giovedì 6 ottobre 2022
«Il virus accomuna isolandoci e la distanza è diventata un fattore che unisce»: è la "libertà aumentata"? Il nuovo libro di Luigi Alici
Confinamento a Finale Ligure nel 2020

Confinamento a Finale Ligure nel 2020 - Marco Bertorello/Afp

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Viviamo una contrapposizione tra nemici e falsi amici della libertà, tra il paradigma biocentrico, che critica ogni antropocentrismo, e il paradigma tecnocentrico, che prospetta una stagione di "libertà aumentata". È il tema del libro di Luigi Alici Liberi tutti (Vita e pensiero, pagine 250, euro 20,00) di cui anticipiamo stralci dell’introduzione.

«Libertà va cercando, ch’è sì cara…». Questo verso immortale di Dante, pronunciato da Virgilio all’indirizzo di Catone l’Uticense, per presentare il poeta e annunciare una straordinaria avventura di libertà, raccoglie anche un anelito che attraversa l’intera storia umana, nonostante conquiste e smarrimenti, ondeggiamenti e regressioni. Qualcosa di enigmatico è al fondo di tale ricerca. Come ci insegna l’Eros platonico, si cerca ciò che ancora non si possiede, si ama ciò che si è già incontrato. Riconoscersi in cammino verso una meta che è già originariamente mia: ecco il paradosso della libertà. Innalzando l’umano oltre sé stesso, la libertà “fa la differenza”. Le forme attraverso le quali, nei secoli, si è cercato di concettualizzare questa differenza possono essere le più svariate, a partire da una domanda originaria. Il libro intende indagare lo snodo, storico e teorico insieme, tra radicalità della domanda e pluralità delle risposte. Questo percorso nasce dentro due emergenze epocali, che in modi differenti hanno capovolto la forma attiva della globalizzazione: patire globale, più che potere globale. La prima emergenza è la pandemia da Covid-19, diagnosticata in Cina nel dicembre 2019; la seconda esplode nel 2022 con una brutale aggressione militare all’Ucraina da parte dell’esercito della Federazione russa, in uno scenario i cui esiti sono imprevedibili. Due tragedie molto diverse: nel primo caso un evento naturale, che condiziona l’agire umano, da cui a sua volta è condizionato; nel secondo un’azione liberamente pianificata, che impatta duramente sulla vita, sulla natura e sulla storia. In entrambi i casi, il tema della libertà continua a occupare la scena, riproponendo dilemmi irrisolti che vengono da lontano. In particolare, un conflitto tra uguaglianza e libertà ha attraversato l’epoca moderna, fino a radicalizzarsi in due opposti estremismi, per i quali si sono versati fiumi di sangue. Da un lato, il valore dell’uguaglianza, rivendicato come l’unico in grado di conferire un respiro universalista al primato della giustizia, ha favorito derive collettiviste come prezzo da pagare per combattere alla radice le disuguaglianze sociali. L’accento sulla libertà, d’altro canto, intesa per lo più come autonomia da condizionamenti esterni, ha ispirato la grande tradizione del liberalismo, che ha inteso proteggere la sovranità intangibile dell’individuo, elaborando il tema della dignità e dei diritti civili, ma ha anche incoraggiato una competizione strisciante tra Stato e mercato, che ha lasciato l’individuo solo dinanzi alla crescita incontrollata di poteri invisibili. Oggi, in un tempo di fragilità globale, lo scontro riemerge in forme apparentemente più sfumate ma non meno insidiose. Un fronte vede in prima linea i difensori della responsabilità, che intendono allargare il paniere del bene comune, includendovi anche la salute – soprattutto la salute globale – affidandone la salvaguardia a istituzioni pubbliche. Dinanzi al rifiuto di rimettere in discussione l’autonomia del privato, si determina una convergenza di fatto con lo storico partito degli alfieri dell’uguaglianza, in assenza della quale la libertà diventerebbe un inaccettabile privilegio dei garantiti. Il lessico della responsabilità e dell’uguaglianza tende quindi ad accreditare il primato della vita comune, contro ogni pretesa di blindare il perimetro del “mio” e del “tuo” sostanzialmente indifferente, se non ostile, alla dimensione del “noi”. Quando stavamo sperimentando che la massima solitudine può convivere con la massima vicinanza, il virus ha attraversato le nostre vite, estremizzando il paradosso contrario: accomunarci isolando. La distanza, non solo voluta ma anche subita, è diventata l’unico fattore che accomuna. Forse eravamo già diversamente malati. Sull’altro fronte, i fautori di una libertà intesa prevalentemente come esercizio di diritti inalienabili hanno visto nella pandemia un pretesto inaccettabile per alterare la topografia del privato e del pubblico, riducendo gli spazi sacrosanti del primo ambito a favore del secondo. Non è mai accettabile un’interferenza esterna, in quanto la radice della libertà è, per definizione, sempre interna: non il frutto di una concessione paternalistica e revocabile, bensì un diritto connaturato alla propria autonomia soggettiva, che si manifesta nel possesso di un’autorità totale sul proprio corpo, e quindi sulla propria salute. Su questa strada è stato piuttosto facile cavalcare la protesta contro tutte le limitazioni imposte alle libertà individuali, fino al punto di arruolare nelle proprie file i sostenitori del negazionismo più impresentabile. La contrapposizione si ripropone nel dibattito intorno al diritto di resistenza del popolo ucraino dinanzi all’aggressore. Il dilemma qui riguarda il rapporto tra pace e libertà: fino a che punto il diritto di autodeterminazione dei popoli può essere legittimamente esercitato, anche quando mette in pericolo la vita delle persone e dei popoli, e persino la pace in Europa e nel mondo? Vale la pena morire per la democrazia e la libertà? Anche in questo caso la polarizzazione è una semplificazione: leggerla dal lato di una società occidentale impaurita e gelosa del proprio benessere non è come leggerla dal lato di un popolo che si sente vittima di una ingiustizia intollerabile, e che non vede alcuna differenza fra difesa della libertà e difesa della giustizia. Queste (e altre) contrapposizioni di per sé non sono una novità nella storia umana. È nuovo, tuttavia, il contesto in cui oggi si manifestano: non soltanto perché si tratta di un contesto di globalizzazione ferita, ma anche perché esse sono trascritte in una koiné iperindividualista, che riporta le differenze dentro una divaricazione tra pubblico e privato, privatizzando a oltranza ogni domanda di libertà. Un individualismo possessivo, però, impietosamente smascherato dalle due emergenze della pandemia e della guerra, che almeno su un punto convergono totalmente: siamo tutti legati. Legati insieme, in un modo così originario e radicale che precede e condiziona le nostre scelte.

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