venerdì 5 settembre 2014
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Le ultime ore di vita di Pier Paolo Pasolini restituite attraverso i momenti realmente vissuti dallo scrittore, poeta e regista, e l’immaginario che emerge dalle opere a cui stava lavorando in quei giorni e rimaste incompiute. Questo racconta il film di Abel Ferrara presentato ieri in competizione, Pasolini, che affidata il ruolo del protagonista a Willem Dafoe, talmente perfetto da indossare persino gli abiti veri di Pier Paolo come se fossero i suoi.  Accolto da applausi, il film di Ferrara, che arriva al Lido a 50 anni dalla presentazione alla Mostra de Il Vangelo secondo Matteo, convince a metà. Il lavoro di ricostruzione del mondo pasoliniano farà storcere il naso a qualcuno, ma la sovrapposizione, come ha spiegato lo sceneggiatore Maurizio Braucci, di tanti strati di colori con tonalità diverse, come si fa in pittura, offre una struttura narrativa che restituisce, almeno in parte, la complessità dell’intellettuale e artista, trovato ucciso all’Idroscalo di Roma la notte del 2 novembre 1975. Ed ecco allora che alla fedele ricostruzione delle ore trascorse con l’adorata madre (Adriana Asti), i cugini Graziella (Giada Colagrade) e Nico (Valerio Mastandrea), gli amici Ninetto Davoli (Riccardo Scamarcio) e Laura Betti (Maria De Medeiros), la notte a bordo della sua Alfa Romeo in cerca di avventure, si aggiunge la visualizzazione di alcuni capitoli del romanzo Petrolio e di alcuni passi della sceneggiatura di Porno-Teo-Kolossal, nuovo film che Pasolini pensava di affidare al giovane Davoli e a Eduardo de Filippo (interpretato proprio da Davoli nel film di Ferrara). La musica che ascoltiamo è inoltre quella usata da Pasolini nei suoi film così come assistiamo alle sue due ultime interviste, una alla tv francese, l’altra, celeberrima, a Furio Colombo, che raccontano le polemiche e la poetica pasoliniana di quell’ultimo periodo, le sue preoccupazioni per una società alla deriva e in balia di una violenza sempre più incontrollabile. «Siamo tutti in pericolo» ammoniva, quasi a presagire la sua stessa morte avvenuta dopo poche ore. Ne emerge una figura contraddittoria, divisa tra modernità e tradizione: da una parte l’intellettuale puro e rigoroso, simbolo della lotta contro il potere e di un’arte spesso scandalosa, oggetto di censura. Dall’altra l’omosessuale inquieto che ama calarsi nell’abisso. «Con la vita che faccio, io pago un caro prezzo. È come uno che scende all’inferno», dice nell’intervista a Colombo. «Volevo raccontare la vita e il lavoro di Pier Paolo – dice Ferrara – la passione e la compassione di un’artista che ha reinventato il cinema e l’idea di scandalo. Il grande cinema italiano è finito con la sua morte».  A non convincere sono invece alcune fantasie sulle opere incompiute (l’orgia del film mai realizzato sfiora il ridicolo), un finale che appiattendosi sulla nuda cronaca nulla aggiunge in termini di visionarietà a quello che già sappiamo sulla morte di Pasolini e soprattutto una scelta linguistica insensata per la quale alcuni degli interpreti mescolano italiano e inglese con un effetto a dir poco straniante anche per il pubblico straniero. Problema che sarà superato dal doppiaggio italiano (la voce di Pasolini sarà quella di Fabrizio Gifuni, mentre Chiara Caselli doppierà la De Medeiros) ma che persisterà nella versione internazionale. Ma resta il mistero di Davoli che nei panni del napoletano Eduardo parla in romano e Scamarcio che nei panni del romano Davoli parla in napoletano.
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