sabato 17 febbraio 2018
Il progetto della città emiliana, con il motto “La cultura batte il tempo”, scelta tra dieci finaliste. Il ministro Franceschini: «Un'iniziativa che fa crescere ogni città partecipante»
Piazza Garibaldi a Parma con il logo di capitale della cultura italiana 2020

Piazza Garibaldi a Parma con il logo di capitale della cultura italiana 2020

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Sarà Parma la capitale italiana della cultura per il 2020. La nomina è stata annunciata ieri mattina a Roma dal ministro Dario Franceschini presso la sede del Ministero dei Beni e attività culturali e del Turismo. La città emiliana segue così a Palermo, capitale per quest’anno, a Pistoia (2017) e Mantova (2016). L’anno prossimo, invece, non è stata designata nessuna città perché Matera sarà già capitale europea della cultura. Parma è risultata vincitrice tra le altre nove città finaliste: Agrigento, Bitonto, Casale Monferrato, Macerata, Merano, Nuoro, Piacenza, Reggio Emilia e Treviso. Ma erano state in 46 a rispondere, sei mesi fa, al bando del Mibact: dodici del Nord, otto del Centro, diciotto le località del Sud (di cui otto in Campania e sette in Puglia) e altre otto nelle isole. Una partecipazione larga, segno di un interesse nei confronti della cultura come motore di sviluppo. La scelta è stata effettuata all’unanimità dalla giuria presieduta da Stefano Baia Curioni. Il dossier di Parma 2020, sotto il titolo “La cultura batte il tempo” è stato scelto perché «esempio virtuoso e di elevata qualità nella progettazione territoriale a base culturale».

I punti di forza del programma, recita la motivazione della giuria, sono «in particolare la capacità di attivare e coordinare un sistema estremamente complesso di soggetti, allargato su base territoriale estesa. Il progetto, infatti, enfatizza un forte, attivo, coinvolgimento dei privati e delle imprese del territorio, una stretta relazione con il mondo dell’università e della ricerca, con il mondo della cultura e del welfare». Ma anche «la presenza di un rapporto consapevole tra rivitalizzazione urbana, integrazione sociale e produzioni culturali con riferimento esplicito all’attivazione di distretti; un sistema di offerta culturale di ottimo livello realizzato con una esplicita attenzione ai giovani, all’integrazione tra discipline artistiche, con particolare riferimento alla tradizione musicale; e una forte capacità di infrastrutturazione culturale e di gestione dei sistemi di accoglienza e gestione della attrattività in vista della sostenibilità complessiva».

Il progetto punta a valorizzare la storia e la contemporaneità di Parma attraverso il coinvolgimento di venticinque istituzioni e la promozione di trentadue progetti dedicati all’arte, la letteratura, la storia e la musica, suddivisi in quattro ambiti: produzioni, esposizioni, cantieri (che il sindaco Federico Pizzarotti aveva promesso di attivare anche in caso di mancata vittoria), e rassegne. Il progetto pilota, intitolato “Il futuro della nostra memoria”, verte però sul recupero del rinascimentale Ospedale Vecchio. Ruoli guida avranno alcuni poli come il Ponte Romano, il distretto della musica e il WoPa, progetto, avviato nel 2014, di recupero e riqualificazione del complesso industriale ex Manzini, edificio in stato di abbandono in un’area critica della città. “La città delle muse” porterà musica in tutti i quartieri, anche i periferici, con il contributo del Conservatorio “Arrigo Boito”. Le produzioni musicali avranno come cuore il Teatro Regio che, oltre a una edizione speciale del Festival Verdi, avrà una stagione speciale tutta dedicata al Novecento, con l’ausilio della Fondazione Toscanini e di Fondazione Teatro Due. Edizione speciale anche per il Festival della creatività contemporanea Parma 360 e con un nuovo spazio espositivo per la fotografia.

Cinque milioni di euro il bilancio previsto, «la maggior parte da privati» dice Pizzarotti, a cui si aggiunge il milione del Mibact (non propriamente una cifra esagerata) come premio per la vittoria. «L’iniziativa della capitale italiana della cultura – ha detto Baia Curioni ieri mattina – è diventata un modello di riferimento per lo sviluppo culturale nel nostro Paese sulla base della qualità. Le città partecipanti hanno dato dell’Italia un’immagine in parte diversa da quella che siamo abituati ad ascoltare. Il tratto comune delle città che si sono presentate è stato la loro voglia e capacità di riscatto: dalle violenze operate sul territorio, dalla natura, dai processi esagerati di crescita urbana». Un altro punto importante per Baia Curioni è «la solidarietà, la capacità di collaborare che ognuna di queste città ha dimostrato di possedere. Tra lingue e culture diverse, tra istituzioni, tra pubblico e privato, tra le realtà dell’associazionismo». Infine questo concorso lascia un terzo messaggio: «Una creatività nella produzione culturale che dimostra la capacità di cambiare: non ideologica [concetto ribadito per tre volte, ndr] ma basata su una fede nella cultura e nella sua essenza, che non è intrattenimento ma educare, fare umanità. Dimostrando la capacità di passare da politiche culturali a politiche a base culturale, in cui la cultura si fa lievito: il modo più alto di rendere contemporaneo il patrimonio culturale delle città».

Il ministro Dario Franceschini, prima di aprire la busta con il nome di Parma, ha commentato come l’iniziativa della Capitale italiana della cultura sia «una cosa cresciuta nel tempo, nata dall’esperienza della gara per Matera capitale europea. Dopo aver notato che cosa aveva prodotto, abbiamo capito che era necessario renderla fissa ogni anno. Una scelta giusta: abbiamo visto quanto ha portato in questi anni alle città vincitrici in termini di visibilità e soprattutto in capacità di progettazione È un percorso di crescita». Secondo il ministro, un discorso valido non solo per chi vince: «Sta succedendo che essere nella short list è come essere nei candidati agli Oscar... Essere tra i finalisti è un grande risultato. Siamo riusciti a fare in modo che la proclamazione sia avvenuta due anni prima, così da allungare il tempo di preparazione e consentire di arrivare al 2020 con un calendario esemplare ».

Parma conquista il titolo al secondo tentativo: il primo era stato nel 2016. Il precedente fallimento è stato un’esperienza preziosa, ma c’è anche la ritrovata stabilità economica del Comune. E il riscatto dalla «difficoltà amministrativa» è stato citato dal presidente di giuria come vettore decisivo del dossier parmense. Il sindaco Pizzarotti, presente a Roma insieme agli altri primi cittadini delle città finaliste, si è detto «più emozionato oggi delle elezioni. Ci dà una grande possibilità. Voglio soffermarmi su un punto: il lavorare su un dossier ha fatto mettere le persone, tutti i sistemi istituzionali e imprenditoriali, intorno a un tavolo per creare un’idea di città». Pizzarotti ha anche ricordato le altre città emiliane in finale, Piacenza e Reggio Emilia, tra le quali nei giorni scorsi era stato firmato un patto di mutua collaborazione nel caso di vittoria di una delle tre.

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