sabato 20 dicembre 2014
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Le riflessioni del professor Mario A. Maggioni, docente dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, su un convegno dedicato a Charles Péguy. Sono già passati alcuni mesi dal centenario esatto della morte di Charles Péguy, grande poeta, saggista, filosofo e polemista francese, morto il 5 di settembre a Villeroy sul fronte franco-tedesco durante i primi cruentissimi giorni della Prima Guerra Mondiale, eppure in Università Cattolica ci eravamo dimenticati di ricordare questo gigante della cultura europea: cattolico e socialista, scrittore di prosa e poesia, filosofo e storico, intellettuale di vaglia e da sempre nemico del “partito degli intellettuali”. Poi però alcuni docenti hanno deciso di fare qualcosa, di fare “esplodere la bomba Péguy” dentro il grigio tran tran della vita accademica. Spesso le varie discipline si chiudono nelle loro nicchie disciplinari dove si tratta l’"esperienza scientifica" come qualcosa di distinto se non opposto all’"esperienza reale". L’iniziativa è stata di Mario A. Maggioni, economista che si occupa di politiche per l’innovazione ed economia comportamentale con il Cscc (Centro di ricerca in Scienze Cognitive e della Comunicazione), e di Evandro Botto, Direttore del Cadoc (Centro di Ateneo per la dottrina Sociale della Chiesa).

Così sono stati chiamati in Cattolica a parlare di Péguy due suoi “amici”. Il primo, il filosofo Camille Riquier, cattedra di metafisica all’Institut Catholique de Paris, che ha studiato le opere in prosa dell’autore lorenese ed in particolare la sua relazione con il suo più grande (e forse unico) “Maestro”: Henry Bergson. Il secondo, il cardinale  Roger Etchegaray, già presidente del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, che, avendo dedicato la sua intera vita alla Chiesa, può candidamente affermare che, di Péguy, apprezza “Il suo anticlericalismo di buona lega”. Dopo la relazione di Riquier e la testimonianza di Etchegaray che ha inviato un video (in alto a destra), sono seguiti 5 interventi di docenti di discipline le più diverse (dall’antropologia filosofica, alla storia delle istituzioni; dalla teoria della rappresentazione, alla fisiologia animale e all’economia dell’innovazione) che hanno accettato la sfida di confrontare la propria attività di ricerca, la propria attività didattica, e più generalmente, la propria esperienza in università con la provocazione delle parole e della vita di Charles Péguy. Quello che ne esce è un “seminario internazionale” del tutto anomalo per gli standard accademici, in cui Matteo Bonanni, attore professionista, prima dei tradizionali “indirizzi di saluto”, irrompe nell’aula declamando, per poi continuare a leggere, le pagine iniziali dello “spirito del sistema”: la feroce critica di Péguy verso la sociologia “scientifica” di Durkheim, ma che è ancora attuale nel denunciare tutti i tentativi di ridurre la realtà entro uno schema scientifico che finisce per diventare anche ideologico. Insomma, per citare la testimonianza di Etchegaray: “Péguy: intruso in università?" Non solo in Università! Intruso ovunque oppure in nessun luogo; così come lo è l’Incarnazione, da sempre al centro dell’opera di Péguy, l’evento con cui il temporale e l’eterno, il mondo e la grazia si sono compenetrati e Dio e l’uomo e si sono dati la mano”.
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