sabato 7 febbraio 2009
A 70 anni dalla morte di papa Ratti, il gesuita Sale ricorda: «Mussolini non rispose alla nota di protesta vaticana contro le discriminazioni. E allora il papa lo definì 'maleducato e fedifrago'»
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Scompariva a causa dell’a­vanzare dell’età ma anche della malandata salute, compromessa da tante preoccu­pazioni, il 10 febbraio di set­tant’anni fa nel giorno che prece­deva il decennale dell’anniversa­rio dei Patti Lateranensi, all’età di 82 anni, papa Pio XI, Achille Rat­ti. Grazie alla recente desecreta­zione dei documenti presenti nell’Archivio segreto vaticano su questo pontificato, è stato possi­bile ricostruire gli ultimi attimi di vita del pontefice, il suo vero sta­to d’animo verso la questione razziale, le sue preoccupazioni per le misure adottate contro la Chiesa cattolica dal regime fasci­sta ma anche appurare la reale incrinatura dei rapporti diploma­tici tra Stato e Chiesa alla vigilia del decennale dei Patti Latera­nensi, avvenuti l’11 febbraio del 1929. Un’incrinatura dovuta so­prattutto all’alterazione, il vulnus secondo il gergo diplomatico, della norma dell’articolo 34 in materia matrimoniale del Con­cordato. A sostenere questa tesi è il gesuita e redattore storico de La civiltà cattolica, Giovanni Sale: «Un dossier della Segreteria di Stato, sistemato e accompagnato da opportuni commenti da mon­signor Domenico Tardini, a quel tempo segretario della congrega­zione degli Affari ecclesiastici straordinari, contiene importanti documenti, relativi – argomenta lo storico gesuita – ad alcune questioni trattate dal Papa nelle ultime settimane di vita. Non mancano osservazioni sulla ma­teria razziale o sui provvedimenti contro la dottrina cattolica che a­mareggiavano il cuore del papa. Preoccupazioni che gli provoca­vano delle vere e proprie crisi cardiache». La causa di questo stato d’animo del papa, spiega ancora Sale, si annida molto pro­babilmente nella mancata replica scritta di Mussolini alla nota di protesta della Santa Sede contro le leggi razziali del 17 novembre 1938. Una risposta elusa dal duce che avrebbe indotto il papa ad a­postrofare lo stesso Mussolini co­me «maleducato e fedifrago». A irritare il capo del fascismo era stata soprattutto la frase pronunciata da papa Ratti nel corso dell’allocuzione concistoriale del 24 di­cembre del 1938, in cui lo aveva definito «incompa­rabile ministro». «Musso­lini interpretò la dicitura 'incomparabile mini­stro', lo riferisce lo stesso Ciano, come se il papa vo­lesse prenderlo in giro. E di fatto così era – spiega Sale –: fece sapere in Vaticano che il go­verno non avrebbe partecipato ai festeggiamenti del decennale della Conciliazione; successiva­mente, il 20 gennaio, cambiò idea e inviò Ciano per concordare il modo in cui doveva essere cele­brato l’anniversario». A dimostra­zione del clima incandescente tra Stato italiano e Santa Sede parla la testimonianza, ancora inedita, dell’allora nunzio apostolico in I­talia Francesco Borgongini Duca. Il documento, datato 28 dicem­bre 1938, è il frutto del colloquio di Borgongini Duca con Galeazzo Ciano: «In seguito al vulnus del Concordato, il decennale della Conciliazione si presenta piutto­sto male: tutti i cattolici si sento­no umiliati, senza nessuna nostra colpa. – si legge –; però è un fatto che da quando funziona l’asse Roma-Berlino, sono cominciati i nostri dolori e siete arrivati a vul­nerare il Concordato. Voi potete comprendere come tutti i cattoli­ci ne siano allarmatissimi. Di più, S. E. il Capo del Governo ha trat­tato troppo male il Papa, ed una Sua augusta Lettera è stata lascia­ta senza esser presa in considera­zione e senza risposta». Un clima generale che segna l’impasse tra le due diplomazie e che trova conferma in un’altra nota, sem­pre inedita, di Borgongini Duca: durante un incontro con lo stesso capo del governo del 13 gennaio del 1939, «Mussolini fu cortese ma non mi domandò, come ave­va fatto altre volte, del papa». Si tratta, secondo Sale, di un vero atto di «scortesia diplomatica». Nello stesso frangente, il nunzio apostolico intrattenne un collo­quio con l’allora sottosegretario di Stato Guido Buffarini Guidi ri­guardante il decennale della Conciliazione: «'Come vuole che si celebri con questo stato d’ani­mo?' – rispose il sottosegretario – . Quando però io gli ho detto: 'Voi conoscete l’esultanza che manifestò il popolo italiano dieci anni fa, ed il popolo aspetta ora qualche cosa: non bisogna dare l’impressione al mondo che il fa­scismo si sia pentito della Conci­liazione', mi ha replicato: 'Sì, sì, avete ragione, bisogna fare qual­che cosa'». La morte improvvisa del papa cancellò la celebrazione della Conciliazione del ’29 e con essa il discorso di papa Ratti. Gio­vanni XXIII ne permise la pubbli­cazione di alcuni estratti nel 1959. Oggi è possibile leggerlo in­tegralmente, dopo l’apertura de­gli Archivi vaticani, nel libro di Emma Fattorini, Pio XI, Hitler e Mussolini. «Pio XI era intenziona­to a celebrare il decennale della Conciliazione anche senza la par­tecipazione del governo italiano – è la riflessione finale di padre Sa­le –. Il discorso preparato dal pa­pa fu definito da Tardini di 'gran­de importanza'. Dagli appunti di monsignor Tardini si sa che il pa­pa scrisse di suo pugno fino alla fine di gennaio il messaggio per l’anniversario della Conciliazio­ne. Successivamente l’8 febbraio fu fatto leggere al cardinale Pacel­li, che vi apportò a lapis qualche piccolo ritocco. Un discorso che, se pronunciato, avrebbe fatto tre­mare gli ambienti governativi».
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