutandosi a vicenda, ponendo in atto una sorta di 'ecumenismo della storia', realizzato a distanza di secoli.

Ciò che è straordinario è che gli effetti di tutto questo si vedono e cominciano a toccarsi con mano. Con il loro respiro universale, le due Pompei ora convivono, non sono più due tronconi di città che, pur in un ristrettissimo territorio, arrivavano a fronteggiarsi. La città antica è sempre più un libro aperto che continua a offrire pagine ancora da sfogliare, come se volesse avvertire di una trama non conclusa e sempre in corso. La città nuova scrive in diretta una sua vita quotidiana difficile e del tutto singolare, protesa com’è nel giro di compasso del campanile del Santuario, l’edificio costitutivo e l’opera prima della Nuova Pompei. Un Santuario non sul monte, come la stragrande maggioranza, ma nel cuore di un territorio difficile e tormentato che, intorno alla Napoli-metropoli, addensa la più grande conurbazione d’Europa.

Non è un’isola, insomma, neppure la città di Maria, una delle capitali riconosciute della solidarietà e dell’aiuto agli ultimi della fila. In questa forma di dialogo ritrovato, ognuno mette del suo. Ma sotto gli occhi di tutti è oggi, sempre più evidente, la realtà nuova e emozionante di un unico fazzoletto di terra che dà alloggio, insieme, a due grandi capitali rispettivamente del mondo dell’arte e della fede. Un legame che non è un reperto, ma che continua a venire alla luce.

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