mercoledì 6 maggio 2015
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«Ricevo tutti, comunisti e non comunisti; e ne sento di tutte. Meno anticomunismo, è mia opinione, e più Vangelo». È uno dei passaggi centrali del colloquio tra padre Bevilacqua e lo scrittore Guido Piovene avvenuto in una nevosa mattina del 1952. Al carismatico parroco descritto «con occhi veramente angelici», che vive in una canonica di «due stanze e tre cessi a disposizione di tutti» in «un quartiere per i poveri» (La Baia del Re, costruito grazie al Piano Fanfani), il grande scrittore veneto dedicherà un ampio ritratto nel suo famoso libro "Viaggio in Italia", pubblicato nel 1957. Pagine scritte con linguaggio asciutto, da cui affiora la vita controcorrente del sacerdote oratoriano: la sua attenzione ai poveri, ai diseredati e ai rinnegati («Qui una prostituta è seppellita altrettanto bene di un prete») ma anche la centralità della messa (in cui «sostituisco il più possibile il latino con l’italiano») e l’essenzialità in campo liturgico. «Amo la Chiesa e perciò parlo chiaro – è la riflessione finale quasi profetica del sacerdote filippino –. Bisogna pulirla dalle incrostazioni. Non si tratta di modernismo, ma soltanto di richiamo al Vangelo. Ed il Vangelo parla esplicito sulla ricchezza. Non si può inguantare il Vangelo. Del resto non ci riuscirebbe nessuno. E non bisogna eliminare i fermenti vitali. Bisogna anche tornare alla universalità del cattolicesimo, oggi troppo italiano».
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