mercoledì 4 marzo 2009
Roma Una nota nel memoriale di un convento di claustrali: «Il Santo Padre vuol salvare i suoi Figli, anche gli Ebrei, e ordina che nei Monasteri si dia ospitalità ai perseguitati». Padre Gumpel: «Rara testimonianza, all’epoca queste cose non si scrivevano»
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Piccole tessere di un mosaico che va ricomponendosi, restituendo pie­nezza a un’immagine purtroppo svi­lita da discutibili ricostruzioni storiche. Dopo il convegno tenutosi a settembre a Roma con l’udienza di Benedetto XVI, la Pave the Way Foundation di New York, pre­sieduta da Gary Krupp, esponente ebreo, rivela diversi documenti che attestano l’im­pegno di Pio XII verso gli ebrei perseguita­ti dai nazisti, nonché la sua simpatia per il popolo israelita risalente a quando Pacelli era nunzio in Germania. Circa 300 pagine, provenienti dall’Archivio segreto vaticano e rinvenute dallo studio­so tedesco Michael Hesemann, mostrano che non vi siano appigli per definire Pacel­li «il Papa amico di Hitler», come una cer­ta vulgata attesta, dall’opera di Rolf Ho­chhuth Il Vicario in poi. Il documento più importante diffuso da Pave the Way è un passaggio del «Memoriale delle Religiose Agostiniane del Ven. Monastero dei SS. Quattro Coronati di Roma». In cui – vedi il testo qui a fianco – è lapidaria l’attestazio­ne che fu Pio XII a chiedere ai conventi, al­le istituzioni religiose, finanche agli istitu­ti di clausura, di ospitare gli ebrei minac­ciati dalla «più nera barbarie». L’annota­zione è di una cronista anonima del mo­nastero claustrale che registrava gli eventi della comunità monastica: al novembre 1943 risale l’indicazione dell’aiuto da pre­stare agli ebrei verso cui si è scatenata «u­na guerra spietata». «Questo è certamente un documento im­portante ». Interpellato per un giudizio, pa­dre Peter Gumpel, gesuita e insigne storico, relatore della causa di canonizzazione di Pacelli, non ha dubbi: «Io ho vissuto sotto il nazismo in Germania e in Olanda. So be­ne come, in periodi come quelli, un regime totalitario abbia spie dappertutto e tutti sia­no restii a mettere nero su bianco qualsia­si cosa. Molte cose non si facevano nem­meno per telefono, ma solo a tu per tu. Que­sto avvenne anche dopo il 16 ottobre 1943 (inizio dei rastrellamenti di ebrei a Roma, ndr). Non furono mandate carte scritte dal Vaticano, ma dei sacerdoti andavano nelle case religiose a dire: il Papa vuole che si dia rifugio ai perseguitati politici e agli ebrei». Per questo motivo, essendo rarissimi gli scritti che riferivano di salvataggi di soggetti perseguitati dai nazisti, il diario delle Ago­stiniane ha notevole valore: «C’è stato qual­che nemico della Chiesa che ha detto: sic­come non ci sono ordini scritti di Pio XII di salvare gli ebrei, vuol dire che non l’ha fat­to – argomenta padre Gumpel –. Ma è la stessa motivazione con cui lo studioso Da­vid Irving ha negato la Shoah, ovvero che non esiste un documento firmato da Hitler che attesti lo sterminio degli ebrei; e quin­di l’Olocausto non sarebbe avvenuto... Que­sto delle Agostiniane è uno dei pochi casi di testimonianza scritta della volontà di Pio XII di aiutare gli ebrei». Tra le carte rese note da Pave the Way vi so­no poi documenti diplomatici che confer­mano l’avversione di Pio XII a Hitler e la sua vicinanza al popolo ebraico. Già nel 1917 – come dimostra un appunto di Pacelli, allo­ra delegato vaticano in Germania – egli si fa­ceva latore della richiesta di Benedetto XV presso il governo tedesco perché questi si interessasse dell’«incolumità luoghi e po­polazione giudaica in Gerusalemme». Pa­celli poi intervenne presso il Pontefice per­ché incontrasse Nachum Sokolov, rappre­sentante dell’Organizzazione mondiale sio­nista. Risale al 1939 un memorandum del console americano a Colonia che riferiva al governo di Washington sul «nuovo Papa», Pio XII, descrivendolo come persona fer­mamente contraria al regime hitleriano. Sempre Pacelli, in qualità di segretario di Stato, intervenne in Polonia quando il go­verno sancì una norma discriminatoria ver­so gli ebrei e le loro pratiche alimentari: co­me attesta una missiva del 21 maggio1938 al cardinale Tisserant, segretario della Con­gregazione per le Chiese orientali, il futuro Pio XII fece muovere il nunzio, monsignor Cortesi, perché Varsavia non proseguisse il progetto.
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