lunedì 10 febbraio 2014
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​«Dalla Grande Guerra al secondo dopoguerra»: abbraccia più di quarant’anni il terzo tomo del Carteggio tra Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini (che fa seguito ai due precedenti «Dagli "Uomini Liberi" alla fine del "Leonardo"» e «Dalla nascita della "Voce" alla fine di "Lacerba"»), ora in libreria a cura di Sandro Gentili e Gloria Manghetti (Edizioni di Storia e letteratura, pp. 772, euro 88). Quasi seicento lettere che completano la pubblicazione integrale di una vasta corrispondenza, largamente conosciuta attraverso Storia di un’amicizia, ora però storicizzata e arricchita da inediti. Una storia attraverso le lettere lunga più di mezzo secolo: 1900-1956 («e quello che mi scrisse alla fine, è veramente importante», ammetterà Prezzolini alias Giuliano negli ultimi anni). Missive che, grazie a note preziose, ci restituiscono lo specchio più nitido sia di una particolare amicizia - iniziata a Firenze, verso la fine del 1899 e durata fino alla morte di Papini nel 1956 - sia di tante vicende e relazioni che hanno al centro valori e riflessioni, idee e libri, sbalzi di pensiero e di sentimento, convergenze e  divergenze. «Caro Papini, stamani ho sentito e veduto sulla mia testa le prime granate austriache e il 4 scenderemo in trincea. [...]. Credi che la guerra veduta da vicino è molto interessante e perciò appunto non te ne posso dire nulla. Stamani il telegramma della nascita di Giuliano mi è arrivato salutato da 4 cannonate contro un aeroplano, buon augurio», così Prezzolini da Nekovo Basso (oggi in Slovenia) il 2 settembre 1915, annunciando all’amico notizie di guerra insieme all’arrivo del suo secondogenito. È il primo messaggio - una cartolina - di questo scambio epistolare che si avvia nel segno del conflitto bellico, presto registrando una mancanza di sintonia fra i due circa il significato da attribuire alla partecipazione italiana al conflitto. Per Prezzolini, l’esame «che avrebbe introdotto l’Italia alla vita adulta di nazione europea», e per Papini «un’indispensabile esperienza eversiva del sistema vigente (giolittiano), ma tutt’altro che risolutiva», scrivono a ragione i due curatori introducendo il carteggio. «Ormai ti sei imbarcato e voga cogli altri - ma non fare più del necessario [...]. Non è un consiglio di vigliaccheria. Ma il richiamo a un dovere preciso. Tu sei troppo ottimista sul poi. Non abbiamo ancor finito il nostro lavoro. Gli altri non sono ancora pronti. Abbiamo appena cominciato a farli. E l’Italia senza noi altri non sarebbe più quel che potrà essere se restiamo e resistiamo», così poco dopo Papini, all’amico, con parole che dicono tutta la persistente fiducia nella pedagogia culturale e politica, nella declinazione artistico-letteraria della post-avanguardia della "Voce". Com’è noto la celebre rivista fiorentina cessò nel dicembre 1916 per un deficit economico insostenibile: Prezzolini giudicò questo «il momento più basso della amicizia con Papini» e da questa tappa di incomprensione in poi le "carriere professionali"" si separarono. Papini  avviò il superamento delle sue "preoccupazioni materiali" legando la sua produzione a Vallecchi, Prezzolini tentò vanamente di rinnovare l’esperienza fiorentina a Roma. La distanza fra i due si acuì poi con la  conversione di Papini dallo scetticismo pragmatistico alla fede cattolica . Un fatto accolto con ostilità da Prezzolini, che, nel giugno ’22, confessa all’autore della Storia di Cristo: «Noi ci troviamo ora molto molto distanti, quanto non lo siamo mai stati e irrimediabilmente». E Papini nel 1923 in un’altra lettera conferma: «[…] Ma ci ha diviso prima la filosofia, poi la vita - forse anche amici comuni o altre persone care - e ora […] siamo sulle due rive opposte d’un gran fiume». Non solo. Il dissenso viene rimarcato nel ’23 da Prezzolini dopo la lettura del Dizionario dell’Omo Salvatico, redatto da Papini con Domenico Giuliotti. Ai suoi occhi il libro (una protesta contro il mondo moderno in ordine alfabetico) era la continuità del peggior Papini leonardiano-lacerbiano sul dato del ribaltamento attribuitosi dal Papini neocristiano (questo registrano Gentili e Manghetti commentando la reazione prezzoliniana palesata nella lettera inedita riportata in questa pagina). Nonostante tutto la relazione tiene. «Siamo, è vero, tanto separati di idee da non capirci, quasi; ma ho sempre per te personalmente l’amicizia e l’affetto che avrei voluto dimostrarti di più tante volte, se purtroppo non ci fosse stata di mezzo sempre questa benedetta "intelligenza"...», scrive Prezzolini all’amico il 25 maggio ’23. Insomma graffi e carezze dentro lucide analisi, mentre arrivano gli anni del fascismo e Prezzolini se va: prima per Parigi a poi in America: e alle lettere tocca fare il ponte sull’oceano.
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