martedì 15 novembre 2011
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​Guardi negli occhi Michel Platini e vedi la stessa luce che brillava a illuminare un campo di calcio degli anni ’80. La luce del genio, sintesi europea del fútbol bailado di Pelè e la tangheide argentina di Maradona. Se non fosse per qualche chilo in più e una manciata di riccioli capricciosi che sono volati via, il divino Michel sembra che sia sempre lì sul punto di entrare in campo, per pennellare qualche magia regale e far vincere la partita alle sue due amate squadre: quella della Francia e della Juventus. Questo Napoleone prestato allo sport, presidente Uefa dal 2007, a 56 anni conserva ancora «lo stile» e lo «spirito dell’eterno ragazzo», si legge nella motivazione del “Premio Giacinto Facchetti”. È lui, le Roi, il “Bello del calcio 2011”. Prima della consegna del premio, Platini si emoziona nel vedere il filmato che commemora le gesta di Facchetti e insieme a lui proviamo tanta nostalgia nel rivivere i suoi gol, con il numero 10 della maglia bianconera e della nazionale francese. Ma appena tornano le luci nella sala Buzzati, recita con la faccia da Depardieu la sua parte da attore consumato e regala perle da ultimo discepolo della scuola filosofica di Voltaire. «Faccio un po’ di politica», dice sorridendo e salutando gli illustri governanti dello sport italico (i numeri 1 di Coni, Figc e Lega di Serie A: Gianni Petrucci, Giancarlo Abete e Maurizio Beretta) seduti in prima fila, assieme a Massimo Moratti che prova nostalgia per Mario Balotelli - «Vorrei che ritornasse subito all’Inter» - e Adriano Galliani che sogna uno scudetto bis da dedicare al premier dimissionario Berlusconi. «Un saluto a tutti loro, ma anche all’amico Bruno Pizzùl (l’accento francese su tutti i cognomi) che per anni alla tv ha fatto credere agli italiani che fossi un buon giocatore». Il pubblico presente a questo atto da comédie-française, si diverte fino alle lacrime. E chi di mestiere frequenta le conferenze stampa del mondo del calcio si rende conto della rarità del personaggio Platini. Non resta che piangere invece quando da uomo-Uefa ricorda la necessità dell’attuazione del fairplay finanziario. «Il calcio europeo ha perdite per 1 miliardo e 400 milioni l’anno e questo non è ammissibile, specie mentre c’è una parte del mondo che muore di fame. I primi a capirlo e volerlo applicare sono stati i presidenti italiani. Tutti gli organismi internazionali dello sport sono d’accordo che è tempo di dire basta, il fairplay finanziario va fatto. Non spendere più di quanto si incassa è un valore morale che i club devono applicare, altrimenti uno dietro l’altro spariranno». Platini chiede che in futuro spariscano in fretta «i tanti processi che riguardano il calcio» e possibilmente non appaia mai in tutta la sua invadenza lo spettro della tecnologia. «Io lo sanno tutti, sono per uno sport più umano e meno tecnologico, quindi penso che la soluzione sia l’arbitro di porta. A Blatter non piace? Certo perché non è un’idea sua... A capo dei direttori di gara in Uefa abbiamo messo il vostro Collina e lui ha detto che gli arbitri europei cominciano a credere molto in queste regole, ora dipende da quello che decideranno Fifa e Ifab alla fine dei prossimi Europei». Gioca di rimessa Michel, anzi si lamenta con la solita rasoiata ironica: «Tutta la vita sono stato un attaccante, ma adesso mi ritrovo nel ruolo scomodo di chi gioca in difesa, come avrebbe voluto Trapattoni quando ero alla Juve - ridacchia - . Il Trap? È uno che appartiene alla categoria di chi vince ovunque allena, perché sa quello che fa. Con me lo sapeva meno... Scherzo. Non l’ho sentito, mi ha telefonato il suo vice, Marco Tardelli per chiedermi se avevo il numero di Boniek perché vogliono prenotare l’albergo in Polonia. Sono già convinti della qualificazione dell’Irlanda a Euro 2012». Tutti sono anche convinti che il suo record assoluto dei 3 Pallone d’oro di fila (vinti dal 1983 all’85) stia per essere eguagliato da Lionel Messi. «I record sono fatti per essere superati, il mio ha già resistito abbastanza. Però come è cambiato il calcio... Io sono arrivato alla Juventus a 27 anni, Messi a 13 era già al Barcellona. Negli anni ’70 il calcio in Francia era niente, basta pensare che quando andavo a rinnovare la carta d’identità e chiedevo di inserire “professione calciatore”, l’impiegato comunale mi chiedeva sbalordito: “Ma non sarà mica un mestiere il suo?”. Purtroppo mio nonno si era trasferito dall’Italia in Francia e adesso non posso mica fargli causa e portarlo in tribunale». Basta tribunali abbiamo detto e basta polemiche inutili. Quello che serve è la fiducia che alimenta la speranza nel futuro e questa in campo, sia Italia che Francia, sembra che l’abbiano ritrovata. «Cesare Prandelli lo sapevo che sarebbe diventato un grande ct, per forza è stato 5 anni con me alla Juve. Oh forse sono io che sono stato con lui? - sorride divertito - . Se nella sua Italia ha trovato chi segna e chi para i rigori allora vuol dire che questa Nazionale può andare lontano. La Francia? Va un po’ meglio, anche perché era difficile fare peggio della precedente. Il mio sogno da presidente Uefa è quello di vedere una squadra europea vincere il Mondiale del 2014 in casa dei brasiliani. Ci siamo riusciti già in Sudafrica con la Spagna, questo vuol dire che il calcio in Europa funziona molto bene». Ma perché il calcio funzioni sempre meglio, serve portare in giro per il mondo quello che Platini chiama il suo “personale fil rouge”. «Noi dobbiamo far capire a quei milioni di bambini che giocano a calcio nel mondo che questo prima di tutto è un gioco. Ho sempre pensato che chi ha inventato il fuorigioco meriterebbe il Nobel perché ha fatto del calcio un gioco anche intelligente. Un gioco che educa: se prendete un bambino vi dirà che ha più rispetto di un arbitro che del suo professore di scuola». Il calcio come scuola di vita, specie se troverà ancora modelli forti come Platini che non ha mai smesso di seguire la scia dei «campioni galantuomini, come Giacinto Facchetti, come il mio grande amico Gaetano Scirea».
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