venerdì 12 marzo 2010
L’Italia partecipa a queste Olimpiadi Invernali con 35 atleti in tutte e cinque le discipline: sci alpino, sci nordico, biatlhon, sledge hockey, curling. In gara anche Alexi Salamone che perse le gambe in seguito al disastro di Chernobyl.
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La fiaccola paralimpica non è ancora stata riaccesa che a Vancouver si dicono già soddisfatti dei X Giochi invernali. Superati infatti i numeri della precedente edizione, quella di Torino 2006: iscritte 44 nazioni, in Italia erano state 39 e 505 sono gli atleti partecipanti, una trentina in più. Lo sforzo per fare una grande edizione, costata oltre 21 milioni di euro, pare essere raggiunto. Forse questa sarà anche l’edizione più mediatica: oltre 10mila i media accreditati. Le reti televisive di tutto il mondo, comprese Sky e Rai in Italia, hanno pianificato ore di diretta e di approfondimenti. Quella che sta per entrare nel vivo sarà la paralimpiade invernale in cui l’Italia è presente con 35 atleti che gareggiano in tutte e cinque le discipline: sci alpino, sci nordico, biatlhon, sledge hockey, curling.Luca Pancalli, presidente del Comitato italiano paralimpico non fa pronostici. A Torino gli azzurri avevano conquistato 8 medaglie e si limita a dire: «Abbiamo una nazionale molto competitiva che ad un anno da Pechino ha conquistato 15 medaglie nelle discipline paralimpiche, davanti a Usa, Canada, Spagna e Francia». In queste Paralimpiadi sono 64 le medaglie da assegnare. In Italia l’oro vale 75 mila euro, l’argento 40 mila euro ed il bronzo 25 mila euro, premi fra i più alti messi in palio dalle diverse nazioni partecipanti. Sin qui numeri, cifre: agonismo puro. Ma le Paralimpiadi, anche se Olimpo dello sport, partono da lontano. Da persone che per i motivi più vari si ritrovano in carrozzina, amputati, ciechi. «Molti di quelli che poi diventano atleti non facevano sport nella prima vita – spiega Luca Pancalli – hanno cominciato ad avvicinarsi all’attività sportiva durante la convalescenza al centro di riabilitazione. Qualcuno continua sino a fare agonismo». Pochi, visto che la squadra italiana è composta da molti veterani. «In Italia si deve lavorare ancora molto – ammette Pancalli – per incoraggiare a fare sport i giovani che vanno incontrati nelle scuole e negli ospedali. Lo sport è un volano per l’integrazione perché aiuta a riprendere fiducia in se stessi». Storie come quella di Alexi Salamone dello Sledge Hockey americano lo dimostrano. Nato quattordici mesi dopo il disastro nucleare di Chernobyl con le gambe tanto malformate che a quattro anni gli furono amputate e due anni dopo adottato dalla famiglia italo-americana Salamone. Salamone è oggi uno dei più importanti campioni dello sledge hockey del mondo. Al momento la sua vita è quella di atleta professionista, ma a 22 anni, sta studiando per fare un altro lavoro una volta finita la carriera agonistica.E quando il confine fra corpi completi e corpi meno si fa labile accade che un tal Brian McKeever, ipovedente, diventi il primo atleta disabile della storia dei Giochi invernali a scaldare i muscoli in una nazionale normodotati. Campione paralimpico dello sci di fondo, ha dovuto accettare la decisione del ct della squadra canadese che lo ha relegato in panchina. Dal 12 marzo è tornato fra i colleghi di sempre. McKeever sarà guidato dal fratello Robin perché così sciano gli ipo e i non vedenti che ricevono da una ricetrasmittente le informazioni dal compagno che sta davanti. Coloro che sciano seduti, invece, usano il monosci e gareggiano fra loro. Chi scia in piedi, ad esempio gli amputati, usano bastoncini particolari. Nel biathlon i non vedenti oltre a avere di segnali sonori hanno delle apparecchiature che permettono di sparare al bersaglio. Per colmare le differenze di abilità fra i partecipanti nella stessa categoria, ai tempi realizzati da ciascun si applicano dei coefficienti che danno il risultato finale e quindi il piazzamento. Poca tecnologia nel curling dove si usano le carrozzine e anziché la scopa la stone è lanciata a braccio libero o con un bastone. Un piccolo slittino invece è il mezzo con cui gli hockeisti scivolano sul campo gelato. Campo da gioco e regole uguali a quelli delle gare dei normododati.Agonismo puro, si diceva e qualcuno cede al doping. Il discorso è molto delicato perché stiamo parlando di atleti che a causa della disabilità possono dover assumere determinati farmaci. Dunque controlli ad hoc che sfioreranno i 500 come annunciato dalla Wada.
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