domenica 12 giugno 2011
COMMENTA E CONDIVIDI
È un brutto che conquista. Se è vero che la prima impressione non è quella che conta, il musetto raccapricciante e quel corpicino peloso finiscono per fare più tenerezza che ribrezzo: il pipistrello (una tra le specie più ingiustamente perseguitate al mondo) sta lentamente ma inesorabilmente colonizzando le case degli italiani. Non è raro vedere su una parete, in un giardino o appesa sulla terrazza una scatolina, la bat box, pensata per dare rifugio ai chirotteri: sono numerosissimi, soprattutto al Nord, i comuni italiani che le offrono gratuitamente o a pagamento, un metodo biologico ma efficace per la lotta alle zanzare. Al pipistrello, alle sue abitudini, ai suoi vizi e alle sue tante virtù, l’Europa ha dedicato il 2011, l’Onu bisserà con l’anno internazionale nel 2012. Componente importante della biodiversità, molto più di quanto in genere si sospetti, i pipistrelli contribuiscono in misura consistente a mantenere vivo e vitale l’ecosistema del pianeta, partecipando alla nostra salute e al nostro benessere semplicemente essendoci: volando impollinano e disperdono semi che poi germogliano, mangiando sterminano gli insetti. Oltre 450 colture economicamente significative, dalle banane agli anacardi, dai fichi ai datteri, al mango, agli avocado dipendono dal lavoro inconsapevole dei pipistrelli: trasportando pollini e semi consentono la crescita di 110 specie di piante dalle quali si ricavano cibo o bevande, 72 varietà vegetali usate nella produzione di medicinali, 66 specie di alberi da legna, 29 colture indispensabili per produrre fibre e cordami, 25 necessarie per creare le tinture, 19 da cui si estrae il tannino... E la lista sarebbe ancora lunga. Nel mondo volano 1.200 specie di pipistrelli: in Italia ne ospitiamo almeno 35 varietà, ciascuna specializzata in ambienti diversi, ciascuna con il proprio stile di vita. «Nel nostro Paese, i pipistrelli sono un terzo di tutti i mammiferi selvatici – spiega Paolo Agnelli, professione zoologo, in forze al Museo di storia naturale di Firenze – eppure sono ancora poco studiati. E si capisce perché. Bisogna rincorrerli di notte o, peggio, andarli a cercare nelle grotte, non si vedono né tanto meno si possono riconoscere al canto come succede per gli uccelli. Sarà per questo che ci sono un’infinità di ornitologi mentre scarseggiano i chirottologi...». Paolo Agnelli è il referente di un progetto di lungo corso della Specola fiorentina, che dal 2006 assiste, consiglia e incoraggia chi decide di installare una bat box fuori dalla propria abitazione: «Sono rifugi pensati per gli ambienti urbani, si possono attaccare al muro, appendere a un albero o a un palo. Il progetto bat box, però, è soprattutto un progetto di divulgazione per far comprendere alle persone messaggi fondamentali sulla biodiversità e sui pipistrelli in particolare». Non è un caso che nasca in Toscana dove sono segnalate ben 24 specie di chirotteri. Sempre più a rischio: «Sono minacciati da vari fattori di modificazioni ambientali. Una volta – spiega Agnelli – il territorio era un mosaico agrosilvopastorale, dove il bosco si alternava a piccoli appezzamenti coltivati in modo diverso, divisi dalle siepi, attraversati da un corso d’acqua. L’ambiente ideale, per un pipistrello, dove crescere e moltiplicarsi. Oggi, con l’introduzione della monocoltura, le disinfestazioni antiparassitarie e l’inquinamento i pipistrelli sono in crisi». Ma davvero una bat box nel centro di Milano, o di Roma o di Napoli ha qualche possibilità di venire colonizzata? «Stiamo cercando di verificarlo. Il nostro progetto comprende anche una parte di ricerca. Chi acquista una delle nostre bat box – sottolinea Agnelli – trova al suo interno anche un manuale sui pipistrelli e su come utilizzare al meglio il rifugio e una scheda da rispedire compilata con i dati di installazione e con quelli di monitoraggio». L’impegno non è gravoso, basta un controllo velocissimo una volta al mese per verificare la presenza o meno degli animali: delle 25 mila persone che fino a oggi hanno appeso una bat box, 1.300 sono rimaste in contatto con il Museo di storia naturale di Firenze, l’équipe di Agnelli garantisce un feedback continuo e puntuale. «Chi compila la scheda deve indicare a che altezza dal suolo ha posizionato il rifugio, che esposizione ha, quanto sole prende al giorno, se è vicino a corsi d’acqua, se ci sono alberi o altro genere di vegetazione, quando l’ha installata, ogni quanto la controlla... Elaborando statisticamente questi dati, che cominciano a essere corposi – prosegue il chirottologo – possiamo vedere quali sono le bat box migliori». Così è nata una sorta di bat community che tiene aggiornati tutti i sostenitori dei pipistrelli sulle novità della ricerca, su come sta andando avanti. Un esperimento riuscito di citizen science: persone qualsiasi, senza una preparazione specifica, coinvolte in un progetto scientifico a cui danno un significativo contributo raccogliendo dati sul territorio. «Informazioni che ci hanno permesso di verificare, per esempio, che più la bat box è in alto, più ha possibilità di venir colonizzata. Questo perché i pipistrelli sono animali selvatici e timidi e non si avvicinano troppo al terreno e alle persone. Un picco di colonizzazione – spiega Agnelli – si verifica in agosto quando i piccoli nati a giugno cominciano a volare e abbandonano i rifugi natali per conquistarne di nuovi». Timidi nei confronti degli umani, spietati con gli insetti che ingoiano in gran quantità: «Certo non si possono combattere le zanzare solo con i pipistrelli – disillude subito Agnelli – perché la miglior lotta a questi insetti si fa distruggendo i focolai larvali, dove si concentrano in piccoli spazi le uova e le larve che daranno luogo a centinaia o migliaia di adulti. Quando gli insetti sono sfarfallati l’errore più grande è cercare di colpirli con i disinfestanti perché per essere efficace dovrei nebulizzare veleni su ambienti troppo grandi. Quando si arriva a questo punto, la natura ci viene in aiuto, bisogna favorire le rondini, i rondoni, i balestrucci. Ma anche rane e ranocchi, le larve di libellula che negli stagni sterminano le zanzare. E i pipistrelli». Che di notte danno il cambio alle rondini e di insetti ne fanno fuori parecchi anche se calcolare in numero esatto di zanzare che finiscono nel loro stomaco è piuttosto complicato. Un sistema però c’è: «Bisogna pesare il pipistrello prima che esca la sera e poi di nuovo quando rientra. Sono animali che pesano pochissimo, in media una ventina di grammi, e in una notte possono incrementare il loro peso dal 20 al 40 per cento. Cinque grammi in poche ore – spiega Agnelli – può voler dire che la bestiolina ha mangiato diecimila insetti se fossero tutti moscerini, oppure duemila zanzare. Ma un pipistrello può predare anche un grosso coleottero... Possiamo ragionevolmente supporre che ogni esemplare riesca a eliminare fino a mille zanzare per notte». Più efficace, quindi, di qualsiasi zampirone, piastrina chimica o essenza naturale: «Capita spesso che chi acquista la bat box pretenda di comperare anche una coppia di abitanti. Cosa assolutamente impossibile. Tutte le specie italiane di pipistrelli – chiarisce l’esperto – sono considerate fauna selvatica dalla nostra legislazione e sono protette in maniera rigorosa. Non è possibile né il loro acquisto né il loro reperimento tramite qualsiasi metodo, la loro detenzione è illegale e perciò perseguibile a norma di legge». Ma allora, la bat box? «Posizionandone una non facciamo altro che fornire un rifugio ai pipistrelli che vivono nell’ambiente, visto che la carenza di fessure in cui potersi riparare – conclude Agnelli – è una delle cause della loro costante diminuzione».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: